Capitolo 24

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Tante piccole anime apparvero. Piccole anime come quelle che si vedono nei film che adoravo da bambino.

«Nessuno mi aveva mai spiegato nulla di tutto ciò.»

...

«Sono sempre rimasto allo scuro di tutto.»

Pian piano, le voci che si udirono fuori dal tempio, sparendo pian piano. Sparivano lasciando solo un piccolo eco, che si dileguò nell'aria.

Anche la pioggia incessante sparì. Sparì senza mai spiegarmi nulla. Sparì senza darmi dei segnali comprensibili, senza dirmi cosa stava realmente per accadere.

«Eppure, pensavo che...» Dissi a me stesso con un tono di voce basso, toccandomi il petto.

Alzai lo sguardo. Quello che mi ritrovai davanti fu Amod che fissava il mio viso senza espressione, ma in realtà disperato. Lui aveva uno sguardo serio, lo sguardo più serio che io abbia mai visto.

«Il tuo viaggio finisce qui, Satoru. Spero che tu ti sia divertito» Insinuò, con le braccia dietro la schiena.

«Sei davvero simpatico, Amod. Davvero credi che sia solo il MIO viaggio?»

Facendomi forza, mi aggrappai ad un pilastro e riuscii a rialzarmi. Avevo i vestiti bagnati dalla testa ai piedi. Fortunatamente, gli occhiali non lo erano abbastanza da evitarmi di vedere.

«QUESTO NON È IL MIO VIAGGIO, MA IL NOSTRO.» Con una grande voce, grande da arrivare fino in capo al mondo, indicai con le mani spalancate i miei compagni fuori al tempio, di cui ormai le voci erano inudibili.

Vidi Amod alzarsi velocemente dalla sedia.

«Non credo ci sia altro da dire, quindi.»

Come una saetta, le sue scarpe si illuminarono e mi si avvicinò di scatto.

«C-che razza di mostro sei?» Gli chiesi sorpreso. Guardandolo negli occhi attentamente, con le ginocchia piegate, pensai...

...

...

«Il diavolo dell'arte»

Così lo rinominai.

«Mi piace, sai? Molto innovativo. Mi ricorda mio padre.» Mi rispose, per poi stringere entrambe le mani in due pugni, fino a rendere visibili i nervi.

«Tuo padre? Un mostro come te riesce a ricordare di suo padre?» Gli dissi, senza mostrare pietà nelle mie parole, ma solo disprezzo.

«Guarda e ammira»

Riaprì il tempio, liberandolo da quella oscura nebbia verdastra.

La folla si accorse del cambiamento; notai le due ragazze parlarsi, finché una di loro non si fece notare improvvisamente.

«SATORU, SATORU! CI SENTI?!» Urlarono due voci femminili.

Mi voltai verso di loro, sorridendo. «Certo che vi sento»

Come se fosse stato un attimo, una mano mi afferrò la testa, spingendomi con tutto il corpo verso il pilastro.

«GAAAAAH!» Urlai dal dolore. Non ebbi neanche il tempo di reagire. Erano velocità e forza sovrumane.

Le sue capacità fisiche erano totalmente... non comuni. Probabilmente, era per quelle scarpe o per altro, ma era davvero "fuori dal comune".

Lo si notava solo guardandolo.

«Questa è la fine che devono fare tutti i finti artisti.»

...

«PUBBLICO, AMMIRA. È QUESTO CIO' CHE I FINTI ARTISTI MERITANO, OPPURE SBAGLIO?»

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