Decimo capitolo Festa e verità

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Mi sveglio di soprassalto, a causa di un rumore che mi perfora i timpani. Joseph è poggiato allo stipite della porta, con due pentole in mano, diverse da quelle precedenti. Sorride e mi guarda divertito. Ma non dorme mai!? Maledetto!

-Joseph vattene via!

Urlo arrabbiata e metto la testa sotto il cuscino.

-Ti piacciono queste pentole?

Ride, ha una risata contagiosa e mi viene da sorridere anche a me. Prendo veloce un cuscino e lo lancio, colpendolo in pieno viso. Rimane un attimo perplesso, poi lo prende e si scaraventa sul mio letto. Iniziamo a fare la lotta di cuscini ma un minuto dopo perdo l'equilibrio e cado all'indietro, sbattendo la testa sul pavimento. Joseph adesso sta piangendo dalle risate.

-Cazzo che botta!

Dico tra le risate, non mi fa tanto male, solo un leggero dolore sul punto dove ho sbattuto.

-Grazie per l'aiuto.

Dico ironica ma Joseph non riesce a smettere di ridere, è piegato in due dalle risate. Mi alzo e guardo l'ora, sono le cinque di mattina.

-Ma tu non dormi mai!?

Chiedo a Joseph che si sta ricomponendo.

-Non riesco a dormire.

Dice serio e capisco che c'è qualcosa che lo turba.

-Così hai pensato che non debba dormire neppure io?

Chiedo con un sopracciglio alzato.

-Si, mi piace farti arrabbiare.

Lo guardo di traverso e salgo sul letto, girandomi dall'altro lato. Chiudo gli occhi, sto morendo letteralmente dal sonno. La presenza di Joseph mi tiene sveglia, lui sta in silenzio. Mi giro e lo guardo, è pensieroso, ha gli occhi rivolti verso la finestra e noto che sono sofferenti. Una parte di me, quella sensibile e impulsiva vorrebbe abbracciarlo ma tengo strette le mani sotto il lenzuolo. Poi, in una frazione di secondo, si alza e se ne va, chiudendo con cautela la porta. Questi cambiamenti repentini di umore mi stravolgono; è come se stessimo viaggiando in due lunghezze d'onda diverse. Chiudo di nuovo gli occhi, adesso ho voglia di guardarmi dentro. Penso al passato, perché ciò che sono è soltanto una somma di ciò che ho vissuto. Sono come un mosaico di attimi e di esperienze. La mia mente immagazzina anche il frivolo e posso fermarmi a guardare un ricordo e vederlo nitido. Sono sempre stata brava ad assorbire tutto, senza lasciare una briciola all'esterno. Adesso guardo una me imbarazzata, che si scruta le mani nervosamente perché qualcuno la sta guardando. Posso andare avanti e vedere il mio primo bacio, la mia prima cotta.. Come se tutto fosse un film dove si può andare avanti e indietro senza problemi, accelerando o mettendo pausa ogni qualvolta si voglia. Vedo, nei ricordi, che mi sono sempre sentita non abbastanza. Le mie insicurezze mi hanno devastata e resa fragile, esposta a un mondo che non chiede scusa e che non perdona. Come se tutti avessero qualcosa in più, anche se non ho mai capito cosa. Vorrei che qualcuno facesse delle mie insicurezze un punto da cui partire, non un punto debole da colpire. Mi rigiro e tengo strette le gambe sul petto, mentre i ricordi di un'adolescenza piena di casini arrivano, un lacrima scende silenziosa sul mio viso, voglio solo essere forte, devo esserlo.

Sfrecciamo a velocità tra le strade, le mie braccia strette intorno al busto di Joseph, grazie alla moto posso far aderire i nostri corpi. Il cielo è grigio e tira vento, la temperatura è calata parecchio. Joseph posteggia e io mi stacco subito da lui, non voglio ripetere la stessa situazione di ieri. Mi sorride mostrando i suoi denti bianchissimi. Noto che ha ancora le labbra screpolate e di un colore rosa pallido. Entriamo a scuola in silenzio, uno accanto all'altra. Davanti a me c'è Zineb che distribuisce volantini a tutti, mi avvicino e ne prendo uno. Riconosco subito l'immagine che vi è sopra, la foto che le avevo inviato ieri sera. Ci sono varie frasi e insulti verso Joseph. Rimango allibita e guardo mio fratello, ha uno sguardo serio e gli occhi pieni di rabbia, mi guarda male e fa due respiri profondi.

-Ti avevo chiesto un favore.

Si passa una mano tra i capelli e sposta lo sguardo sulle persone presenti. Tutti ridono o fanno gesti verso di lui.

-Joseph io..

Cerco di dire ma non mi lascia finire; si gira e se ne va, oltrepassando il cancello che avevamo percorso insieme pochi minuti prima. Voglio seguirlo, correre verso di lui e dirgli che io non ne sapevo nulla. Ma nemmeno il tempo di fare pochi passi lui è sulla moto, parte veloce e va via, lasciando indietro soltanto il suo profumo.

Sto per impazzire, non riesco a trovare il vestito adatto per la festa a casa di Charlie. Mi accompagnerà Nathalie visto che Joseph non è tornato a casa, ha detto a sua madre che è da un amico per studiare e che di sera sarebbe andato alla festa. Voglio parlare con lui e chiarire. Svuoto l'intero armadio alla ricerca del mio vestito rosso e bianco, e alla fine lo trovo. Dopo il trucco, i boccoli appena accennati e una quantità esagerata di profumo pink sugar, sono pronta, aspetto Nathalie in salone.

-Wow!

Dice meravigliata mentre scende le scale. Indossa una salopette di jeans e un maglioncino nero di sotto. Sembra una ragazza di vent'anni. Salgo sulla sua macchina, casa di Charlie è in un paesino vicino chiamato Chievres, ci vogliono circa venti minuti per arrivare. Avviso Annamaria (la mia amica italiana) che sto per arrivare. Io e Nathalie chiacchieriamo come due amiche e parliamo di tutto, è così bello parlare con lei. I venti minuti volano e ci fermiamo davanti a una villa enorme. Ma sono tutti ricchi?!?

Saluto Nathalie con un bacio sulla guancia e vado incontro ad Annamaria che mi abbraccia, con quel calore italiano che ti fa sentire a casa, anche a chilometri di distanza. Mi porta in cucina, vuole che assaggio la sua pizza e iniziamo a parlare e a ridere, è sempre così. Quando parli con Annamaria ridi ogni cinque secondi, sarà perché è napoletana. Ha sempre la battuta pronta e quella spontaneità che ti lascia interdetta. Dopo un'ora di chiacchiere andiamo in uno stanzone che si trova vicino al giardino, un po' distante dalla casa. Sento risate e rumori di bottiglie, mi fermo sulla porta quando sento dire:

-Allora con l'italiana?

Chiede qualcuno, in sottofondo sento risate e parole incomprensibili. Devono essere ubriachi.

-Ragazzi manca pochissimo e me la scopo.

Risponde Joseph, ha la voce biascicata.

-Siamo alla?

Chiede qualcun altro.

-Alla quinta straniera.

Risponde Joseph e scoppia a ridere.

-Io scommetto che resta soltanto una settimana.

-Io scommetto due.

-Quella precedente ha fatto sei giorni, poi è scappata via.

Dice Joseph e ride ancora più forte.

Rimango impalata dietro la porta, incapace di dire qualcosa. Annamaria mi guarda sconvolta e mi prende la mano, portandomi lontana da lì. Maledico me stessa per aver provato ogni minimo sentimento verso Joseph. Ma di una cosa sono sicura:non vincerà. Non mi manderà via, non distruggerà il mio sogno. E d'ora in poi da me avrà solo quello che si merita: odio e disprezzo. Ricaccio indietro le lacrime e guardo la luna.

Devo essere forte, continuo a ripetermi.

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