12. Cerchio otto: Bolgia uno-La discesa dei diavoli

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Andare o non andare? Ero ferma su un semplice quesito. Virgilio se ne era andato e io non sapevo cosa fare. Vedere come fossi disorientata nonostante la mia sicurezza, mi fece capire quanto fossi incerta.
Cosa mi prendeva? Improvvisamente persi  il coraggio e la voglia di proseguire. Sconsolata, avanzai mestamente tenendo la testa bassa. Pensavo di mollare tutto. Non avevo mai avuto amici, e l'unica persona che aveva fiducia in me, era stata privata del rispetto che meritava. Mi sentivo una delusione totale.
Camminavo da due ore, eppure non avevo intenzione di fermarmi. Avevo perso coscienza di cosa stessi facendo.
Se c'era una cosa di cui ero consapevole, è che non sarei mai riuscita ad arrivare alle Malebolge, questo mi faceva star male. Come ci sarei arrivata? Non lo sapevo, ma non potevo fermarmi...no, non volevo.
Ed eccole davanti a me, le bolgie più terrificanti ed ignobili del mondo. Fossati profondissimi sprigionavano tutta l'immoralità e la perversione umana. A volte mi chiedevo come mio Padre avesse inventato quel posto, di sicuro c'erano lati di lui che non conoscevo.
Chi mi avrebbe condotto lì? Mentre meditavo, vidi una creatura fluttuare nell'aria. Mi sembrava di riconoscerla: era una specie di serpente enorme con la testa da uomo. Come era il nome? Non ci pensai due volte a chiamarlo.
"Perdonatemi...ehm... messere!"
Il serpente gigante si accorse di me, mi si fermò davanti.
"Mi duole disturbarvi, ma mi chiedevo se potevate portarmi fino alle Malebolge."
"Cosa ci fate qui giovane fanciulla?"
"Sono qui per conto di Dio..."
"Dio? Ne siete sicura..."
Non risposi, neanche io ne ero sicura.
"Gerione può di sicuro accompagnarvi, ma vi consiglia di fare attenzione, molta attenzione..."
Gerione! Ecco il suo nome.
"Certo so badare a me stessa"
In fondo, sentivo che sarebbe stato difficile per me non cacciarmi nei guai, ma dovevo pur tentare di fare la cosa giusta.
Il serpente mi fece salire sul suo dorso. Da passeggera straordinaria di un curioso mezzo di trasporto, fui incuriosita dalla strana creatura.
"Chi eravate voi nella vita terrena?"
Sembrava non mi avesse sentito, ma dopo qualche minuto mi rispose:
"Gerione era il re della frode, contro chi si fida e chi non si fida. Gerione sembra essere un simbolo, eppure, ho frodato abbastanza da finire negli inferi"
Non era di sicuro la risposta più esauriente, ma preferii non disturbarlo ulteriormente.
Arrivata davanti alla prima bolgia, scesi con un balzo dalla groppa di Gerione. Un brivido mi percorse la schiena, impallidii.
"State attenta fanciulla..."
Ringraziai e cominciai a camminare. Esattamente come prima, ricaddi nei miei pensieri. Cominciai a riflettere.
La mia stupida superbia, mi impediva di capire i miei limiti. Avevo accusato Virgilio di non sapere nulla, quando io ero la prima a non capire niente.
Abbandonata alla mia solitudine, sentii il terreno tremare leggermente. Mi fermai non alzando lo sguardo.
Ecco che un paio di diavoli armati di forconi mi vennero incontro.
"Cosa ci fai qui ragazzina? Questo non è il posto per te"
Non risposi
"Ti hanno tagliato la lingua per caso? Dove stai andando?"
"..."
"Rispondi se non vuoi che te la tagli io"
Alzai lo sguardo
"Da nessuna parte"
I due diavoli si guardarono confusi. Da nessuna parte?
Inaspettatamente, mi lasciarono passare.
Dannati, non ce n'erano. Ero sola, catapultata nell'oltretomba. Una ragazzina, ecco cosa ero. Pensavo a come mi ero lasciata trasportare dal turbine di emozioni, che in quel momento, sembrava strapparmi tutto il buon senso, il rispetto e la castità.
Io non ne potevo più. Volevo andarmene da lì. Volevo liberarmi dalle mie paure, ma non potevo. Gocce di sudore scendevano costantemente dalla mia fronte. Il mantello rosso, fradicio, emanava un forte tanfo. Gli occhi mi bruciavano, le mie labbra screpolate sfregavano tra di loro nel vano tentativo di bagnarsi un poco.
Ero arida in spirito e in corpo.
Avrei voluto essere meno coraggiosa, meno tosta, meno me stessa in quel momento. Volevo provare gioia, compassione, avere una dignità. Ma tutto ciò che mostravo, era la miseria di una giovane donna abbandonata al suo destino. A passi lenti, avanzavo, trascinando le mie gambe che sembravano essere appesantite da macigni di piombo. Sentivo il peso del cielo cupo, del sistema intero. Mi si scioglieva sulla testa. Per quanto io mi sforzassi, non riuscivo più a vedere l'obiettivo del mio viaggio. Ero lì per Dio, ma io volevo scappare. Ero lì per miliardi di persone, ma volevo seppellirmi.
Il mio carattere, mi aveva impedito un'altra volta di compiere il mio proposito.
Era già successo tempo prima.
Mia madre si stava preparando per il Calendimaggio, si stava acconciando i capelli come al solito. Con il mio senso dell'umorismo tagliente, la provocai:
"Che senso ha farsi belle, quando non hai più uomini a cui piacere?"
Mi ricordo come mia madre mi guardò. Uno sguardo gelido, pieno di rimprovero e di delusione. Non partecipai alla celebrazione. Volevo stare sola con il mio dolore e la mia nostalgia. Ma ogni volta che qualcuno dei miei fratelli provava a consolarmi, rispondevo acida. Con il mio sarcasmo, finivo per offendere tutti. E il disonore che portavo a mia madre, quello era il più grande difetto.
Ero convinta che l'unica persona che meritasse il mio rispetto, fosse mio padre. Ma non mi rendevo conto di quanto la mamma meritasse cento volte tanto.
Ero sempre stata ferma su una cosa, la parità dei sessi. Eppure, in quel momento mi rendevo conto di come fossi maschilista e parziale nei confronti dei miei genitori. Il rispetto va mostrato a tutti, ma io lo mostravo solo a mio padre.
Un ipocrita, ecco cosa ero.

I diavoli mi accerchiarono di nuovo. Stavolta sembravano essere infastiditi dalla mia presenza.
"Ascolta, non vogliamo guai. Perciò è meglio che tu te ne vada"
Il diavolo più alto teneva in mano un forcone impregnato di sangue secco. Cominciai a pensare che sarebbe stato meglio andarmene, prima di essere infilzata da quell'aggeggio.
"Posso sapere la strada?"
"Per dove ?"
"Per la seconda bolgia"
I diavoli si guardarono sorpresi, con un sorriso malizioso mi dissero:
"Sai non è prudente per una donzella camminare da sola per una landa piena di pericoli..."
"Lo so, ma non mi interessa"
La mia risposta lì lasciò di stucco. Ma non si arresero facilmente. Mi sentivo estremamente a disagio, avevo iniziato a sospettare della loro inquietante cortesia. È vero, non bisognava fidarsi nell'Inferno, ma in quel momento avevo perso ogni cognizione temporale. Non ero in me. Nonostante ciò, avevo un campanello d'allarme pronto ad avvertirmi.
"Sul serio, permetteteci di accompagnarvi alla vostra destinazione"
"Sul serio, vi ho detto che so arrivarci da sola"
Feci per sorpassarli quando uno dei due mi trattenne per un polso. La stretta era forte. Ci misi un attimo per capire la situazione, anche se sentivo di essermene accorta troppo tardi. Il diavolo più alto, mi tirò a sé, ma gli diedi un calcio sulla gamba. D'istinto, urlai con tutte le mie forze, anche se sapevo che nessuno mi avrebbe sentito e avrebbe cercato di aiutarmi. Perfetto! Mi sarei aiutata da sola. Proprio quando l'altro diavolo mi stava per acciuffare, gli diedi un morso al braccio. Quello lo ritirò, col viso contratto dal dolore e io ne approfittai per scappare.
Corsi a perdi fiato, senza fermarmi.
I diavoli non mi rincorsero, ma io non accennavo a fermarmi per nessun motivo.
Correndo controvento mi sentivo libera, una sopravvissuta. Dopo una cinquantina di metri mi fermai, il cuore mi stava uscendo dalla gola. Una sensazione di nausea mi fece venire l'istinto di rigettare, ma ingoiai cosa avevo in bocca. Con repulsione, strinsi gli occhi e tossii. Con i polmoni che sentivo lacerarsi, cominciai a pregare ad alta voce.
"Dio dove sei? Dove sei? Rispondimi ti prego" implorai con la voce soffocata dal mio quasi rigurgito. Lo buttai fuori.
Virgilio...avevo bisogno di lui.

Questa non è una commedia. "Inferno"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora