Osservo da lontano Adrien parlare con Giovanna vicino ai frigoriferi e continuo a sbattere le uova nella ciotola che tengo appoggiata al braccio, concentrando la mia violenza sugli albumi. Mi fa male il polso, ma continuo a lavorare e guardare la bionda che si spalma sul mio collega per prendere una frusta poco lontana.
Dovrebbe lavorare.
Ma magicamente ha già finito la crema pasticciera.Tommaso mi affianca con un vassoio di crostatine da riempire e un sorriso timido.
«Tutto bene?» mi chiede appoggiandosi al bancone.
«Certo» sbuffo abbandonando i miei albumi sul tavolo. Chiara recupera il contenitore e continua il mio lavoro. «Vado a prendere i lamponi e le fragole. Adrien ha la crema pasticciera» continuo pulendomi le mani in uno strofinaccio. Lui sorride ancora, arricciando il naso, e si dirige verso Adrien e Giovanna. Distolgo lo sguardo, afferrando la frutta fresca e combatto per qualche minuto con un cassetto per prendere un cucchiaio.
Non so esattamente cosa sia andato storto nel tragitto casa-lavoro.
Ma comunque il mio umore è sotto gli scavi romani al momento.Torno da Tommaso, intento a riempire una sac à poche con la crema. Osservo gli involucri di pasta frolla venire riempiti uno ad uno, con una tristezza che fa invidia a una protagonista di un romanzo rosa. Sto così, in stato catatonico davanti a dei cestini alla frutta, per buona parte dell'operazione, tanto che mi faccio pena da sola. Eppure quei cestini mi sembrano così felici anche senza di me.
No, ok, sto delirando.
«Sembra che ti abbiano ucciso il gatto» scherza Tommaso, riempiendo l'ultima crostatina. Il suo sorriso mi contagia un po', così smagliante e divertente.
«Il cane» lo correggo abbassando lo sguardo per non venire sgamata.
«Oddio, davvero?», sbianca, impallidendo sotto le lentiggini castane. Accenno un sorriso e apro il sacchetto di lamponi.
«No, scherzavo» replico osservandolo mentre riprende colore. Rido soddisfatta, godendomi la sua espressione.
Sono cattiva quando sono triste.
«Sei perfida»
«Sono anche una tua superiore»
«Vero» mi risponde prima di cominciare a tagliare le fragole. Ridacchiando impilo un paio di lamponi su una montagnetta di crema. Mentre poggio l'ultimo lampone con delicatezza magistrale una figura mi affianca.«Tranquillo, Tommaso, finisco io qui» la voce roca di Adrien mi fa sussultare, mentre alzo lo sguardo sulla sua figura. Il mio collega abbandona il coltello senza proferire parola e si allontana, scomparendo alla mia vista.
Adesso lo ignoro così tanto che gli faccio dubitare di esistere.
Adrien si sistema accanto a me in silenzio, prendendo in mano il coltello e iniziando a tagliare velocemente le fragole. Mi sta venendo l'ansia che si tagli un dito.
Io odio il sangue.
Ehw.
Smetto di sistemare lamponi e lancio un paio di occhiate al suo viso. Due occhiaie scure albergano sotto i suoi occhi, assieme al colorito di un cadavere. E non posso dire neanche che tutta questa mise gli stia male. Sembra un angelo dannato.
Però ieri sera ce ne siamo andati tutti insieme.
E abbiamo accompagnato noi Anita a casa. Quindi non capisco perché sembri così distrutto.«Stai bene?» gli chiedo sistemando il primo cestino finito su un vassoio bianco. Missione fallita.
Distolgo lo sguardo, in attesa di una sua risposta. Non sono brava a ignorare, lo so.
«No» ribatte poggiando il coltello sul tagliere, si passa le mani sul viso con un sospiro rumoroso. «Mon Dieu, je suis détruit. Je vais me sentir mal» borbotta scuotendo la testa.
Di questo passo dovrò imparare il francese.
«Non ho capito» replico riprendendo a decorare i cestini di pasta frolla.
«Non ti riguarda, comunque» sbotta ricominciando a tagliare le fragole ancora più veloce di prima. Taglia ogni frutto con rabbia, facendo schioccare il coltello sul legno. Dal nervoso schiaccio un lampone facendolo affondare nella crema esattamente come la mia pazienza.
«Non puoi andare più in là?» ringhio sbattendo le mani sul bancone.
«No» replica lui, per la seconda volta. Continua a tagliare fragole finché non ha sminuzzato l'ultimo pezzetto. Lo fa apposta, questo stronzo.
Passa a tagliare l'ananas sciroppata, lavorando a una velocità inimmaginabile.
Mi urta da morire.
Adesso lo spintono così si taglia un dito con quel maledetto coltello.
Prendo un respiro profondo per trattenermi dal spiaccicargli in faccia i cestini alla frutta e continuo a decorare i dolcetti, ignorando il rumore della lama che si infrange contro il legno. Cerco di distaccare la mente da quel fottuto rumore che persiste nelle mie orecchie, passando dal film che ho intenzione di vedere stasera al vestito che aveva Anita ieri sera, senza ottenere risultati.A ora di pranzo sistemo il quindicesimo cestino sul vassoio e sorrido soddisfatta. Il rumore del coltello non mi ha abbandonata neanche per un'attimo, insieme agli occasionali sospiri esausti.
Non capisco se è stanco o incazzato.
Mi lavo le mani nel lavandino più vicino e osservo i miei colleghi abbandonare il laboratorio, lasciandoci soli. Giovanna lancia un'occhiata risentita alla figura di Adrien ed esce sbattendosi la porta alle spalle. Lui, intanto, continua a tagliare frutta senza staccare gli occhi dal tagliere, come ipnotizzato. Muove il polso con movimenti precisi e diretti, inarrestabile. L'unico rumore udibile è quello dell'acciaio contro il legno, la frutta che si spezza, le fibre divise.Osservo le sue spalle, coperte dalla divisa bianca, le braccia scoperte, le vene in rilievo. I suoi lineamenti perfetti sono contratti, come la mascella.
«Non vai a pranzo?» mi avvicino, poggiando le mani sulla lucida superficie di metallo. Lui non risponde, continuando a tagliare come un forsennato la frutta.
«Dovresti riposarti» continuo guardandolo.
Il mio istinto da crocerossina è troppo forte.
«Ti va di mangiare qualcosa?» gli chiedo battendo le dita sul bancone.
Continuo a temere per la sua sanità mentale.
«No, Amanda» ringhia senza staccare gli occhi dal suo meticoloso lavoro. Continua a tagliare la frutta con una precisione spaventosa, tanto che comincio a chiedermi se in Francia non li allenino a questo.
«Ci mettiamo poco» continuo ignorandolo. Nessuno rifiuta Amanda Santoro.«Fanno degli hamburger ottimi qui vicino», alzo le sopracciglia speranzosa, osservando il suo viso stanco contratto in una smorfia concentrata.
Vedo sempre più a rischio quelle splendide dita che si ritrova.
«Non sono male» sospiro sistemandomi la treccia disordinata. «Vieni, allora?» chiedo ancora, poggiandomi le mani sui fianchi. «Adri-»
«Va bene!», esplode lui, sbattendo il coltello sul tagliere di punto in bianco.
Ecco, adesso mi usa come tirassegno per i coltelli da dolce.Il biondo si sfila la casacca bianca uscendo dal laboratorio di fretta, sotto i miei occhi stupiti. Beh, ho ottenuto quello che volevo. Almeno ha smesso di tagliare frutta.
Lo seguo fuori dalla stanza velocemente, raggiungendolo negli spogliatoi con un pizzico di timore. Mi tolgo la divisa il più velocemente possibile, afferrando giacca e borsa mentre lui indossa il chiodo di pelle chiudendo il suo armadietto con un gesto rabbioso.
Dieci minuti dopo sono davvero in via del Tritone affiancata da Adrien, mentre camminiamo tra i turisti. Schivo un paio di ragazze brune e cerco di tenere il passo del mio infuriatissimo collega, che cammina come se ci corresse dietro un sicario. Quando poi arriviamo davanti al locale sono senza fiato, quindi sorrido ed entro per prima.
Me ne pentirò.
Spero di non rimanere accoltellata nel bel mezzo del pranzo.
Anche se la vedo difficile.* Mio Dio, sono distrutto. Mi sentirò male
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Sugar lips
Romanzi rosa / ChickLitAmanda non ha mai avuto una vita particolarmente semplice; non è esattamente fortunata, vanta la conoscenza di ottantaquattro ricette culinarie a memoria e nella sua sfigata esistenza perde e recupera suo fratello come se fosse un guanto. Riuscirest...