Epilogo

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Il sole tiepido di Giugno riscaldava la pelle chiara di Marika, provò ad aprire gli occhi ma il sole l'accecava, tastò con la mano in terra in cerca dei suoi occhiali da sole. Strappò un filo d'erba e lo annusò. Avvertì un colpo allo stomaco e istintivamente poggiò una mano sul suo ventre gonfio.

Se si concentrava riusciva a scorgere la forma dei piedi del piccolo che portava in grembo, martellarle la pancia, visibili dal tessuto sottile del vestito aderente che indossava.

Si puntellò sui gomiti per cercare, goffamente, di alzarsi. Aveva le gambe gonfie tipiche degli ultimi mesi di gestazione. Si guardò intorno, parandosi gli occhi anche con le mani. Pochi passi più in là, Owen giocava divertito con il loro figlio, i capelli rossi del tutto simili a quelli del padre e il naso piccolo e all'insù della madre. Impossibile non capire di chi fosse figlio. Owen era intento a spiegargli il gioco del baseball e entrambi ridevano a crepapelle, sembrava lo sfondo di una pubblicità anni '50. Owen e il piccolo si voltarono in direzione di Marika.

<va tutto bene?> chiesero in coro, ma Marika non rispondeva.

<va tutto bene?> ripeterono ma stavolta la voce che uscì dai loro corpi era del tutto diversa, e sembrava al contrario una voce femminile che ben conosceva.


Marika sobbalzò.

<Marika, va tutto bene?> chiese su madre preoccupata, scuotendola dolcemente.

<io sapevo che non doveva andarci> sospirò Clara alla loro spalle.

<Ma-Ma> fece Filippo per attirare la sua attenzione.

<sto bene> sussurrò Marika con voce rotta.

<lo dicevo io che non doveva andare a trovarlo> ripeté Clara scuotendo la testa.

<è solo un po' di ansia> disse la madre di Marika lanciando un'occhiataccia a Clara e una ansiosa alla figlia.

<sei bellissima> sussurrò sua madre con voce rotta, e cominciò a piangere.

Marika osservò la sua immagine allo specchio curiosa.

Indossava un lungo abito in pizzo color panna, lo scollo a V risaltava il suo décolleté, la vaporosa gonna metteva in risalto il suo punto vita e piccoli brillanti illuminavano i decori in pizzo del vestito da sposa. Marika appoggiò una mano al suo ventre delusa, gli occhi rigati dalle lacrime.

<che c'è amore?> chiese sua madre preoccupata.

<è solo un po' di ansia> intervenne Clara alzandosi in piedi. Indossava un abito lungo in raso color giallo canarino e i capelli adesso del suo colore naturale, erano acconciati con due piccole trecce ai lati della testa, intrecciati con due fili dello stesso colore dell'abito.

<ci può lasciare un momento da sole?> chiese alla madre di Marika che uscì dalla stanza lanciando un'ultima occhiata preoccupata alla figlia.

<che succede?> le chiese accarezzandole un braccio.

<ho avuto una specie di sogno> balbettò.

<cosa hai sognato?> le chiese dolcemente.

<eravamo in un prato, lui giocava con nostro figlio mentre io ero incinta> singhiozzò. L'amica l'abbracciò, stringendola delicatamente a sé, attenta a non sgualcirle l'abito né l'acconciatura.

<avresti fatto meglio a non andare a trovarlo stamattina> sospirò Clara.

<avevo bisogno di vederlo un'ultima volta>. Mormorò.

Clara L'abbracciò ancora.

<ho una cosa per te> annunciò, uscì dalla porchette argentea una piccola scatolina e la cacciò in mano di Marika. La scatola conteneva due graziosi orecchini blu.

<lo so che non sono diamanti> rise Clara <anzi sono di bigiotteria anche scadente> spiegò <ma sono vecchi e sono blu, e sono prestati, quindi hai tutto ciò che ti serve per andare all'altare.>

Marika rise e abbracciò l'amica commossa, qualcuno bussò alla porta interrompendole.

Il padre di Marika entrò schiarendosi la voce,era la prima volta che lei lo vedeva indossare un abito elegante. Le sorrise timidamente.

<è ora> annunciò.

Clara si affrettò a sistemarle gli orecchini, e la abbracciò un'ultima volta.

Il padre di Marika la prese per mano e l'accompagnò d'innanzi alla limousine che li stava aspettando all'ingresso dell'Hotel Hilton.

La chiesa era gremita di gente: tutti i medici dell'ospedale erano presenti e gran parte dei parenti di Marika erano saliti da Napoli per assistere alle nozze, tutto ovviamente spesato a carico della coppia di sposi. Alex Mazzi le aprì lo sportello della limousine aiutandola a scendere dall'auto, così come lei aveva richiesto. La consegnò a suo padre che la scortò ai piedi della chiesa. Lì colto da una sana emozione, troneggiava lo sposo. Michele era straordinario nel suo abito blu notte di Versace, attendeva con ansia l'arrivo di Marika sebbene lei fosse puntuale.

La notte del gala, Owen venne investito da un auto, il conducente perse il controllo del mezzo a causa dell'asfalto bagnato. Colpì Owen alla schiena spezzandogli la spina dorsale e facendolo finire in un coma irreversibile. Marika si sentì responsabile dell'accaduto, era stata lei a correre in strada per sfuggirgli, e lui venne investito per inseguirla. Proprio in quel momento il suo corpo si trovava in viaggio verso gli Stati Uniti, dove sarebbe stato affidato alle cure del suo fratello maggiore. Quella mattina Marika aveva deciso di andare a trovarlo per l'ultima volta. Ogni volta rimaneva impressionata dalla quantità di tubi e macchine collegate al suo corpo. Gli strinse per l'ultima volta la mano fredda e gliela baciò.

<ti amo> gli sussurrò tra i singhiozzi.

<ti amerò per sempre, e mi dispiace>. Poi andò via in ritardo per i preparativi delle nozze.

E mentre Owen viaggiava verso la sua fine, Marika viaggiava verso il suo nuovo inizio, accompagnata all'altare da Michele, il quale sorrideva emozionato per tutto il tempo.

Durante la cerimonia Marika si concesse di pensare un'ultima volta alla sua fantasia preferita, concentrandosi bene riusciva a sentire la voce calda di Owen e il suo profumo muschiato, o il sapore dolce della sua lingua. Immaginò di baciarlo e quasi riuscì a sentire le sue mani sfiorarle il viso.

<addio> immaginò di dirgli, lui le sorrise poi svanì.

<vuoi tu Marika Cucé, prendere in sposo il qui presente Michele Torre?> chiese il prete guardandola con aria solenne.

<lo voglio> bisbigliò Marika al microfono.

<con il potere conferitomi dall'unità sacerdotale, vi dichiaro marito e moglie.> proclamò

<può baciare la sposa>

Michele le strinse la mano e sorrise dolcemente, le accarezzò il volto col dorso della mano e infine poggiò le sue labbra a quelle di lei mentre la gente intorno applaudiva e i parenti napoletani urlavano a squarciagola.

Così con quel bacio venne suggellata la loro nuova vita. 

Un amore di chirurgoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora