41. Amatriciana

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Pov's Logan

"Giuro che è andata davvero così, era così ubriaco che non si ricorda nulla." Racconta Alex ad Addison, che è piegata in due dalle risate ormai.

"Siete stati degli stronzi però voi." Borbotta lei provando a calmarsi.

"Jonathan se lo meritava, una volta ha obbligato Kevin a pulire il bagno di casa di Alex dopo una festa, non lo auguro a nessuno." Ribatto rabbrividendo.

"Ma farlo uscire per strada alle tre di notte con addosso solo un cartello con scritto "sono nato con tre palle" non vi sembra esagerato?" Chiede anche se sembra tutto tranne che dispiaciuta.

"Nah." Risponde Alex stringendosi nelle spalle.

Addison piega le sue labbra in un'altro sorriso sincero che le arriva agli occhi e sento un forte impulso di abbracciarla.
Perché dovrei volerla abbracciare?

Siamo qui da più di tre ore che, grazie ai racconti e al buon cibo, sono passate in un batter d'occhio.

Mi schiarisco la voce, attirando gli sguardi degli altri su di me, e lancio un'occhiata d'avvertimento ad Alex.

"Credo sia arrivato il momento di tornare a casa, andiamo?" Chiedo.

"Anche secondo me." Mi sostiene il mio amico infilandosi il piumino blu.

Io e gli altri lo seguiamo e io poso venti dollari sul tavolo, sotto lo scontrino che Rose c'ha già portato venti minuti fa.

Mentre ci dirigiamo verso l'uscita le strizzo l'occhio e lei scuote la testa divertita, non so da cosa.

"Non facciamo qualcos'altro? Mi sono divertita con voi." Esclama Addison, facendo un leggero broncio, mentre ci avviciniamo al mio pick-up.

"Io non posso, Jake tu?"

Jake mi fissa e deve aver compreso la mio occhiata, perché poi si stringe nelle spalle e sbuffa.

"Meglio che torni a casa perché non voglio fare incazzare ancora di più mio padre di quanto lo sarà già."

Mi mordo il labbro e, dopo aver aperto le portiere dei miei amici, salgo in macchina.

Lí accompagno uno a uno a casa in silenzio, senza contare il volume della radio in sottofondo.

Appena parcheggio davanti al vialetto di casa di Addison lei rimane ferma sul sedile.

Mi mordo ancora una volta il labbro e mi sento rabbrividire.

"Non vai?" Le chiedo nascondendo il sorriso che automaticamente mi si sta creando sulle labbra.

"Ah si scusa." Sussurra prendendo il suo zaino e aprendo lo sportello.

Se lo mette in spalla e poi fa un salto per arrivare sul terreno, perché in confronto al mio pick-up, è una nana da giardino.

Inizia a camminare verso il suo cancello, quando sento il bisogno di fermarla.

"Non mi saluti?" Domando alzando un po' la voce, data la su distanza.

"Ciao." Dice sbuffando.

Prima non voleva scendere e ora è irritata se le chiedo di salutarmi?
Chiarisciti le idee, cazzo.

"Ei aspetta.." Borbotto tirando fuori le chiavi dall'accensione e uscendo dalla macchina.

"Ora cosa vuoi?" Domanda girandosi ancora e posando le mani sulla sua vita stretta.

Faccio pochi passi e, quando sono abbastanza vicino, faccio un'espressione che credo di poter definire broncio.

"Niente, ma cosa ti succede ancora? Stamattina eri nervosa per la scuola, poi l'abbiamo saltata, siamo andati da Rose e stavi bene e ora, di nuovo, sei nervosa."
Sbotto contrariato.

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