Lei

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Il tragitto in auto fu trascorso in assoluto silenzio. Fortunatamente casa di Marika si trovava vicino l'ospedale e quando arrivarono entrambi si sentirono sollevati.

Owen le aveva dovuto prestare una maglietta poiché la sua era finita bruciata dal vapore bollente della macchina del caffè, a quel pensiero una fitta di dolore le colpì la schiena ricordando la sensazione di bruciore e la puzza della sua pelle arsa viva che le pizzicava il naso.

Owen parcheggiò l'auto di fronte al vecchio palazzo dove abitava Marika poi l'aiutò a scendere.

Il piccolo appartamento era esattamente come l'aveva lasciato due giorni prima.

Marika vide Owen osservare qualcosa alle sue spalle, i vestiti che aveva scelto per uscire con lui erano rimasti sul suo letto.

<non fare caso al disordine> disse imbarazzata mentre correva a chiudere la porta della camera da letto.

<no, è carino> ammise Owen sincero.

<ti posso offrire qualcosa?> gli chiese non sapendo bene cos'altro avrebbe potuto dire.

<credo che sia meglio che ti riposi>

<va bene>

<e mi raccomando evita ad ogni costo di sforzare la schiena con allungamenti e quant'altro, ricorda che gli innesti sono freschi..>

<riposo assoluto, ho capito> lo interruppe.

<bene>

Owen era rimasto vicino l'ingresso, un leggero accenno di imbarazzo sul suo viso.

<bè è meglio che vada> annunciò

<si e io che mi riposi> gli sorrise Marika

<ti restituirò la maglietta non appena l'avrò lavata>

<non preoccuparti>

Owen le si avvicinò e le accarezzò il volto cautamente, Marika poggiò il viso sulla sua mano per poi guardarlo di sottecchi.

<torno presto> le promise, poi si avvicinò e poggiò per un instante le sue labbra a quelle di Marika, lasciandola senza fiato.

Uscì velocemente dalla casa non lasciando il tempo di alcuna reazione, Marika rimase sola nell'appartamento, impalata vicino l'ingresso con le labbra ancora in fiamme per quel frettoloso bacio rubato.

Non appena si riprese tirò fuori il cellulare dalla borsa a lo mise a caricare nella sua camera, poi appallottolò i vestiti che erano sul letto e li lanciò dentro l'armadio. Cautamente si tolse la maglietta e si avvicinò allo specchio del bagno. Non appena vide l'immagine riflessa della sua schiena martoriata scoppiò in lacrime. Non era terrorizzata dal suo aspetto perché come lo annoverava la sua fama, Alex era davvero un chirurgo eccezionale e una volta passati i rossori sulla sua pelle non sarebbe rimasta traccia del suo incidente. Quello di Marika era un pianto liberatorio, una volta al sicuro a casa sua si sentì finalmente salva dal pericolo mortale che aveva corso. Certo ogni volta che avesse dovuto prendere un aereo si sarebbe ricordata di quel giorno, come le aveva scherzato Michele Torre, a causa del disco metallico inserito nella sua colonna vertebrale.

Tornò in camera sua esausta e non appena si mise a letto sprofondo in un lungo sonno riparatore.

Il suono del telefono la fece sobbalzare, dalla finestra filtrava dei deboli raggi solari, del tiepido sole milanese, doveva essere primo mattino. Si alzò stancamente dal letto, indolenzita dalla notte di sonno e dal fatto che era costretta a dormire prona per favorire la guarigione delle ferite, posizione che trovava scomodissima.

Un amore di chirurgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora