7. Cerchio cinque: le terme di melma

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Il risveglio fu poco piacevole, avevo un gran mal di testa; perciò mi sforzai di guardarmi intorno. Figure sfocate mi fissavano. Spalancai gli occhi e mi rizzai con la schiena. C'erano dei dannati intorno a me che mi osservavano incuriositi.
"Perché ha un colorito così strano?"
"Sarà per caso viva?"
Alzai un sopracciglio e balzai in piedi. I dannati fecero un passo indietro terrorizzati, avevano paura di me?
"State indietro!" esclamai, puntando una pietra appuntita verso i di loro.
Quelli mi guardavano indignati, i loro occhi erano iniettati di sangue. La loro faccia, sporca di melma e graffiata dalle unghie luride, lasciava trasparire una collera repressa per secoli. Stavano riversando tutto su di me, la vittima sacrificale era lì in piedi senza muoversi. Mi tremavano le gambe, avevo bisogno di coraggio. Chiusi gli occhi...Dio ti prego aiutami. I dannati cominciarono a mormorare, uno di loro si avvicinò a me, non disse una parola. Mi prese il polso e lo strattonò; la pietra che avevo in mano cadde a terra, a pochi centimetri dall'anima.
"Perché sei qui mortale?"
Deglutii, e cominciai a parlare: "Sono una persona come tutte le altre, l'unica differenza è che sono qui per salvarvi, Dio mi ha mandata qui..."
"Dio?" sbraitò un dannato, sputando per terra. Lo guardai terrorizzata.
"Da quando Dio si preoccupa per noi? Sentiamo!" cominciò un iracondo "Ah no aspetta, non lo ha mai fatto. Ci ha spedito qui a soffrire in eterno! Saremmo pure peccatori, ma il peccato era l'unica via percorribile per noi! Forse avremo anche sbagliato...ma chi ci ha aiutato a capire il nostro errore?! Nessuno!"
Guardai l'iracondo come si guarda un cane ferito, provavo pietà per lui. È vero era un peccatore, ma stava ammettendo il suo errore. Se fosse veramente pentito, non ne avevo idea, ma volevo dargli una spiegazione valida.
"Ascoltami, so che stai soffrendo e hai ragione ad essere arrabbiato...ma non devi prendertela con Dio...lui non c'entra in questa storia."
"Come fai ad esserne sicura?"
"Non sarei qui altrimenti"
Il dannato serrò la mascella, mi guardava scettico, si avvicinò a me.
"Sono Filippo Argenti e nella mia vita ho fatto molte cose sciocche. Ma ora voglio capire come rimediare"
Annuii convinta. Filippo si girò verso gli altri e fece un cenno con la testa. Un gruppetto di dannati buttò per terra un corpo, che cadde in ginocchio. Era tumefatto, dovevano averlo pestato di botte. Mi ci volle un po' per capire chi avessi davanti. Virgilio! Cosa gli avevano fatto?! Mi precipitai verso di lui. Era tutto malconcio e non sembrava essere molto cosciente.
"Cosa gli avete fatto?"
Filippo Argenti mi guardò sconcertato, forse era anche mortificato per aver picchiato un grande poeta.
"Credo che dobbiate iniziare a cambiare sin da adesso..."
I dannati si guardarono e indietreggiarono, tutti meno che Argenti. Si inginocchiò vicino a me e mi mise una mano sulla spalla. Me la scrollai di dosso e lo guardai in cagnesco.
"Capisco che l'Inferno ti abbia messo tanta ansia..."
"Ansia?! Sono quasi stata mangiata da Cerbero!" dissi indignata "Come avete fatto a ridurlo così?"
"Le anime possono comunque provare dolore"
Mi rivolsi al poeta dolorante: "Come ti senti?"
"Sono stato meglio" rispose il vate.
Filippo se ne stava andando, quando lo fermai. Lo presi per una spalla.
"Ce ne dobbiamo andare da qui Argenti..."
"Troppo tardi ragazzina, il tuo poeta è stanco"
"Non lo sarebbe, se non fosse stato per voi"
"È quello che si meritava"
"Ma perché ce l'hai con lui? Cosa ti ha fatto? Perché sei così arrabbiato?"
"PERCHÉ È PER QUESTO CHE SONO FINITO QUA."
Fece un scatto brusco, tanto che caddi indietro spaventata. I dannati si voltarono dall'altra parte...non osavano contraddirlo. Io abbassai gli occhi, la cosa era pericolosa. Era meglio non appiccare il fuoco.
"Tutto è finito" disse Argenti "Quando tutto è iniziato"
Detto questo si diresse verso i suoi compagni. Virgilio mi rivolse uno sguardo rassegnato, abbassò il capo. "È finita" disse.
"E quando...tutto è finito?" dissi ancora seduta per terra. Argenti si bloccò, i suoi muscoli si irrigidirono, ma non percepivo la sua rabbia.
"Quando Filippo? Quando non potesti più scalciare i passanti a cavallo? Quando il signor Alighieri non ti difese da buon vicino? Oppure quando la tua rabbia ti ha portato via tutto ciò che avevi?"
Argenti si voltò lentamente, ora guardava nella mia direzione, gli occhi lucidi.
"Alighieri...mi ha tradito. Mi ha fatto un torto. E...io ho pagato per il suo errore"
"Ma tu non cambiasti, non ti rendesti conto che la tua collera ti stava consumando come la ruggine consuma il ferro."
"Non capisci? Io ho cercato di essere gentile con lui, mi sono fidato. Da buon vicino, davvero! Ma lui...mi ha respinto come se fossi un estraneo"
"Forse anche lui era arrabbiato"
Filippo corrugò la fronte e abbassò lo sguardo poi disse: "Tutto quello che volevo, era la mia felicità"
"E questo Dio lo sa, è per questo che ti sta dando la possibilità di cambiare! Ma se adesso riconosci il tuo errore Argenti, potrai avere quello che ti è stato negato..."
Argenti alzò un sopracciglio: "Sarebbe?"
"La serenità" dissi con voce rotta "Ma ti prego, non lasciare che la tua rabbia uccida tutti i tuoi compagni."
Argenti si girò verso i dannati. Questi lo guardavano timorosi, forse Filippo si rendeva conto quale effetto facesse la sua rabbia. Si voltò verso di me, i muscoli della sua faccia si rilassarono d'improvviso. La sua corazza si stava sciogliendo.
"Hai già commesso un errore Filippo. Non commetterlo di nuovo..."
Filippo restò a fissarmi per qualche istante, poi si volse verso Virgilio.
Il poeta era ancora lì, in ginocchio senza dire nulla. L'unica cosa che percepivo era il suo respiro pesante. Le lacrime mi riempirono gli occhi, se si trovava in quella condizione era solo colpa mia.
"Venite! Tutti e due... vi porto fuori da qui"
Argenti si incamminò verso la palude, mentre io aiutavo Virgilio a rialzarsi.
"Ce la fai a camminare?" chiesi preoccupata
"Si sto bene" disse, ma poi ricadde subito a terra.
"Ascolta, stavolta tu devi fidarti di me."
Senza guardarmi Virgilio annuì.
Arrivati davanti alla palude, Argenti mi disse di utilizzare una vecchia barca vicino alla riva. Il signor Filippo, sembrava aver smorzato il suo incendio interiore. Potevo vederla dal suo sguardo, la pace.
Una volta sulla barca, mi occupai di Virgilio. Gli fasciai le ferite con una benda, strappata dalla sua veste.
"L'inferno è pieno di sorprese, e pensare che eri morto"
"Dobbiamo proprio parlarne ora?"
"Perché non ti sei difeso?"
"Non è il mio compito rispondere con la violenza..."
"Ah no certo, gli iracondi ti devono uccidere per primi!"
Il poeta si ammutolì. Poi riprese a parlare.
"A volte la conoscenza, non ti aiuta! Poi provare quanto vuoi ad usare la testa. Ma l'ignoranza...è una belva famelica Antonia. Tutto può essere usato contro di lei, meno che la ragione"
"Devo dissentire mio maestro" dissi in tono serio. Virgilio mi guardò perplesso.
"L'ignoranza è tosta non c'è dubbio. Ma la ragione può fare effetto solo con tanta pazienza, speranza e..."
"Con il pugno di ferro?"
"Se parliamo di bambini indisciplinati si"
Ridemmo. Il ribollire dell'acqua faceva traballare la barca. Chissà quanti accidiosi c'erano lì dentro.
"Virgilio? Perché non volevi pubblicare l'Eneide?"
"L'indiscrezione mia cara, non ti fa di certo guadagnare la mia fiducia"
"Giusto, scusami" dissi abbassando lo sguardo. Rimanemmo in silenzio per un po', poi Virgilio cominciò a raccontare: "Sai, quando ero un giovane poeta, la mia più grande aspirazione era quella di scrivere qualcosa che rimanesse nella storia. Qualcosa di degno di un re. Quando Augusto mi diede l'incarico di scrivere un poema sulla sua gens, mi sentii onorato! Ma allo stesso tempo...terrificato. Non mi sentivo affatto degno di un incarico così importante e ogni riga o parola che scrivevo mi sembrava così imperfetta e...insignificante. Non sono mai stato soddisfatto al cento per cento di quello che scrivevo...figuriamoci dell'Eneide!
Quasi alla fine della stesura del poema, la mia insicurezza e insoddisfazione ebbe la meglio. Decisi di buttare via tutto...così chiesi al mio segretario di...ecco...bruciare l'opera."
"Ma non lo fece!"
"No infatti! Ma...ancora adesso so che quel poema, è incompleto. E tutto ciò mi fa sentire ancora più male."
Rivolsi lo sguardo verso la palude, capivo come si sentisse. L'essere così insicuri, vivere nella paura di deludere qualcuno. Quella paura ci accomunava molto.
"Sai Virgilio...l'insicurezza ha la meglio su di noi perché le lasciamo credere che può vincere ogni volta. Ma il tuo poema, ha ispirato milioni e milioni di persone, e se il tuo amico non avesse creduto in te...allora l'insicurezza avrebbe vinto. I tuoi amici credevano in te! Augusto credeva in te! Questo non ti fa pensare che se tutte quelle persone avevano fiducia, forse tu te la meritavi tutta?"
Virgilio alzò lo sguardo: "Forse"
"Io mi fido di te O duca, non dimenticarti mai che tu...sei Virgilio! Il più grande poeta di tutti i tempi!"
"Beh...non mi definirei mai così..."
"E io lo faccio invece!"
La barchetta andò a sbattere contro la sponda opposta. Il duca credeva in me e io in lui...fiducia reciproca. Fiducia che avremmo risolto la situazione.

Questa non è una commedia. "Inferno"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora