14. Arrogante come te

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Buffo per l'ennesima volta, mentre ai miei occhi si presenta di nuovo il volto dell'uomo che ha passato quella busta a Edoardo.
Sono passate due ore.
E io non riesco a prendere sonno.
Continuo rivivere a rallentatore quella scena, con la sensazione che sia tutto tremendamente sbagliato. Mi sento in ansia, e non so neanche il perché.
Ho paura che Edoardo si stia cacciando nei guai. È di solo un'anno più grande di me, ma ha il cervello di un dodicenne certe volte.
Scalcio via le lenzuola e mi alzo, diretta alla camera di Grace. La raggiungo aprendo piano la porta e la osservo dormire per qualche secondo, prima di notare un libro di matematica accanto al suo viso.
E te pareva.
Farebbe prima a mangiarselo.

«Grace» soffio scuotendola per le spalle. Lei apre gli occhi con una smorfia, passandosi una mano sul viso.
Il libro cade a terra, e lei sussulta leggermente.
«Che c'è, Amy?» mi chiede con la voce impastata dal sonno, tirandosi a sedere.
«Sono preoccupata per Edoardo» le confesso incontrando i suoi occhi.
«Ma che ore sono? È tornato a casa?» biascica spostandosi i capelli dal viso.
«Sì, ma intendo in generale. Secondo me si sta cacciando nei guai» le stringo la mano, mentre lei tenta di rimettere in moto il cervello.
«Ma che stai dicendo?» mormora accendendo l'abat jour sul comodino. Finalmente metto a fuoco il suo viso, ancora mezzo addormentato.

«Dico che stasera l'ho visto con un uomo che non mi suscita nulla di buono. Non so nulla di quello che fa. Sono preoccupata».
Il suo volto si addolcisce, mentre mi accarezza la mano. «Amy», dice sottovoce «Devi stare tranquilla. È fatto così, non gli piace sputtanare tutto ai quattro venti» mi rassicura legandosi i capelli in una crocchia disordinata.
«Ma-»
«Amà, sono le quattro del mattino, secondo me sei ancora un po' ubriaca» mi interrompe alzando le sopracciglia.
«Ti dico di no. Devi aiutarmi a indagare»
«Vuoi pedinare tuo fratello?» mi crede sempre più incredula. Io annuisco, mentre lei scuote la testa esasperata.
«Ma non stai bene» ride appoggiandosi alla testata del letto.
«Sono le quattro del mattino, direi che si capiva pure prima» mi rilasso, prendendo posto accanto a lei.
«Senti, senti fa stare tranquilla indaghiamo, ok? Ma sono sicura che non sta facendo niente di male» soffia mentre io appoggio la testa sulla sua spalla. Mi accarezza i capelli, in un momento di silenzio.
«Vuoi dormire con me?» mi chiede dopo qualche minuto. Annuisco, occupando lo spazio che mi lascia libero spostandosi.
«Grazie, Grace» soffio dopo aver spento la luce. Lei mi lascia un'ultimo bacio sulla guancia prima di sistemarsi nel suo lato del letto, schiena contro schiena. E nonostante in suo corpo caldo a pochi centimetri dal mio, l'atmosfera intima e tranquilla, e la sua promessa, a me rimane uno strano senso d'ansia.
Bah. Sto impazzendo sul serio.


***



«Si può sapere dove cazzo ti sei ficcato la delicatezza, Tommà?», la prima cosa che sento lunedì mattina, entrando in laboratorio con un leggero ritardo è la splendida e graffiante voce, ovviamente irritata, di Adrien.
Tutti i miei colleghi sono chini su una crostata ricotta e cioccolato, in attesa che qualcuno la tiri fuori dalla teglia dopo una notte in frigo.
Io avrei paura.
Infatti scarico sempre questo tipo di compiti a Giovanna.
Rompere una crostata è come rompere i desideri di un bambino.

«Buongiorno» mormoro arrotolando le maniche della divisa. Chiara mi lancia un'occhiata strana, prima di tornare a fissare Tommaso, impegnato nel tentativo di salvare la crostata. Adrien lo fissa impaziente, tamburellando le dita sul tavolo di metallo.
«Prima di domani» soffia perfido, osservando le gote rosse di Tommaso.
Il mio collega borbotta qualcosa di incomprensibile, mentre tira leggermente la carta da forno. L'unico rumore udibile è quello del respiro affannato di Tommaso, che sembra star per svenire.
Adrien sarebbe capace di licenziarlo se potesse.
Anche perché oltre ad odiarlo lo crede pure un incapace.

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