CAPITOLO DODICI "Mia cugina."

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Lil pov

Ventitré dicembre.

Nel pomeriggio avrebbero dovuto dimettermi, così la mattina la stavo passando con Hazel.

Quella ragazza mi piaceva. E speravo anch'io di piacere a lei. Forse ci avevo messo troppo poco per prendermi una cotta per lei, ma d'altronde non avevo più di settantadue ore. Così il sentimento era stato costretto a crescere in pochissimo tempo. Non che me ne fossi pentito, perché in Hazel vedevo tutto ciò che potevo chiedere. Lei era fantastica, era molto allegra. Rideva spesso, e quando si trovava in imbarazzo iniziava a borbottare qualcosa di incomprensibile e diventava tutta rossa. Grazie a lei avevo potuto respirare anche un po' d'aria, in quanto in quel momento ci trovavamo sulla terrazza dell'ospedale. C'erano altre due o tre persone, ma Haze aveva scelto un posto leggermente nascosto, così potevamo parlare in pace. Era la prima vota che non era vestita in divisa, perché essendo sabato non aveva scuola di mattina. E devo ammettere che era...beh, perfetta. A differenza del giorno prima era leggermente truccata, e sulle sue palpebre luccicava un'ombretto verde, esattamente come la maglietta che aveva, che le ricadeva elegantemente sulle gambe fasciate da dei semplici legghins. Il cuore mi batteva forte solo a guardarla, e quando incatenava i suoi occhi nei miei quasi dovevo deglutire dall'agitazione.

-Quando ti dimettono, Lil?-

-Stasera. Vengono Michael e Tony a prendermi, così recuperano anche Emanuela e Tayler, Ondreaz è a casa.-

-Si vede distante chilometri che quei due stanno insieme...come si sono conosciuti?-

-Beh, loro...sì, ecco...a scuola.-

-Sicuro?- alzò un sopracciglio, accennando ad un sorriso.

-Certo.-

-D'accordo...e in famiglia? Tutto bene?-

Famiglia. Non andava bene che continuassi a riempirla di bugie, questo era sicuro.

-Beh...no. Non va tutto bene.-

-Con i tuoi fratelli però mi sembra che andiate d'accordo.-

-Sì. Beh, a dirla tutta non sono miei fratelli di sangue. Siamo tutti quanti fratellastri.-

Vidi i suoi occhioni sgranarsi per la sorpresa.

-Com'è possibile?-

-Storia lunga...lascia stare, Haze.-

-Se ne vuoi parlare comunque, io ci sono.-

-Grazie...-

Sorrise dolcemente. Guardai l'orologio, mi restavano solo pochi minuti di libertà, poi avrei avuto un'ultima visita prima di iniziare a sistemare i vestiti per il ritorno. Così non esitai più, e mi avvicinai a lei. Al contrario di quello che mi aspettavo però, fu lei a fare il primo passo, e dopo aver intrecciato la sua mano fredda alla mia, mi baciò.

Appoggiò lievemente le sue labbra sulle mie, mentre si alzò con le punte dei piedi. Avrei voluto sostenerla con la mano, ma essendo ingessata non sapevo come fare, avendo la destra già intrecciata alla sua. E quando la ragazza si staccò, mi guardò quasi confusa, sorridendo appena.

-Quindi?- chiesi, ridendo appena.

-Quindi mi piaci.- ammise lei, fissando il suolo come se le sue scarpe fossero diventate la cosa più interessante così di punto in bianco.

-Quindi anche tu mi piaci.- sorrisi io, dandole un buffetto sulla guancia.

-Davvero?-

Annuii in silenzio.

Rapitore o Sindrome Di Stoccolma?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora