Capitolo 5

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"Life is about getting knocked down over and over, but still getting up each time.If you keep getting up, you win."

-Ai Yazawa

Inizialmente, la prima cosa che mi venne da pensare mentre osservavo il paesaggio del parco, fu che forse ero stato troppo scorbutico e avevo utilizzato un tono di voce estremamente più alto del mio standard.

Ma ammetto che, certe volte, quando sentivo le stronzate che uscivano dalla bocca di quel ragazzo, mi veniva voglia di tagliarmi un orecchio, molto stile Van Gogh con il suo orecchio sinistro.

Ma non potei dargli troppa colpa, del resto, lui non ne sapeva nulla. Anzi, a volte mi sorse il dubbio di essere anch'io allo scuro di qualcosa... qualcosa di molto importante, come ad esempio la stanza di mio padre, che per assurdo non ci avevo ancora messo piede, dopo tanto tempo dall'accaduto.

«Emh, Sakura comunque mi dispiace di averti spinta e di averti sporcato, non era mia intenzione.» Affermai, attendendo una sua risposta.

«Sporcato? Di cosa stai parlando?» Mi chiese, come se non sapesse nulla dell'accaduto, o semplicemente non volesse ricordarlo.

«Si... Insomma hai capito, per il fango sul vestito.» Cercai di ricordarle, ma non appena mi accorsi di aver fatto una rima, iniziai a pensare se non fossi veramente un idiota.

«Ahahah, non so a che gioco tu stia giocando, ma mi stai molto simpatico Satoru.» Mi disse, per poi darmi un bacio sulla guancia e salutarmi.

...

Passata la giornata, ancora non capii se quella ragazza mi stava semplicemente predendo in giro, oppure era malata di Alzheimer. Fatto sta che, devo ammetterlo, quel gesto mi aveva calmato non poco, ma allo stesso tempo messo ancora più dubbi nella mia testa, come se non ne avessi già abbastanza.

Tornato a casa, notai che mia madre era ancora a lavoro, e ciò significava che sarebbe tornata tardi. Questo per me poteva significare solo una cosa, ovvero un'opportunità per poter visitare la vecchia stanza di mio padre.

SATORU'S FATHER FLASHBACK

«Cercai in tutti i modi di fermarla, ma c'era davvero poco da fare, quel camion era già davanti a noi, e quella macchina sembrava che stesse arrivando a dei km/h quasi il doppio della mia auto.» Affermai, cercando di usare quel poco d'aria che mi rimaneva per parlare.

«Urlai a mio figlio, Satoru, di prendere sua sorella e lanciarsi dall'auto, purtroppo l'unica idea, purchè folle che mi venne in mente.» Continuai.

«Capii velocemente che Satoru stava tremando, e non sarebbe mai riuscito, in quelle condizioni, a fare una pazzia del genere...anzi, forse non mi stava nemmeno ascoltando, dalla paura. Così presi forzatamente lo sterzo tra le mani, strinsi i denti, e usando anche i freni riuscii a far girare l'auto, in modo che il colpo maggiore venisse accudito, anche un minimo, sul mio lato.» Conclusi, mentre il dottore continuava in silenzio ad ascoltarmi, dopo avermi chiesto dell'accaduto.

«E mi dica, l'auto non era provvista di Airbag?» Mi chiese, con il solito tono in cui un dottore poteva fare domande ad un suo paziente.

«Oh, certamente.» Affermai. «Ma essendo che l'auto arrivava dal lato, fece davvero poco, se non evitarmi qualche scheggia di vetro nel corpo.»

Improvvisamente tossii... fu una tosse così forte che sentii i polmoni quasi esplodere. Ma non provavo nulla. Anche perché...

Io ero l'unico a sapere.

Il dottore cercava di dirmi qualcosa, ma ormai l'unica persona che riuscivo a sentire era mia madre fuori dalla porta, che continuava a piangere come una bambina. Notai una lacrima scendere lentamente dal mio viso, ma non provavo ancora nulla... se non speranza... la speranza che conferii a lui, quello stupido che voleva diventare come me, e voleva superarmi.

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