CAPITOLO QUATTORDICI "E se il destino non ci vuole insieme?

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Ondreaz pov

Fissavo inerme il paesaggio scorrere dal finestrino oscurato della macchina. Mi ero ripromesso di non lasciar trasparire nessuna emozione per non mettere in pericolo Emanuela, perché nel caso di una sola lacrima, Igor non ci avrebbe messo molto per capire cosa stava in realtà succedendo.

Ogni tanto mi sentivo lo sguardo di Tony puntato addosso, ma non ero capace di sostenerlo. In quel momento mi sentivo incapace di fare qualsiasi cosa. Non l'avrei più rivista, e non ero nemmeno riuscito a dirle "ti amo". Non che mi sembrasse una parola troppo grossa, ma non avevo trovato il coraggio per dirglielo. A lei invece era venuto spontaneo nella sfuriata, ma non dissi nulla per non metterla in imbarazzo. Mi sentivo un emerito stupido, perché avevo lasciato andare l'ultima occasione per dirle ciò che realmente provavo. Avevo bisogno solo di lei in quel momento. Di lei e di nessun altro.

-Ondreaz?-

La voce di Igor mi risvegliò dal coma.

-Sì?-

-Ho chiamato già sette volte il padre e la madre di Emanuela, e non ho ricevuto risposte.-

-E allora?-

-Riproverò tra un paio di giorni. Ma se non daranno segni di vita, non ci sarà un lieto fine per quella ragazza.-

-Aspetta, cosa vuoi dire?-

Allentai la cintura per girarmi e poter guardare quel figlio di puttana negli occhi.

-Vuol dire che noi non ce ne facciamo niente. La uccidiamo e chiudiamo qui la questione.-

Stavo per dare di matto. Sapevo che i suoi genitori non erano mai reperibili, Emanuela era già morta. Ma avrei fatto di tutto per proteggerla, avrei dato la mia vita per salvare la sua. Non potevo permettere che le succedesse qualcosa, lei era tutto ciò di cui avevo bisogno per sopravvivere.

Non risposi ad Igor, perché avrebbe sicuramente notato la mia voce cambiare tono. Semplicemente ritornai alla posizione di prima, serrando i pugni stretti alla mia maglietta. Tony mi lanciò uno sguardo d'intesa, lasciandomi capire che non dovevo agitarmi troppo.

Arrivammo a Sacramento verso le tre di notte e durante le ore di viaggio scrissi un solo messaggio ad Manu, dicendole di non mandarmi messaggi rischiando di venir scoperta. Appena arrivammo a casa Igor ripartì subito, avendo dormito tutto il pomeriggio, verso un suo vecchio amico d'affari.

Quando si chiuse la porta, mi venne istintivo fare una cosa sola: piangere.

Picchiai diversi pugni contro il muro, mentre la mia lucidità andava a farsi fottere. Piangevo per lei, perché non avrei potuto più rivederla. Non l'avrei più abbracciata, non l'avrei più baciata.

-Ondreaz?!-

Alzai lo sguardo verso Tony.

-Che vuoi?-

-Che cazzo ti prende?...guarda che mano che hai!-

Osservai i tagli sulle nocche della mia mano.

-Non me ne frega, Tony.-

-Dre, mi dici che hai?-

S'inginocchiò davanti a me, appoggiando una mano sulla mia spalla.

-Tony...i suoi non risponderanno. I suoi genitori non sono mai reperibili, cazzo! E io non l'ho detto che la amo, invece glielo dovevo dire!-

-Ondreaz, stai calmo. Vedrai che vi vedrete ancora. Se è destino vi ritroverete. Lascia che il tempo faccia il suo corso.-

-E se il tempo è un bastardo? Se i genitori di Emanuela non risponderanno? Tony, Manu...non può essere uccisa. Io dovevo rifiutarmi di rapirla, piuttosto era meglio essere ucciso che trovarmi in questa situazione!- picchiai un altro pugno contro la parete.

Rapitore o Sindrome Di Stoccolma?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora