Capitolo 4 - Musica

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Dentro casa il profumo di mela e cannella che si sprigiona dal forno evoca ancora l'inverno ma fuori la primavera è decisamente arrivata.

Anna posa la torta appena sfornata sul piano di lavoro della cucina e guarda con un piccolo sospiro oltre la grande porta finestra aperta sul balcone: uno spicchio di cielo azzurrissimo e il richiamarsi garrulo delle rondini le regala un istante di perfetta, assoluta serenità; marzo è arrivato e già quasi terminato e ha portato con sé il tepore di giornate più lunghe, di mattinate fresche e profumate di rugiada e di tramonti meravigliosi, infuocati ed eterni, come quella città che sta cominciando ad amare.

Ha ancora un po' di tempo prima di portare in tavola la cena e l'ampio terrazzo è davvero invitante: potrebbe sedersi sul divanetto e godersi i rumori del quartiere che si predispone alla sera: serrande che si abbassano, qualche saluto, e lo stormire delle foglie del parco oltre la strada ormai svuotato dalle vocette allegre dei bimbi e dal cigolare delle biciclettine sgangherate.

Il cellulare trilla un istante prima che si decida ad uscire e lei lo afferra con un piccolo sbuffo, richiamata suo malgrado dal proposito di relax che ha appena formulato.

Osserva il display ed aggrotta leggermente le sopracciglia alla dicitura "Numero Privato" pensando scocciata possa trattarsi di qualche promozione telefonica.
Risponde, non le piace ignorare le persone, ma mantiene un tono di voce guardingo, pronto a declinare cortesemente ogni offerta.

È una voce di uomo a rispondere al suo "pronto", una voce calda e graffiante al tempo stesso, un po' strascicata e con una lieve inclinazione dialettale: "Anna? Sono Giuseppe Conte, si ricorda di me?"


Deglutisce, il battito di colpo accelerato, poi ripete "pronto?" non convinta di aver capito. Riconoscerebbe quella voce tra mille ma non le pare verosimile: il Premier? Che mi telefona? Possibile?


Si perde un istante a pensare se avesse per caso raccontato a qualcuno dei suoi amici di quello strano pomeriggio di gennaio e se qualcuno di loro potesse aver architettato uno scherzo ma scarta l'idea.
Nessuno sa nulla, di quel giorno... uno strano pudore l'ha trattenuta dal raccontarlo. -Per non dover ammettere di aver imprecato e pianto davanti a lui- si è sempre detta.
In realtà, lo aveva compreso da subito ma non voleva ammetterlo nemmeno con sé stessa, è stato per non obbligarsi a pensare a quanto si fosse sentita al sicuro tra quelle braccia forti.
A quanto quel calore e quel profumo le avessero accarezzato l'anima, facendola stare bene, come da tempo non si era più sentita.

Il cuore le accelera ancora quando lo sente chiamare nuovamente il suo nome: "...Anna? ...Giuseppe Conte, quello a cui ha sporcato di trucco la camicia, ricorda?"
C'è una nota di allegria nel suo tono adesso e a lei viene istintivo sorridere, nel rispondere. "Certo... certo che mi ricordo. Buonasera, Presidente" saluta ricordandosi finalmente quale sia il tono consono ad un personaggio della sua levatura "È davvero un piacere risentirla. Cosa posso fare per lei?"

Lui risponde emettendo al contempo uno strano rumore, un picchiettare leggero che rimbomba nell'orecchio di Anna e risuona stranamente anche contro il portoncino d'ingresso. "Intanto potrebbe aprirmi" dice "e poi spero di poter essere io a fare qualcosa per..." Si interrompe quando Anna apre la porta per regalarle un ampio sorriso, morbido di fossette sulle guance e talmente luminoso da illuminargli anche gli occhi scuri e magnetici.

"Mi perdoni, se piombo qui senza avvisare," dice, riponendo il cellulare nella tasca interna della giacca. "Ma non potevo assolutamente aspettare, volevo essere io stesso a portarvi questo. Posso?" Fa un piccolo cenno col mento verso l'interno e Anna si rende conto di essere rimasta imbambolata a fissarlo, esattamente in mezzo alla porta, senza permettergli di entrare. "Ma certo!" sussurra imbarazzata, scostandosi "Si accomodi, prego..." Gli cede il passo e solo allora si accorge che reca con sé una grande borsa di carta bianca.
Ha lo stesso profumo -agrumi e vaniglia e una nota più intensa, bassa, che non le riesce di definire ma che la avviluppa e la fa vibrare dentro - di quel giorno d'inverno, quasi tre mesi prima ed è affascinante come allora: abito scuro e cravatta in tinta, un impermeabile leggero e quel modo di muoversi da pantera nera che rende difficile staccargli gli occhi di dosso.

Il cuore non smette di battere scomposto mentre si volta per richiudere la porta -Come fa a sapere il mio nome? E ad avere il mio numero di telefono? E cosa ci fa qui? Nel mio soggiorno? Oddio, spero di aver almeno spolverato...e spero che l'odore di torta non gli impregni gli abiti...-

Lui riprende a parlare, rispondendo come per magia a quasi tutti i suoi dubbi. "Mi auguro di non aver disturbato" esordisce " Dal profumo che sento nell'aria mi pare di capire che lei fosse occupata...ma avevo il suo numero dallo scorso mese di gennaio, e anche il vostro indirizzo... "

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