CAPITOLO UNO/PROLOGO: "Da quel giorno sarebbe cambiato tutto."

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Emanuela pov

Mi guardai allo specchio, sistemandomi i capelli.

Non era facile convivere con quel mostro di mio fratello. Ogni mattina mi faceva dannare, ed il mio papà lo difendeva costantemente. Quando non era a lavoro, certo.

La vita mi aveva condannata in una casa che equivaleva alla Casa Bianca, con un padre chirurgo di fama internazionale, una madre in giro per il mondo a fare la manager per chi sa quale persona famosa, un fratello più piccolo e una sorella più grande, entrambi odiosi.

La mia vita era odiosa. Tutto era odioso. Con soli diciannove anni sulle spalle ero decisa a voler abbandonare Londra, diretta verso Los Angeles dato che l'avevo sempre amata, fin da piccola che quando ci andai in vacanza. Ero stanca. Ero stanca di tutta quella merda costosa che mi circondava. Ero stanca delle camicette firmate sempre ben stirate, ero stanca dei capelli sempre raccolti un uno stupido chignon, ero stanca delle belle parole, ero stanca dei voti sempre alti a scuola, ero stanca delle persone che mi guardavano dall'alto al basso.

Mi guardai di nuovo, facevo pena.

Mi schiarii la voce, sempre decisa. Diedi un'occhiata alle cicatrici sui polsi, dato che in passato quando ero più piccola mi tagliavo ma non volevano andarsene. Sarebbe stata una delle tante giornate passate a far nulla. Scuola, casa e basta, la mia vita era finita lì.

Mio fratello Ronnie andava a scuola con l'accompagnatore di famiglia, il signor Robin.

Mia sorella Stella veniva accompagnata da quel rompicoglioni del suo ragazzo, Ryan.

Quando potevo io prendevo l'autobus oppure ero costretta a salire in macchina del signor Robin.

Quella mattina potevo prendere l'autobus, e dimenticarmi per un po' della vita fatta di finti amici che vivevo. Io, Emanuela Volpicella, non avevo aspettative dalla vita. Sapevo che sarebbe stata sempre lineare, monotona. E nessuno avrebbe potuto cambiarla.

 E nessuno avrebbe potuto cambiarla

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Ondreaz pov

Parcheggiai davanti ad una casa enorme. Non avevo mai visto una casa del genere.

Io e Tony ci guardammo intorno, levando le chiavi dal quadro della macchina, assicurandoci che non ci fosse nessuno. Nessuno, tranne lei.

Stando ai nostri calcoli, il maggiordomo era partito dieci minuti prima e la ragazza che avrebbe dovuto essere la sorella della nostra vittima non era tornata a casa quella notte, quindi aveva presumibilmente dormito da qualcuno. Ma poco importava, non eravamo lì per lei. Sbuffai, era un colpo grosso quella ragazza. Ogni schifoso giorno mi ripetevo cosa ci facevo in mezzo a quella situazione. I miei genitori mi avevano abbandonato quando ero bambino e un uomo di nome Igor mi aveva portato via dalla strada, aprendomi la porta nella sua famiglia. Famiglia, se così si può chiamare. Non aveva figli, solo altri tre bambini che come me non avevano un posto dove stare. Io avevo ventidue anni. Nel giro di pochi giorni strinsi amicizia con Tony di un anno in meno di me. Successivamente con Michael anche lui più picclo di me di due anni. Tayler invece era un'anno più piccolo di me. Avevamo passato tanti giorni insieme, crescendo come una famiglia. Dopo un anno di noi quattro arrivò l'ultimo "fratello": Lil. E così si chiuse il nostro gruppo. Eravamo cinque ragazzi che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Eravamo una famiglia, e Igor per anni era stato un buon padre, ma all'alba dei nostri diciasette anni ci aveva indirizzati sulla cattiva strada: alcool, risse, droga, furti, rapimenti. E quella mattina di dicembre mi trovavo davanti a quell'enorme casa, con un fazzoletto imbevuto di cloroformio tra le mani, pronto ad aggredire la ragazza che da lì a poco sarebbe uscita dalla porta della villa. Da quel giorno sarebbe cambiato tutto. Mettendo piede fuori da quella macchina avrei già commesso uno sbaglio, proseguendo poi con l'addormentare quella ragazza, arrivando poi a sequestrarla. Forse era una delle poche volte, ma avevo paura.  

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