35. Baciami

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Adrien Leroy è partito da quattro ore, cinquantatré minuti e ventisei secondi, e io mi sento morire.
Sono stesa sul suo divano, nel suo appartamento, con una sua maglietta addosso, senza di lui però.
È praticamente scappato via, senza darmi il tempo di fare niente. Mi ha lasciata così, senza spiegazioni, senza risolvere quella sottospecie di litigio, e soprattutto; senza salutarmi. Ha preso ed è partito per Parigi, di punto in bianco, senza una ragione apparente.
E io ho ancora addosso quella sensazione di impotenza che mi fa tremare.
Mi sento persa, completamente inutile e sofferente.
Non so cosa mi ha fatto, ma non ho più ragioni apparenti di vita. Non so che diavolo io abbia, ma lo voglio indietro, con me. Voglio sentire il suo profumo, vedere i suoi capelli color miele, gli occhi azzurri che fanno invidia all'oceano e la pelle ambrata. Voglio sentire ancora la sua risata, perché mi sembra di non sentirla da una vita. Voglio abbracciarlo di nuovo, perché mi sembra di essere sempre al freddo se non sono tra le sue braccia. Voglio baciarlo ancora, perché adesso mi manca l'aria senza le sue labbra. Ho solo bisogno di saperlo ancora mio. Mi è successo qualcosa, e ora non riesco più a tornare indietro.
È un brutto effetto collaterale, quello che ho addosso ora.
È come un rimpianto terribile, l'amaro dopo un bicchiere di liquore, i conati nauseanti quando ti senti male, è un macigno che mi appesantisce il petto oscurando tutto il resto.
Fisso inespressiva il soffitto, stesa sul divano bianco, circondata dal suo odore, dalle sue cose, dai miei pensieri contrastanti. È come se qualcosa si fosse rotto.
Marco mi ha baciata, e io l'ho respinto perché non era lui chi volevo sulle mie labbra. Non era il suo dopobarba quello che volevo inspirare, ma l'odore naturale di Adrien perché lui non ne mette di nauseanti dopobarba. Non erano le sue braccia quelle che volevo intorno a me, ma altre, che ormai mi stavano addosso come un guanto. E nonostante io abbia fatto ciò che avrei dovuto fare, tra me e Adrien si è incrinato qualcosa. È un dubbio strano, subdolo, che adesso sembra un muro tra noi, come in quel momento. Si è arrabbiato, e lo capisco, ma non sarebbe dovuto essere arrabbiato con me.
E forse neanche lo era, ma si è comportato come tale.
Nonostante questo, non riesco ad odiarlo né ad irritarmi. Non posso andare oltre lo sguardo gelido che mi ha rivolto, non posso oltrepassare l'istante in cui si è ritratto dal mio tocco.
Mi volto lentamente, prona sul tessuto morbido dei cuscini.
Finisco per addormentarmi così, con una sua maglia addosso e le lacrime che minacciano di traboccare dai miei occhi. Al mio risveglio la luce che filtra dalla portafinestra del salotto mi infastidisce al punto che tiro un urlo di frustrazione. Afferro il mio cellulare, che segnala l'arrivo di un paio di messaggi con due driiin fastidiosi al pari della luce. E l'ennesimo urlo mi sfugge quando il mittente si rivela essere la Tim invece che Adrien. Apro comunque la sua chat e digito le prime parole che mi vengono in mente, senza badare al mio orgoglio, ormai sprofondato da la marea di nostalgia che mi allaga il petto.

Amanda-
Mi manchi.

Adrien visualizza solo dopo un paio di minuti, sveglio anche se sono le sei di mattina. Digita per un paio di secondi, prima che mi arrivi un messaggio che mi scalda il cuore dopo una notte di gelo.

Adrien-
Anche tu mi manchi.

Mi sfugge un sorriso, e non riesco a trattenermi dal lasciarmi andare sui cuscini, contenta come non pensavo più di potermi sentire per un fottuto messaggio.

Amanda-
Come ti senti?

Non ho dimenticato neanche per un secondo che aveva la febbre, e sono sicura che con un volo e il freddo di fine ottobre sarà salita e lui si sentirà uno schifo.
O magari no, perché non sembra sensibile a nulla, certe volte.

Adrien-
Sempre peggio.

Ho un tuffo al cuore, mentre rileggo quelle due parole.

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