Diciannovesimo capitolo Confessioni

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La stazione centrale di Bruxelles racchiude così tanti ricordi che è difficile ricordarseli tutti. Ad esempio lo Starbucks sulla destra mi fa pensare a tutte quelle volte che ci sono stata alle sei di mattina, dopo una notte in discoteca con la mia amica italiana, siciliana come me. Quando abbiamo dormito sulle poltrone o quando ho comprato una gouffre al piccolo bar vicino la biglietteria e il ragazzo che ci lavorava mi ha risposto in italiano perché aveva notato la mia nazionalità dal forte accento. Tutte le volte che ho cambiato treno in questa stazione e ho visto gente piangere, stringersi, salutarsi. Gente che arrivava e gente che partiva. Ho cercato di pensare a come si sentissero in quel momento, a come mi sentirò io quando arriverà il momento di lasciare tutto ciò che ho creato in 365 giorni.

Saliamo le grandi scale e andiamo al piccolo tabellone touch screen dove si possono cercare tutti gli orari dei treni.
-Resta qui.
Dice Joseph che ancora non vuole farmi sapere la destinazione. Mi guardo intorno e affondo le mani dentro le grandi tasche del giubbotto. Prendo il cellulare e faccio la mia chiamata giornaliera veloce ai miei genitori in Italia. Sentire la loro voce mi da sempre quel calore che il mio cuore ha bisogno.
-Voie 7
dice Joseph mentre ritorna.
-Ok capo.
Dico ridendo. Il treno è già fermo, parte tra due minuti. Saliamo così di corsa che non ho il tempo di vedere la destinazione sul tabellone posto vicino i binari.
-Che musica ti piace?
Chiede Joseph che adesso è seduto davanti a me. Accanto ho un ragazzo che continua a fissarmi.
-Rap e musica latina. Amo le canzoni di Enrique, Prince Royce, Romeo Santos. E a te?
-Rap e house tutta la vita.
Mi sorride e si avvicina posizionando le sue labbra nel mio orecchio.
-Se questo non smette di fissarti..
Dice in italiano con accento francese, non so perché ma amo quando mi parla in italiano.
-Sei geloso?
Chiedo a voce bassa e do un bacio veloce alle sue labbra, troppo invitanti e troppo vicine.
-Non mi piace quando qualcuno vuole ciò che è mio.
Mi si ferma il cuore, sono sua. In questo momento potrei alzarmi e ballare o aprire i finestrini e gridare a squarciagola. Le guance mi si colorano di rosso, stanno andando a fuoco. Le parole mi si bloccano in gola così sorrido solamente perché la maggior parte delle volte non si trovano parole per esprimere a pieno la felicità.
Dopo due fermate il ragazzo seduto accanto a me si alza e Joseph occupa subito il suo posto, affondando la testa nel mio petto. Accarezzo con dolcezza i suoi capelli biondi e mi addormento.

-Cassie siamo arrivati.
Dice Joseph svegliandomi. Apro subito gli occhi e guardo fuori. C'è una spiaggia enorme e un cartello mi informa che siamo a Ostende.
-Mi hai portato al mare.
Dico felice come una bambina di cinque anni.
-Ti ho sentito dire a mia madre che ti mancava.
Lo abbraccio di impulso e non smetto di sorridere, nemmeno dopo che siamo scesi dal treno. Mentre camminiamo Joseph continua a farmi domande su di me, sulla mia vita, su ciò che mi piace. Non smettiamo di parlare nemmeno un secondo. Scopro che gli piacciono i film fantascientifici, che ha letto più libri di me, che ha iniziato a scrivere canzoni in treno all'età di quindici anni. Quando arriviamo alla spiaggia ci togliamo gli stivali e corriamo a piedi nudi assaporando ogni piccolo secondo. Vado vicino la riva per vedere quant'è fredda l'acqua e appena la tocco con la punta del piede noto che è gelata, come se fossi entrata in un congelatore. Mi giro e noto Joseph che mi fissa. Prendo un po' di sabbia e incomincio a correre verso di lui. Lui scappa e io corro ancora più veloce.
-Prova a prendermi
Urla e da lontano dovremmo sembrare veramente buffi, due pazzi che si rincorrono. Sto quasi per raggiungerlo ma lui è troppo veloce. Si abbassa e prende anche lui della sabbia, inizio a correre velocissimo ma Joseph mi raggiunge e spalma la sabbia sul mio viso. Lo bacio e passo la mia mano ancora piena di sabbia tra i suoi capelli.
-Sei propio..
Dice ridendo.
-Proprio cosa?
-Bellissima
E mi bacia con foga trascinandomi sulla sabbia insieme a lui.

Siamo sdraiati sul grande asciugamano che Joseph aveva nello zaino. Siamo rivolti verso il mare, la mia testa sul suo petto. C'è odore di pioggia mista al profumo di Joseph.
-Venivamo spesso qui, io e mia sorella, ci piaceva correre al tramonto sul bagnasciuga. Lei non riusciva mai a smettere di parlare, dovevo indossare le cuffie per farla smettere. Adesso pagherei oro pur di sentire la sua voce.
Fa una pausa e poi continua
-Quel giorno è tornata a casa piangendo, aveva litigato con Kylia, stavano insieme da un po' di mesi. Quella mattina avevo saputo che lui l'aveva tradita e non riuscivo a non dirglielo. Sono tornato a casa dopo la scuola e sono andato dritto da lei per rivelarle tutto. Così lei è uscita subito di casa, non mi ha risposto, non ha detto nulla. Ha preso le chiavi della macchina ed è andata via. Non sapevo che non l'avrei mai più rivista. Aveva preso la patente da poco, non era ancora molto brava. Dovevo fermarla, sarei dovuto andare con lei o mi sarei dovuto fare i fatti miei. Invece ho parlato e non l'ho seguita. Ha fatto un incidente sul ponte, è morta in ospedale. Quel giorno sono morto anche io, non ero più lo stesso. La mia vita è cambiata del tutto, la mia famiglia è stata distrutta, per sempre. Ho iniziato a pensare che non meritavo nulla di quello che avevo. Non andavo più a scuola, ho iniziato a bere, a fumare e a perdere ogni minima innocenza che avevo. Solo Matty sapeva e lui aveva molti problemi in famiglia così ci distruggevamo insieme. Persi l'anno a scuola, mio padre se ne andò dopo pochi mesi la morte di Camille, mia sorella. Mia madre non parlava, sembrava fosse impassibile a tutto. I miei genitori si sono dimenticati di avere un altro figlio, vivo e vegeto. A nessuno importava dove fossi e a me non importava di nessuno. L'anno dopo mia madre pensò che fosse una buona idea ospitare un exchange student, possibilmente femmina. Voleva sostituire mia sorella, come se fosse possibile. Ho fatto in modo di farle andare via tutte, una dopo l'altra. Ero arrabbiato e terribilmente fuori di me. Però ho ricominciato ad andare a scuola e piano piano ho ripreso la giusta via da solo. Dovevo farlo per me stesso e per mia sorella.
La voce gli si spezza e mi giro subito verso di lui. Sta piangendo, gocce cadano dai suoi occhi terribilmente tristi e così belli da stare male. Lo abbraccio e mi viene da piangere anche a me, perché la sua tristezza è così grande che la sento anche mia.
-Poi sei arrivata tu, un tornado nella mia vita spenta e vuota. All'inizio volevo solamente che te ne andassi, come avevo fatto con tutte. Ma una parte di me non voleva e l'ho capito solamente dopo. Ti guardavo dormire e la tua innocenza, la tua purezza erano disarmanti. Poi eri l'unica persona capace di sfidarmi e soprattutto capace di battermi. Hai dato un senso alla mia vita quando pensavo che non esisteva niente, nulla in grado di rendere tutto questo degno di essere vissuto.

Rimango senza parole, il cuore corre a briglia sciolta e penso che queste siano le parole più belle che abbia mai sentito. Lacrime sorpassano il mio viso, non mi sono nemmeno accorta di essere scoppiata a piangere. Ti amo vorrei dire, ti amo dalla prima volta che hai incrociato il mio sguardo. Ma non ci riesco, ho paura di espormi, non sono come te Joseph, a me fa terribilmente paura mostrarmi debole, esprimere i miei sentimenti. Ho avuto così tante delusioni che ho bisogno di tempo per rimettere insieme i miei pezzi, forse io e te siamo simili, ammaccati dalla vita, anime alla ricerca di un restauro. Ti abbraccio e piango, cerco di calmare queste lacrime che fuoriescono a velocità, è difficile fermarle. Questo è il problema delle persone che non piangono spesso, quando lo fanno non riescono a smettere.

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