Capitolo 2 - Lacrime

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Anna giunse all'ospedale senza essersi quasi resa conto di aver compiuto il percorso.

L'ansia per la salute di Massimo si era sovrapposta allo sforzo per tentare di capire cosa potesse essergli successo, e chi fossero le persone che erano con lui in ospedale.

Proprio davanti al grande ingresso fu affiancata da un gigantesco bodyguard, in abito scuro e occhiali da sole. "La signora Bonomi, la madre di Massimo?" le domandò. Lei accennò un piccolo segno di assenso e lui la prese gentilmente sotto braccio indicandole l'ampio corridoio alla loro destra.

Attraversarono svariati reparti fino a fermarsi di fronte a una porta metallica su cui figurava un cartello bianco con la scritta TAC.

Ad Anna si gelò il sangue nelle vene, il cuore di colpo nuovamente annegato di paura. "Se gli è servita addirittura una tac non mi ha raccontato fino in fondo ciò che gli è successo! "  Sul filo di quel pensiero oltrepassò la porta come una furia, incurante del braccio forte dell'uomo che provava a trattenerla mentre annunciava il loro arrivo nell'auricolare.

Massimo era su una sedia a rotelle, vicino al tavolino della sala d'aspetto, il viso affilato deturpato da un grande cerotto, proteso verso un oggetto scuro appoggiato sul tavolo.

Al suo fianco un uomo alto e dai capelli scuri gli stringeva il braccio con estrema delicatezza, attento a non toccare le bende che gli biancheggiavano sul polso.

Anche l'uomo guardava la stessa cosa che guardava Massimo, ma Anna non badò né al misterioso sconosciuto né all'oggetto nero che, complici le lacrime che le stavano offuscando la vista, davvero non riusciva ad identificare.
"Massi!"

Corse, col fiato in gola, fino a lui e incurante di ogni altra cosa gli cercò i capelli con le mani, mentre si inginocchiava al fianco della sedia a rotelle.
Il ragazzo la lasciò fare per un istante, mentre provava a rassicurarla, rispondendo alle domande spezzate che lei gli rivolgeva. "Sto bene, mamma... sto bene davvero ma...GUARDA!"

Anna seguì la direzione del suo sguardo e le si mozzò il respiro: l'oggetto che tanto preoccupava Massimo era la custodia del suo violino, sbernoccolata e divelta, a mostrare lo strumento altrettanto tristemente devastato.
Il cuore di Anna perse un battito mentre, di nuovo, cercava gli occhi scurissimi di Massimo "Oh no, tesoro... No..."


Giuseppe aveva sentito la porta aprirsi e aveva visto con la coda dell'occhio l'altro suo bodyguard scattare nella direzione della porta.

Gli aveva rivolto un cenno impercettibile, e lui si era fermato senza intercettare la corsa della madre del ragazzo.

L'aveva osservata raggiungerlo e chinarsi su di lui, una massa di riccioli trattenuti a stento in una crocchia morbida e una figura sinuosa che manteneva tutta la sua armoniosa eleganza anche in quel frangente così doloroso.

L'aveva guardata accarezzare i capelli del figlio e aveva visto la stessa sofferenza del ragazzo quando i suoi occhi si erano posati sullo strumento devastato.

Non aveva potuto evitare di accosciarsi al suo fianco e appoggiarle una mano sulla spalla, con tutta la dolcezza di cui era stato capace.

L'aveva chiamata, cercando di mantenere un tono di voce calmo, consapevole di quelle lacrime che lo ferivano nel profondo, anche se non riusciva a comprenderne del tutto il motivo.

"Signora Bonomi... Signora la prego, mi ascolti... Signora..."

Lei aveva mosso piano il viso, quasi faticasse a sentirlo, poi si era voltata nella sua direzione con un movimento aggraziato del collo e finalmente era riuscito a coglierne lo sguardo.
E, sbigottito, si era perduto negli occhi più belli gli fosse mai successo di vedere.

La prima cosa che gli venne in mente, per provare a paragonarne il colore fu il whisky, illuminato dai bagliori del fuoco. Poi l'ambra con le sue infinite sfumature, e infine il topazio, scintillante e meraviglioso.
Occhi da incantatrice di serpenti, da fata o da maga che di certo non avrebbe più potuto dimenticare...
C'erano piccole lacrime lucenti incastonate tra le ciglia che li ornavano e dovette fare uno sforzo enorme per fermare il movimento della mano che dalla spalla dove ancora era appoggiata, si stava levando per lambirle tanto erano inadatte a quello sguardo straordinario.

Lei dovette accorgersene e dovette comprendere  chi aveva di fronte perché, sgranate di colpo le pupille saltò in piedi e scartò indietro finendo rovinosamente con le gambe contro una delle sedie.

"OH CAZZO!!!" esclamò, provando a mantenere l'equilibrio, senza staccare da lui uno sguardo a metà tra l'incredulo e il disperato.

Ci fu un piccolo momento di imbarazzo, interrotto dall'ingresso di un'infermiera venuta a prendere Massimo per l'ultimo controllo prima della dimissione.

Giuseppe ne approfittò per alzarsi e parlare a bassa voce con uno dei suoi uomini, che assentì col capo, poi riferì al collega e con lui lasciò la stanza.

La donna era ancora ferma contro la sedia, aveva scambiato un saluto col figlio promettendogli di attenderlo lì, poi si era asciugata furtivamente gli occhi, infine si era voltata verso di lui, lo sguardo sempre sgranato e un piccolo mormorio indistinto sulle labbra.



Anna aveva seguito con gli occhi l'infermiera e  aveva accennato un saluto a Massimo ma in cuor suo non aveva fatto altro che pregare.
"Ti prego, Signore, ti prego, fa' che non sia LUI!!!"
Si era asciugata gli occhi.
"Fa' che io non abbia gridato CAZZO in faccia al Presidente del Consiglio!!! Ti prego!!!!"

Alla fine aveva dovuto trovare il coraggio di tornare a guardarlo, mentre con un'eleganza felina spianava una piega impercettibile dalla manica della giacca blu notte, pareggiava i polsini fermati dai gemelli e infine, nel venirle incontro piegava l'angolo del labbro sinistro in un affascinante sorriso, permettendo a una delle sue celeberrime fossette di far capolino.

Anna si era sentita perduta "È lui! Oddio! È proprio lui!"

Gli era davvero vicino, ora, poteva sentire il profumo raffinato che permeava dalla sua persona e quello di caffè, ancora sfumato tra le sue labbra.
Le aveva afferrato la mano destra e l'aveva avvicinata impercettibilmente alla bocca, nel suo ormai famosissimo baciamano: "Sono Giuseppe Conte," aveva mormorato, estendendo il sorriso a tutta la bella bocca "È un piacere fare la sua conoscenza, signora."

Anna fu certa di essere sul punto di svenire.
Per alcuni interminabili istanti anzi, lo desiderò ardentemente, sarebbe stato un modo efficace per uscire da quella situazione di estremo imbarazzo.

Provò ad articolare una risposta ma la voce non le venne in aiuto, e nemmeno il respiro.

Di colpo, invece, furono le lacrime a tradirla nuovamente: l'ansia per la salute di Massimo, la tragica scoperta dello strumento rovinato, gli occhi di suo figlio mentre glielo mostrava e quella reazione così fuori luogo, tutto concorse a trasformare il suo tentativo di risposta in un pianto dirotto, incontrollabile.

Non poté trattenersi, rapita da quel profumo, incredibilmente ammaliante e confortante e appoggiò la guancia al petto dell'uomo che le stava davanti.
Ne percepí il calore, sotto la morbidezza del tessuto e sentì, incredula, le braccia di lui cingerle le spalle e stringerle con la forza necessaria a farla sentire al sicuro, e a permetterle di singhiozzare senza freni, certa che in quel rifugio sarebbe stata protetta da ogni cosa.

Naturalmente macchiò di rimmel e ombretto color tortora la camicia Armani del Premier.


Ben ritrovati!
È stata una grande emozione, per me, iniziare quest'avventura…non sono nuova alla scrittura, ma è la prima volta che mi cimento con personaggi (quasi) del tutto originali. Spero che risulteranno di vostro gradimento e spero di riuscire nell'intento di farvi un po’ di compagnia.
A presto! ♥️


CIÒ CHE CONTA DAVVERODove le storie prendono vita. Scoprilo ora