8. Cerchio sei: Cavalcanti

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Appena scesi dalla barchetta, io e Virgilio ci dirigemmo verso il cerchio degli eretici. Ma non preoccupatevi... non fu semplice arrivarci. Sembrava tutto troppo tranquillo. La città di Dite ci aspettava.
Di fronte a quelle mura imponenti mi sentivo minuscola. Una specie di sensazione orribile mi percorse la schiena. Poi le mie mani cominciarono a tremare, stava accadendo. Guardai Virgilio allarmata, sudavo freddo, gli afferrai la mano. Lui era sbiancato... sembrava capire la situazione. Il tremito si fece più intenso, era solo una questione di tempo e sarei caduta a terra. Non ora, non qui! Non davanti a lui. Virgilio mi strinse forte la mano, si sforzava di sorridere, voleva tranquillizzarmi. Non so come ma Virgilio mi infuse una specie di magia...cattiva o buona che fosse, era qualcosa di insolito. La calma e la pace che mi trasmise era impressionante. Il tremore si attenuò...era passato.
"Grazie" gli sussurrai con voce tremante. Il poeta sorrise lievemente ma si incupì quando rivolse lo sguardo alla città di Dite. Il posto in cui era stato umiliato e maltrattato lo aspettava nuovamente. Poteva sentire ad un miglio di distanza le loro risate malefiche, quei piccoli diavoli, li avrebbe sistemati stavolta. Io mi accorsi che stava leggermente sudando, decisi di fare qualcosa.
"Se me lo permetti, andrò io a parlarci"
"Stai scherzando, tuo padre l'ultima volta si è quasi scavato la fossa!"
"Io non sono mio padre, solo perché lo ammiro molto, non vuol dire che io sia tale e quale a lui."
Virgilio alzò gli occhi: "Si ma quelli sono pericolosi..."
"Siamo all'inferno, mi pare normale. E poi per te tutto è pericoloso..."
"Si ma questi lo sono per davvero"
"Senti, apprezzo il fatto che tu voglia proteggermi ma ti ricordo che ho domato delle bestie infernali con facilità..."
Virgilio si voltò a guardare le mura poi si rigirò verso di me, non sembrava convinto. Fece una smorfia di sufficienza e disse: "Resta qui".
"Ma..."
Virgilio mi rivolse uno sguardo di rimprovero, la sua impazienza stava avendo di nuovo la meglio.
"Ascolta, i diavoli sono angeli ribelli...ma non devono essere necessariamente più pericolosi per quello."
"Forse non hai capito ingenua puella, i diavoli non si fanno scrupoli. Hanno tutti e tutto contro, ma non per questo si risparmiano i più deboli, anzi, sono le loro vittime preferite"
Alzai gli occhi al cielo: "So badare a me stessa!"
"Questo lo so, ma lascia parlare me va bene?"
"E speri di incantarli con la tua sapienza?"
"Stavolta funzionerà" disse con voce tremolante. Aveva paura, si vedeva ad un miglio. Ci mise un po' ad avanzare verso la città, rimase a fissarla con sguardo pieno di preoccupazione...perché proprio lì? Perché doveva affrontare il "suo" Inferno? Era necessario abbassarsi ai demoni? Forse,si chiedeva incessantemente queste cose... ma non lasciò intravedere la sua debolezza.
Arrivato davanti alle mura, Virgilio chiamò a gran voce gli abitanti. I diavoli si affacciarono seccati, vedendo Virgilio cominciarono a sghignazzare.
"Sei venuto ad importunarvi oh Vate?"
"Sono venuto per attraversare la città, abitanti di Dite! Non covate risentimento verso di me, sono un umile dannato in cerca di redenzione, lasciatemi passare"
Lo stava facendo, si stava umiliando...un grande poeta che si prostra davanti a degli indegni ribelli.
"Hai perso la tua saggezza, duca?"
I diavoli stavano passando già all'attacco, insultare gli veniva proprio bene. A vederli erano orribili: occhi rossi ingialliti ai lati, pelo ispido e rossastro, denti lerci di tartaro e sangue, ali e artigli acuminati e una lingua biforcuta più viscida di una limaccia. Rivoltanti.
Non sembravano ascoltarlo minimamente, era ovvio che non ci avrebbero lasciato passare. Le loro risate beffarde riecheggiavano nell'aria cupa dell'Inferno. Le urla in lontananza di alcuni dannati rendevano l'atmosfera ancora più tetra. Mi girava la testa, ne avevo abbastanza di quei ribelli, era il momento di usare il pugno di ferro.
"Ma guardateli, i traditori di Dio si permettono anche di ribattere ad una richiesta divina!"
I diavoli concentrarono la loro attenzione su di me. Erano senza parole.
"Avete tradito il vostro creatore, vostro padre...per seguire qualcuno che vi aveva promesso della grandezza. Potere, fama, controllo su tutto...e quale è stato il risultato? Morte, guerre, fame...niente di tutto ciò è buono. Ma voi no, siete convinti di quello che fate! Niente regole, niente limiti, fate quello che volete! Ma non vi rendete conto che questa libertà, vi sta rendendo schiavi dell'essere più malvagio dell'universo? Sapete, la verità rende liberi, ma fa anche male. Quindi cittadini di Dite, se volete veramente la verità, non fate il tragico errore di non lasciarci passare. Dio è già abbastanza addolorato per i vostri peccati, non fate traboccare il vaso."
I diavoli si guardarono per l'ultima volta, i loro sguardi erano cambiati da inferociti a preoccupati. Fecero un cenno con la testa e lasciarono aprire le porte delle mura. Io guardai Virgilio sorridente, ce l'avevamo fatta di nuovo. Entrammo rapidamente per finire al centro della stradina che attraversava la città. La frenesia al suo interno, sembrava quella di un giorno di mercato a Firenze, solo che qui c'erano diavoli orribili. Da un lato della strada un demone vendeva aggeggi per la tortura a basso prezzo, dall'altra parte si potevano notare le meduse che indossavano degli occhiali di piombo per non far intravedere il loro sguardo. Sentii la mano di Virgilio stringere la mia, era nervoso. Al confine della città trovammo ciò che cercavamo...il cerchio degli eretici.
Era pronta al peggio, sentivo che sarebbe stata dura. Non fisicamente bensì emotivamente. Delle tombe infuocate ardevano e io ne approfittai per vedere chi vi fosse al loro interno. Alcune erano vuote, altre contenevano anime che soffocavano e singhiozzavano per il dolore. Essere partecipe di quella sofferenza non mi faceva sentire eccessivamente tranquilla. Ad un tratto dovetti fermarmi due secondi per "riprendermi". Virgilio, come potrete immaginare, si avvicinò subito.
"Vuoi che ci fermiamo qui?"
"No, posso farcela..." dissi tirandomi su con la sua spalla. Dovevo resistere, ancora poco e sarebbe finita...o così pensavo.
Da una tomba infuocata arrivò un richiamo: "Ehi tu!!"
Mi girai di scatto, vidi un uomo seduto sulla tomba con le gambe incrociate. Mi fece segno di venire con la mano e io mi avvicinai cautamente. Dallo sguardo che mi rivolgeva riuscivo ad intravedere della collera. Mi tenni a distanza di sicurezza.
"Ci conosciamo?" chiese il tizio.
"No, non credo" risposi velocemente.
"Mi sembra di averti già vista..." insistette lui.
"Ti ho detto di no, devo andare..."
Il dannato mi afferrò per un braccio, urlai: "Lasciami andare!"
"Tranquilla, non voglio farti del male. Voglio solo parlare un po'..."
Cercai di calmarmi e l'uomo allentò la presa.
"Tu mi ricordi di un mio vecchio amico, Dante Alighieri, quanti bei ricordi..."
Stava parlando proprio di mio padre ma ancora non capivo chi l'uomo fosse.
"...io e lui, avevamo un rapporto speciale. Eravamo più di semplici amici...eravamo fratelli. Io gli insegnai tutto quello che sa."
Intuii qualcosa ma...non poteva proprio essere lui.
"Poi un giorno, si prese gioco di me. Mi tradì...per un po' di denaro. Infangò la nostra amicizia, i nostri patti e le nostre speranze. Le sue poesie poi... cosa fossero non lo sapevo proprio. Illusioni, favolette per frati francescani... pensava di sapere tutto ma non sapeva un bel niente."
Tenevo lo sguardo basso per evitare di rispondergli a tono, bruciavo di rabbia. Cavalcanti, cosa stai dicendo?
"Eh ma il Dantino ha pagato...ha pagato con l'esilio, ho goduto come un matto nel vederlo andare via. La scrofa che torna a rotolarsi nel fango... niente di meglio che vedere quel povero illuso scivolare nella sua vergogna. Traditore a tutti gli effetti..."
Smettila Guido, smettila!
"Ma tu ci assomigli molto, stranamente... per caso lo conosci?"
Tenevo ancora lo sguardo basso.
"RISPONDIMI"
Socchiusi gli occhi, deglutii e risposi: "Sono sua figlia...la più piccola di tre fratelli."
Cavalcanti fece un sorrisetto malefico, cominciò a provocarmi.
"Il tuo paparino è andato in ferie...ora chi la continua la sua operetta su Bice occhi smeraldo?"
Mi feci coraggio:"Non ha scritto solo quello..."
"Ancora credi nelle sue storielle? Quando capirai che sei della stessa stirpe di traditori...?"
Non ne potevo più:
"Mio padre vi rispettava, vi amava, vi onorava...non ha mai osato insultarvi o parlarvi dietro. Mi ha sempre detto che voi eravate il suo mentore, suo amico... suo fratello. MIO PADRE non ha mai smesso di credere in VOI, e questo lo rende l'uomo più onorevole di Firenze. MIO PADRE era ed è ancora...un gran poeta come voi non sarete mai..."
Guido mi lanciò uno sguardo di ghiaccio e rispose in modo tagliente: "La gente seppellisce la propria poesia con la morte... ma sembra che la ragazzina abbia voglia di mentire ancora."
Le lacrime mi riempivano gli occhi che stavano per esplodere. Respiravo piano e con difficoltà... tutto mi sarei aspettata meno che questo. Quello non era il Cavalcanti di mio padre.
Cavalcanti continuava ad insultarmi:
"Scrivi bambina, scrivi!! Tuo padre morirà con te...come la sua poesia! Ah ma non devi piangere...prima o poi arriverà un angelo e ti porterà da Beatrice..."
Virgilio era rimasto lontano, immobile tutto il tempo. Non aveva osato proferire parola. In quel momento si avvicinò rapidamente, e mettendomi le mani sulle spalle mi disse: "Antonia dobbiamo andare forza..."
"Ma si scappa! Nessuno ti salverà...nessuno ti salverà!" continuava Guido.
Io ero paonazza, gli occhi gonfi, mentre Virgilio mi fece allontanare rapidamente dal cerchio.
Il poeta mi prese da parte e mi disse: "Non devi curarti di lui Antonia, è un dannato... dice tutto questo perché soffre."
"No è solo invidioso, è un verme pronto a succhiare il succo dai frutti maturi... e questo ha fatto con mio padre. Quando diventò più bravo di lui, non poté sopportarlo. Non poteva accettare che il dolce stil novo fosse rinato con il grande Dante. Ma deve bruciare, bruciare più degli altri dentro quella tomba... gli uomini come lui non meritano una seconda opportunità... non sarei mai dovuta venire qui, certa gente non mostra né riconoscenza né pentimento."
Sudavo, sentivo le mie tempie pulsare, la mia voce era soffocata dalle lacrime che scendevano senza fermarsi. Tenevo i pugni serrati, che stavano ricominciando a tremare...stavolta non si sarebbe fermata.
Virgilio cercò di parlare: "Antonia adesso calmati...non stai pensando lucidamente. Ci sono io qui, guardami...guardami ho detto."
Lo guardai, i suoi occhi mi trasmettevano un senso di tranquillità.
"Cavalcanti sarà stato pure un pessimo amico per tuo padre...ma non permettergli di rovinare anche te. Lui è morto con l'invidia ancora incollata alla sua anima, ma tu sai che tuo padre non ha avuto bisogno di lui per diventare quello che è ora...il sommo poeta."
Mi tremavano le labbra, avrei ceduto.
"Ma adesso è il momento di uscire allo scoperto Antonia...tu sei tu, è né tuo padre né Cavalcanti potrà decidere il tuo futuro. Perché quello che conta adesso... è ciò che provi tu non tuo padre."
"P-per tutto questo tempo ho sempre pensato di farmi v-valere per lui"
"Ora è il momento di farti valere Antonia, perché questa qui non è una commedia... è il tuo viaggio e solo tu puoi portarlo a termine."
Guardai Virgilio senza distogliere lo sguardo, lui mi sorrideva con le lacrime agli occhi...lui credeva in ME. Scoppiai in lacrime e mi gettai fra le sue braccia, lui mi strinse forte.
"Io credo in te Antonia...e in nessun altro."
Smisi di singhiozzare, mi sciolsi dal suo abbraccio e lo guardai...avevo trovato più di una guida, avevo trovato un amico.

Questa non è una commedia. "Inferno"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora