2.la selva

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Era capitato più di una volta, mio padre era spesso soggetto alle crisi epilettiche. Quando cadeva all'indietro per le convulsioni era straziante. Vederlo dimenarsi incessantemente, mi faceva male. Il suo male era il mio.
A volte avevo paura di perderlo, ma mia madre agiva sempre d'istinto per aiutarlo.
Sembrava assurdo che le sue convulsioni fossero collegate ad un segno divino o qualcosa del genere. Mia nonna diceva di non preoccuparsi, ma sotto sotto vedevo il terrore nei suoi occhi.
Passavano dieci... quindici minuti e la convulsione passava. Allora mi dirigevo verso mio padre e provavo a chiedergli come stesse. Lui con un sorriso forzato mi diceva di stare bene... lo so che voleva nascondere. Io d'altro canto non ero stupida, per questo dopo la fine di ogni crisi lo abbracciavo. Sentivo che piangeva, ma non volevo farglielo notare. Era troppo orgoglioso per ammettere che non era come tutti gli altri, io nascondevo la mia preoccupazione.
Dopo un paio d'anni successe anche a me. Ebbi la mia prima convulsione una domenica mattina, mentre stavo per andare in chiesa, mio padre mi stava allacciando le scarpe quando cominciai a tremare. Ricordo ancora la reazione di mio padre, alzò la testa di scatto, panico nei suoi occhi, mentre cadevo a terra sbavando lui cercava di aiutarmi. Tutto quello che mi ricordo è una sagoma vicino a me. Quando mi svegliai, ero sul mio letto. Mia madre era accanto a me. Scoppiai in lacrime, ero piccola, non capivo cosa fosse successo. Mia madre provò a tranquillizzarmi, mi disse che non sarebbe più capitato ma ... successe di nuovo. Una volta al mese o meno... capitava. A volte mio padre non era in casa, quindi quando tornava e mia madre gli raccontava l'accaduto, si precipitava in camera mia.
"Tutto bene piccola mia?"
"Si papà "
"È stata meno forte o più forte?"
"Uguale..."
A mio padre incuriosiva il fatto che, come lui, sognassi durante gli attacchi. Così mi chiedeva cosa vedessi nei miei "sogni".
"Ho sognato un albero... gigantesco"
"Che tipo?"
"Credo fosse un pesco ma non ricordo bene..."
Mio padre mi cullava sempre prima di addormentarmi. Mi raccontava degli intrepidi cavalieri che combattevano contro i musulmani.
"Papà perché si combatte?"
"Per ottenere giustizia"
"Ma se uccidi qualcuno è ingiusto... come puoi ottenere giustizia da un atto ingiusto?"
Papà mi guardava imbambolato, neanche lui sapeva ribattere. A quel punto mi dava il bacio della buonanotte e se ne andava.
Visioni... non ne ho mai avute. O perlomeno fino a quel momento.
Dopo essere svenuta nel convento ne ebbi una. Ed è quella che vi racconterò ora.
———————————————————
Mi svegliai, ci misi un po' a capire dove fossi, era strano...quello non era il convento. Degli alberi altissimi e contorti oscuravano la luce del sole. Non riuscivo a vedere quasi nulla, mi alzai piano, strabuzzai gli occhi ma non riuscivo a vedere un granché. Realizzai che mi trovavo in una foresta, un bosco, no aspetta... in una selva.
Mi girai attorno, sembrava non esserci via d'uscita. Un ricordo riaffiorò nella mia testa, mi sembrava di conoscere quel posto.
Mio padre me ne aveva parlato, la selva oscura, ecco come si chiamava. Non nego che ero spaventata. Non avevo la minima idea di come andarmene da lì, anche se, a pensarci bene, un'idea ce l'avevo.
Avevo letto la commedia. Se avessi seguito lo stesso percorso del libro forse sarei arrivata alla fine della selva.
Cominciai ad addentrarmi nella selva, non c'era traccia di animali. Fui sollevata dal fatto che almeno sarei uscita senza essere mangiata da una belva feroce. Dopo una mezz'oretta intravidi una luce, la luce del sole! Mi precipitai fuori dalla selva e mi trovai davanti al colle descritto nella commedia... il colle della salvezza.
Mi guardai intorno e poi, come una matta, iniziai a frugare nei cespugli. Volevo assicurarmi che non uscissero le tre fiere.
Dopo un'ispezione completa, cominciai a salire il colle... un piede dopo l'altro. Ma siccome avevo una fortuna incredibile, una lonza leggera mi comparve davanti, ruggendo o forse... miagolando furiosamente.
"Qui micio...psst psst"
Stranamente la lonza o leopardo o lince, non mi importa, non capivo che tipo di animale fosse, mi venne incontro facendo le fusa. Si voltò a pancia in su e le feci i grattini. Bel micio!
Siccome non avevo voglia di cincischiare, decisi di proseguire e... un leone, che giornata fantastica! Volevo solo scrivere poesie.
Incredibilmente, il leone non sembrava minimamente interessato a me, anzi dormiva beato, esattamente come quella lupa scheletrica che terrificava mio padre.
Certo anche lui, che fifone. Non potevo crederci, potevo accedere a Dio senza essere sbranata dalle fiere... un gioia!
"Dante!! Che stai facendo?! Scendi subito!"
Mi girai, un uomo riccioluto con una corona d'alloro in testa, agitava il braccio per farsi vedere. Fantastico! Scesi il colle a passi larghi, infatti caddi rovinosamente, rotolando come un masso. Finii davanti all'uomo che intanto ridacchiava divertito.
"Dante vedo che hai superato i tuoi peccati, le fiere non ti hanno ucciso!"
Cercai di rialzarmi, capii perché le fiere non mi avevano fermato. Quei peccati non mi riguardavano.
"Ti sono cresciuti i capelli? Guarda che potevi lasciarli anche sciolti... non mi sarei scandalizzato."
Quando riuscii a mettermi in piedi, l'uomo davanti a me fece una faccia sconvolta.
"Oh mio...ehm Marte! Tu non sei Dante!!"
"Direi di no" dissi accennando un sorrisetto divertito.
"Vi avevo scambiato per un altro, perdonatemi signorina. Il fatto è che avete il suo stesso mantello"
Feci un'espressione interrogativa... poi guardai in basso. Il mantello di mio padre!! Era quasi emozionante indossarlo!
"Anche se ti guardo bene" disse l'uomo "Tu assomigli molto a questo mio amico.."
"Dante Alighieri?"
"Sì esatto! Lo conosci"
Feci un sorriso
"È mio padre"
Sbiancò per un momento, poi fece un sorriso e mi abbracciò.
"Non ci posso credere, la figlia di Dante è qui per sistemare le cose!! Non ci credo"
Mi staccai di colpo.
"Sistemare cosa? E poi chi sei...?"
Sapevo benissimo chi fosse.
"Oh giusto... andiamo con ordine"disse e poi ricominciò " Sono Virgilio, nato sotto il buon Augusto, che cantò di quel giusto figliuol d'Anchise, che fu Lombardo e..."
"Si ho capito.. vai avanti "
Mi diede un'occhiata delusa e poi continuò.
"Beatrice mi ha mandato qui perché mi ha detto che l'Alighieri doveva compiere una missione importante. Se non sai chi è Beatrice, è la favorita di Dio ed è proprio lui che l'ha mandata da me. Ora capisco che sei tu la persona mandata per la missione..."
Non stavo capendo nulla, io? In missione per Dio? Doveva esserci un errore... come potevo io, una semplice monaca, adempiere un compito così importante?
" Eh eh" ridacchiai "No, no... ehm ti ringrazio Virgilio per l'invito e per... l'incarico ma credo che tu abbia sbagliato persona."
Virgilio mi guardò confuso, era convinto di quello che diceva. Non capivo cosa non comprendesse della parola "no".
"Ma cara... come ti chiami?"
"Antonia"
"Antonia, se Beatrice ti ha chiamato c'è un motivo... tu sei l'unica che può compiere questo compito. Hai visto come hai domato le fiere? "
"Più che domate... addormentate"
"Non è questo il punto" disse mettendo le braccia conserte.
"Tuo padre ha fatto questo viaggio per purificarsi... e solamente a quel punto ha potuto accedere al paradiso! Ma tu... sei pura, puoi aiutarci!"
"Ma come?"
Non disse nulla. Lo vidi mordersi il labbro, poi alzò lo sguardo e sussurrò: " lo saprai al momento giusto."
Non capivo cosa significasse, perché non potevo saperlo subito? Allora non ero veramente pronta per... qualsiasi cosa fosse. Volevo delle spiegazioni.
"Poeta Virgilio, sono onorata dell'incarico e sono anche pronta a fare il necessario. Ma prima devi dirmi cosa è successo."
Virgilio mi guardò soddisfatto e poi mi disse: " avrai le tue risposte."
Detto questo si girò e cominciò a camminare.
Lo guardai stranita. Non era stato del tutto esauriente. Decisi comunque di seguirlo, era meglio che rimanere nella selva.
Camminavo velocemente cercando di stare dietro alla mia guida. Non mi sembrava molto paziente.
Virgilio non era come me lo ero immaginato: alto, affascinante, bei riccioli bruni... totalmente diverso da come mio padre se lo immaginava. O perlomeno da come io me lo ero figurato.
"Posso sapere una cosa soltanto?" esclamai accelerando il passo. Virgilio si voltò verso di me, sembrava un po' spazientito.
Feci un'espressione turbata e Virgilio mi fece un sorriso gentile.
"Quanti anni hai?"
"È importante?"
"No dico solo che ti immaginavo più...ehm"
"Vecchio?"
"No, non direi vecchio, forse ehm...anziano!"
Alzò un sopracciglio.
"Ho gli stessi anni di tuo padre quando ha compiuto il suo viaggio..."
"Quindi...trentacinque?"
Annuì
"Beh...li porti bene" dissi ridacchiando.
Era un po' in imbarazzo con quei complimenti, non c'erano dubbi. Ma perlomeno sapeva di essere stimato da qualcuno.
"Tu invece ragazzina?"
"Io ne ho quasi ventiquattro..."
"Sembri molto più giovane"
"G-grazie" dissi imbarazzata.
"Nel senso, credevo che Dio scegliesse qualcuno di più maturo per il viaggio."
Mi fermai un minuto, lo guardai stranita.
"È perché sono una donna?"
"No è che..."
"Senti, se credi che io non possa assolvere il compito solo perché sono una ragazza vi sbagliate di grosso signore!"
"Non era mia intenzione offenderti"
Detto questo si voltò. Non ero abituata a farmi mettere i piedi in testa. Forse ero stata aggressiva? Probabile, ma in un mondo che non ti considera alla pari del tuo prossimo bisogna sapersi difendere.
Proseguimmo per la nostra strada, mi facevano male i piedi quindi chiesi a Virgilio di fermarci. Lui acconsentì.
Mi sedetti sull'erba morbida.
"Qualcosa non va?" chiese Virgilio.
"Sei sicura che io sia idonea per questa missione?"
Lui mi guardò perplesso poi fece un sorrisetto.
"Ma certo! Tu sei Adriana Alighieri!"
"Antonia..."
"Eh sì quella!"
Risi un po'
"So che ti fidi di me ma... io come faccio a fidarmi di te?"
Virgilio rimase a pensare un po'.
"Sai quando io e tuo padre attraversammo la foresta dei suicidi" cominciò "Avevo paura che non mi credesse che quella fosse la pena di quei dannati".
Fece una pausa. Io lo guardavo attentamente.
"Ma poi gli diedi prova che quello che dicevo era vero. Sai, mentre conducevo tuo padre nell'inferno, mi sono ripromesso che non gli sarebbe accaduto nulla finché sarei stato lì con lui."
"E..."
"E così è stato. Forse non ti fiderai di me tutte le volte ma ti darò sempre prova che quello che dico è vero."
Detto questo si alzò in piedi. Mi tese la mano.
"Forza! Abbiamo una missione da compiere"
Gli diedi la mano e mi rialzai. Era chiaro. Mi avrebbe protetta a tutti i costi.
Arrivammo all'entrata dell'inferno, quello che vidi era inspiegabile. C'era una folla immensa. La porta dell'inferno era stata spaccata. L'unica frase che si poteva leggere era "lasciate ogni speranza o voi che entrate". Continuavo a non capire. Perché c'erano dei dannati lì davanti? Non dovevano essere nei gironi?
Qualcosa non quadrava.

Questa non è una commedia. "Inferno"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora