28. Dammi un bacio

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«Piantala» sbuffa il mio collega, quando gli porgo l'ultima forchettata di pasta.
«È tua» replico io, con una smorfia. Lui accenna un sorriso, facendomi sciogliere con quell'espressione tra lo scocciato e il divertito.
«Non ne voglio più» replica gettando la testa all'indietro, semisdraiato sulla sedia da esterno, con le gambe stese.
«Mi hai ricattata per farne altra e ora non ne vuoi più?» sollevo un sopracciglio, tenendo sospesa nel vuoto la forchetta.
«Potevi dirmi che tu non mangi praticamente» ride lui, mentre io scuoto la testa.
«Ho mangiato!» ribatto abbandonando la forchetta nel piatto che ho davanti. Lui ride ancora, passandosi una mano nei capelli. Dopo che Asia, sua sorella e sua madre sono tornate nel loro appartamento, Adrien si è lamentato di avere ancora fame, e siamo finiti a cuocere altra pasta.
«Certo, e io vengo proprio dalla Nigeria» replica lui, senza smettere di ridacchiare. «Come ti senti? Hai ancora Satana dentro di te?» mi prende per il culo, continuamente.
«Hai finito? Cosa devo fare per farti dimenticare tutte le mie figure di merda?»
«Non le dimenticherò mai. Soprattutto la caduta dal letto stile sacco di patate» continua a ridacchiare, aiutandomi a recuperare i piatti sporchi. Io scuoto la testa, attraversando il salotto fino alla cucina. Mi piego per aprire la lavastoviglie, infilando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Prospettiva interessante» sghignazza lui, appoggiato allo stipite della porta.
«Maniaco, e pure francese» ridacchio mettendomi le mani sui fianchi dopo aver raddrizzato la schiena, nel tentativo di sembrare minacciosa. Lui mi raggiunge con due falcate e un sorriso furbo sulle labbra per poi circondarmi la vita con le braccia.
«Maniaco non so, francese di sicuro» soffia divertito, a un palmo dalle mie labbra. A me si mozza il fiato, mentre porto istintivamente le mani dietro la sua nuca. Mi bacia d'impeto, facendomi sbilanciare all'indietro, incendiandomi.
Mi stringe i fianchi, eliminando qualunque tipo di spazio tra noi. In poco tempo finisco incastrata tra Adrien e il bancone, mentre tento di tenere testa al suo desiderio. Gli stringo i capelli, spingendolo sulla mia bocca con la sensazione di star perdendo ogni briciolo di rapporto professionale.
Ma che cazzate dico? Abbiamo perso la professionalità quando lui ha cominciato a parlare di afrodisiaci e io l'ho insultato davanti a una schiera di vecchietti.

È famelico, passionale, insaziabile e dolcissimo.
Mi tira su sul piano della cucina, infilando le mani sotto la maglietta, mentre io ansimo godendomi la sensazione delle sue mani su di me. Stringo le gambe contro i suoi fianchi, tenendolo incollato a me mentre lascia scorrere le mani sulla mia schiena, sollevando la sua t-shirt sulla mia pelle. Insinua la lingua nella mia bocca mentre io gemo ancora, lasciando scorrere una mia gamba sulla sua. Scendo con le mani sui suoi pettorali, accarezzando poi gli addominali prima di riuscire a sollevare l'orlo della maglietta e toccare la sua pelle calda. Mi morde delicatamente il labbro inferiore, prima di liberarsi della sua t-shirt con un gesto veloce. Mugolo di piacere toccando la schiena muscolosa mentre un cellulare da qualche parte comincia a squillare.
«È il tuo» soffia lui, scendendo a baciarmi la pelle tra la mascella e il collo. Io allungo una mano alla cieca, ricordando vagamente di aver lasciato qui il mio telefono. Lo trovo dopo parecchi tentativi, distratta dalle labbra di Adrien sulla mia pelle.
«Sì?» soffio senza neanche guardare il mittente.
«Amanda, ma che cazzo di fine hai fatto?» la voce di mio fratello mi riporta alla realtà, dove io vorrei solo distruggere il cellulare contro il muro.
«Sto...tornando a casa?» replico io con voce strozzata, mentre Adrien infila la testa sotto la mia maglietta. Mi mordo il labbro, trattenendo un sospiro.
«Tra quanto arrivi?»
«Pochissimo» rispondo subito, sentendo il mio collega ridacchiare.
«J'espère ça» lo sento sussurrare, mentre gli mollo una schiaffo sulla pelle abbronzata.
«Va bene, ti aspetto allora» replica Edoardo, prima che io chiuda la chiamata di corsa, lasciandomi andare a un gemito sommesso. Il mio collega mi lascia un'ultimo bacio sullo sterno, prima di soffiare sulla mia pelle.
«Devi andare?» Adrien tira fuori la testa da sotto la mia maglietta, incontrando i miei occhi. Io annuisco, mentre lui mi aiuta a scendere dal bancone della cucina. Recupera la sua maglietta da terra, e io invece passo in camera da letto, rimettendomi il mio vestito. Lui mi aspetta all'ingresso già con le scarpe e la giacca di pelle addosso.
E lo giuro, non ci riesco a non pensare a quanto sia bello.
Infilo i miei stivaletti camminando, sotto il suo sguardo divertito. Mi apre la porta, chiudendosela poi alle spalle quando siamo fuori per dare due mandate di chiave e cominciare a scendere le scale, dopo avermi preso per mano, come se fosse perfettamente normale. E io vorrei che lo fosse.
Spuntiamo in un giardinetto che dà direttamente sulla strada che finisce nel parco, uscendo dal cancelletto continuando a tenerci per mano. Camminiamo in silenzio per le strade ombreggiate dagli oleandri, quando a me arriva un messaggio di Anita e la mia felicità si smonta.
Quante volte l'avrà baciata come ha baciato me?
Sono una pessima persona se mi piace il ragazzo che piace a lei?
Ma soprattutto, che succede adesso?

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