Capitolo 6

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"Tutti gli scandali aiutano la pubblicità, perché non c'è migliore pubblicità della cattiva pubblicità."

-Andy Warhol

«C-cosa?! Al fiume?! A quest'ora?» Iniziai a domandarmi fra me e me, mentre velocemente mi dirigevo all'uscita.

«Oh ecco dov'eri.» Disse mia madre, ma interruppi qualsiasi cosa lei volesse dire, con un «ci sentiamo dopo, mamma.».

In tutta fretta, presi il mio cappotto e aprii velocemente la porta e mi avviai verso il fiume. Le mie emozioni erano ancora confuse, non capivo ancora come fosse possibile che mia sorella si trovasse al fiume, di sera, con un tale freddo e il vento forte che non accennava a smettere.

Arrivato al ponte, mi avvicinai alle scale per avviarmi al fiume, ma non c'era nessuno.

Continuai a voltarmi a destra e sinistra, ma nulla, non c'era davvero nessuno. Iniziai a dubitare fortemente che ciò fosse reale, magari stavo solo sognando... cioè come potrebbe mia sorella trovarsi qui?

«SUMIREKOOOOOO» urlai, ma in realtà fu il mio cuore a dirmi di farlo.

Nulla, non ebbi risposta.

«Come pensavo, è stato solo un brutto scherzo.» Così decisi di tornare indietro, ma continuavo a chiedermi come questo messaggio fosse arrivato proprio dal numero di mia sorella.

Ma improvvisamente sentii uno strano... non saprei come definirlo... ma sentivo che dietro di me c'era qualcuno.

Voltai lentamente il mio capo a 45° e vidi una pistola che mi puntava dritto alla tempia.

«C-chi sei?» Dissi, mentre le mie mani continuavano a tremare dalla paura, per poi arrivare a tutto il corpo.

«Non penso t'interessi» Mi disse freddamente.

All'apparenza mi sembrava un uomo di mezza età, ma il suo volto era coperto da una benda, e ciò non mi permetteva di provare ad indentificarlo.

Accadde in pochi secondi, l'uomo sparò, senza limitazioni o dubbi. La mia vita dunque doveva finire qui. Per uno stupido scherzo telefonico in chat a cui non avrei dovuto rispondere?

Ma qualcosa stava succedendo. La pistola era a terra, senza che io me ne accorgessi, con un forte rumore che proveniva da dietro di me.

«SCAPPA RAGAZZO, SCAPPA.» Urlò qualcuno alle mie spalle. Velocemente, senza farmelo ripetere due volte, scattai verso le scale per lasciare il posto, mentre i brividi percorrevano tutto il mio corpo, ed un fortissimo mal di testa mi colpì istantaneamente.

Ormai non ne potevo più di sentire urlare. Mi voltai, e vidi il ragazzo che mi aveva salvato cadere a terra, ma non ebbi il coraggio di continuare a guardare. 

Scappai per tornare a casa...

Mi sentivo davvero un codardo.

Tornai a casa, con un rimorso dentro. Forse io potevo salvare quel ragazzo. Forse dovevo raccogliere la pistola e sparargli. Ma... io non ero pronto, come avrei potuto togliere la vita di una persona? Che diritto ne avrei io, un inutile persona che aveva dimenticato anche di visitare sua sorella in ospedale?

Ma soprattutto, perché quel ragazzo aveva deciso di rischiare la sua vita per me?

Troppe domande mi rimurginavano per la mente, che per poco non rischiò di andare in pezzi. Così andai velocemente a letto, sperando di addormentarmi prima che qualche brutto pensiero mi entrasse nella testa.

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