Capitolo 16 - Invisibili

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Dispongo con cura le posate e passo le dita su una piccola piega del tovagliolo fino a quando riesco a lisciarla del tutto. Ho apparecchiato con cura, prendendomi tutto il tempo necessario, meravigliosamente perduta nel silenzio che mi circonda. Questo luogo possiede una magia sottile ed avvolgente a cui è difficile sottrarsi: sono qui solo da un paio di giorni ma la mia anima ne è già completamente soggiogata e so che sarà davvero molto doloroso dovermene separare. Purtroppo però la luce d’oro preludio del tramonto che mi avvolge mi dice che anche oggi è letteralmente volato e il momento in cui dovremo tornare alla realtà è sempre più vicino. Quella appena trascorsa è stata una giornata pigra, deliziosamente inutile e a tratti molto passionale. Sorrido tra me e me, percorsa da un piccolo brivido caldo al ricordo di come è iniziata, con una colazione tardiva, consumata poco vestiti, in piedi in cucina imboccandoci reciprocamente, baciandoci in continuazione e sporcandoci moltissimo, proseguita con una doccia condivisa che si è tramutata in molto altro e che ci ha ricondotti a letto, fino al primo pomeriggio. E probabilmente lì saremmo rimasti per esaudire il desiderio di Giuseppe di ripetere la procedura e verificare eventuali vizi di forma -ha detto proprio così, ripetere la procedura e io ho riso fino alle lacrime salvo poi avventarmi famelica su quelle sue labbra provocanti che tramutavano la parola forma nella più peccaminosa delle tentazioni- se la sveglia del suo cellulare non avesse suonato riportandoci di colpo alla realtà. A malincuore mi aveva confessato di aver dovuto portare con sé del lavoro e di doverlo assolutamente  evadere. “Alla procedura e soprattutto ai vizi” mi aveva sussurrato sornione chinandosi a baciarmi un capezzolo con voluttà “ci torneremo più tardi”
Così avevo dovuto lasciarlo in balia del suo ruolo, che era stato costretto a portarsi appresso, e mi ero ritrovata mio malgrado con un po’ di tempo tutto per me per riflettere e rielaborare ciò che mi ero appena concessa: amare di nuovo e lasciarmi amare, senza remore. Ne erano scaturite azioni e considerazioni interessanti, che di sicuro condividerò con lui, durante la cena. Dò un’ultima occhiata al tavolo apparecchiato, poi mi avvio per raggiungerlo.
Quando mi affaccio alla stanza in cui sta lavorando mi prendo qualche istante per osservarlo prima che mi veda. Gli scopro sul viso la stessa espressione concentrata e assorta che tante volte mi ha rimandato di lui la televisione. Certo, non è nel suo studio e indossa un abbigliamento decisamente più casual ma l'impegno che sta profondendo in ciò che fa è lo stesso: è completamente assorbito da un numero impressionante di carte con cui ha invaso il divano e il tavolino che ha davanti; qualche foglio è finito anche sul pavimento, non so se volontariamente o meno. È una parte di lui che ancora non conosco, non da vicino, ma con la quale dovrò rapportarmi, in qualche maniera. C’è così tanto che dobbiamo ancora imparare uno dell'altra…
Mi schiarisco la voce, per richiamare la sua attenzione.
“Ho preparato una pasta, per cena…ti va?”  Sentendo la mia voce alza gli occhi dal portatile che tiene sulle gambe ma sembra non rendersi bene conto di ciò che ho detto.
“Cena?” mi domanda “Perché, che ore sono?” Sorrido della sua espressione stranita: deve avere perso completamente la nozione del tempo.
“Sono le otto, minuto più minuto meno…ho apparecchiato in veranda.”
Lo vedo chiudere il PC con un gesto secco e alzarsi in fretta, posandolo sul divano dietro di sé.
“Dio, scusami…” mi raggiunge e mi bacia con trasporto “ e dire che volevo cucinare io, stasera… davvero, non mi sono reso conto. Ti ho lasciata sola per un mucchio di tempo.” Rispondo al suo bacio mentre ci avviamo verso il tavolo e lo rassicuro. “ Non mi  sono annoiata: ho fatto il bagno, ho preso un po’ di sole e …ho chiamato i ragazzi. Gli ho detto che ero qui, con te.”
Ci accomodiamo uno di fronte all'altro e lo vedo sollevare un sopracciglio, mentre mescola con cura la pasta e me ne serve una dose fin troppo abbondante. “E…?” Devo abbassare gli occhi per non arrossire “E niente.” Mi rendo conto che mi si sta alterando anche il tono di voce ma non riesco a farci niente: sono in imbarazzo ora come lo sono stata al telefono prima. “Diciamo che, a modo loro, ci hanno augurato di…divertirci”
Gli va quasi di traverso la pasta per quanto ride: evidentemente oltre ad essere arrossita devo aver fatto anche qualche smorfia particolarmente buffa.
“Non c’è niente da ridere” rispondo piccata “Vorrei vedere te se Nicolò ti dicesse…” mi interrompo perché quelle parole lì proprio non voglio dirle e perché temo Giuseppe stia per soffocare dalle risate.
“Perdonami,” riesce a dire, dopo aver bevuto un sorso d'acqua “non voglio prenderti in giro ma dovresti vedere la tua espressione!” Alla fine le sua allegria contagia anche me e sospiro, affrontando con un sorriso i miei spaghetti. “In ogni caso, prima di iniziare a fare i deficienti mi hanno detto di essere molto felici per noi, e di salutarti” concludo.
La sua mano intercetta la mia e vi si posa, l'indice che disegna una carezza lieve sul dorso. “Va tutto bene, allora?” Annuisco, sollevata. Per me è stato importantissimo sapere che una mia relazione con una persona così in vista non fosse per loro motivo di preoccupazione. Averli dalla mia parte è  un punto di partenza fondamentale per fronteggiare tutto ciò che questo rapporto comporterà, e che dovrò affrontare, in qualche modo. La voce di Giuseppe mi impedisce di proseguire in quelle considerazioni non proprio piacevoli, almeno per ora.
“E di Carlotta?  Hai già notizie?”
“No, ho chiamato le ragazze un’ora fa ma le eliminatorie erano ancora in corso.”
Lo vedo corrugare la fronte. “Le ragazze?”
“Le mie amiche, i miei angeli custodi…” adesso è il mio turno di ridere, osservando la sua espressione vagamente terrorizzata. Di sicuro gli stanno tornando in mente gli apprezzamenti nei suoi confronti che gli ho riferito qualche tempo fa. “Anche le loro figlie partecipano al torneo e loro ne approfittano per farsi qualche giorno di mare. È una specie di tradizione..”
Non riesco a terminare la frase, mi interrompe la suoneria dedicata proprio a Lottie. Rispondo con il vivavoce, così che anche Giuseppe possa sentire. Carlotta urla tanto da assordarci: è in finale, con un punteggio pazzesco e domani parteciperà alla gara conclusiva. A malapena riesco a farmi ascoltare per farle le congratulazioni e confermarle che ci sarò, che non me la perderei per nulla al mondo, che di sicuro sarò in prima fila a tifare per lei. Mi stordisce di parole a tal punto che quando attacca mi rendo conto che non sono riuscita a farmi dire un orario di riferimento o una classifica, nulla.
“Puoi sempre chiamare i tuoi angeli” mi suggerisce Giuseppe "Io intanto sparecchio e mi defilo: non vorrei percepissero in qualche modo la mia presenza e si materializzassero qui!”
“Che scemo sei…” gli allungo un piccolo pugno sulla spalla poi, mentre lui comincia a portar via le stoviglie entro in casa e chiamo Claudia.
Ottengo le informazioni che mi servono, ci accordiamo su come incontrarci il giorno successivo e chiacchieriamo un po’.
Uno strano pudore mi trattiene dall’informarla delle novità riguardanti Giuseppe: lo farò con calma una volta tornata a casa, quando avrò compreso io per prima come gestire questa cosa meravigliosa e terribile capitata alla mia vita: innamorarmi di un uomo straordinario ma immensamente differente da me, con una vita complicata e apparentemente lontana dalla mia quanto la luna che occhieggia, luminosissima dalla finestra. È la stessa luna di tre sere fa: per lei non è cambiato nulla, ha continuato a osservarci immutabile e serena nella sua remota bellezza mentre per me sono cambiate un'infinità di cose e chissà quante ancora ne dovranno cambiare. È inutile, per quanto io mi sforzi di non pensarci è a questo che mi conducono i miei pensieri.
Sono sicura di volere Giuseppe nella mia vita, non ho più dubbi sul fatto che vivere il mio amore per lui sia ciò che il mio cuore desidera. Ma conciliare la mia vita e ciò che vorrei condividere con lui -una serie infinita di giorni, e cene, e serate in cui vivere il nostro amore come una coppia qualunque- con la sua carica, e la sua vita di personaggio pubblico, non mi pare agevole da realizzare.
Rimango ad interrogare la luna e il cielo fino a quando sento le sue braccia intorno a me, parecchio tempo dopo. Ha riordinato e terminato il lavoro che aveva lasciato in sospeso prima di cena. Mi stringe e posa il mento sulla mia spalla.
“Sembri così pensierosa…qualcosa non va?"
Sorrido, voltandomi a mezzo per depositargli un bacio sulla guancia poi torno a guardare fuori. Mio malgrado mi sfugge un sospiro, anche se mi sforzo di mantenere un tono leggero. “Sono solo po’ triste al pensiero che tutto questo stia per finire.”
Lui ridacchia “Vorrei sentirmi lusingato, ma sono sicuro che non ti riferisci soltanto alle mie straordinarie prestazioni sessuali…”
Rido, e torno a baciarlo “No, infatti, anche se…non sei affatto male, Presidente…” Per tutta risposta mi ritrovo avviluppata in un bacio caldissimo, e sento le sue mani percorrermi la schiena fino ad arrivare possessive sulle natiche.
Faccio fatica ad interromperlo, ma mi sforzo di riuscirci. “Fammi finire, ti prego” sussurro sulla sua bocca “ è una cosa a cui ho pensato tutto il giorno e…” lui annuisce e le sue mani tornano a stringermi la vita.
Mi volto di nuovo verso la luna, al sicuro da quella bocca tentatrice che è capace di farmi smarrire ogni logica. “Ho amato ogni singolo attimo vissuto qui in questi giorni, insieme a te, al punto da desiderare che il tempo si fermasse. Ma se pure rimanessimo qui solo io e te, al sicuro dagli occhi del mondo, sentirei immensamente la mancanza della mia famiglia” Mi volto e lo guardo negli occhi, ora “Non posso vivere senza di loro, questo credo tu lo capisca.” Annuisce piano e non posso che sorridergli, grata per quanto è capace di comprendere le mie tante contraddizioni. “Così come ho scoperto che non posso vivere senza di te.…”
Lo vedo sorridere, e alzare allegramente gli occhi al cielo. “Sono complicata, lo so. E molto esigente perché dopo aver vissuto tutto questo con te, ora mi piacerebbe, anzi ora voglio con tutte le mie forze, che potessimo essere io e te così come lo siamo stati in questi giorni, ogni giorno.”
Continua a sorridermi, con una strana espressione, come se stesse inseguendo un pensiero che non riesce a fare completamente suo. “E perché pensi che non potremo esserlo, una volta tornati a Roma?”
Il sospiro che mi sfugge adesso è decisamente meno sognante, anzi è più simile a un piccolo sbuffo infastidito.
“Perché saremo di nuovo quelli di prima: tu il Presidente del Consiglio inseguito dai giornalisti, e io la tua nuova fiamma da paparazzare, quella di cui scoprire tutti i segreti…” Abbasso gli occhi sui nostri corpi allacciati, come per trarne forza e sicurezza. “L'ho accettato, ma mentirei se ti dicessi che non ne ho più paura.”
Scioglie le mani dalla mia schiena, avvolge una delle mie, ne sfiora le dita col le labbra poi la porta sul suo cuore
“ Ti fidi di me?” mi domanda.
Non ho un solo dubbio “Certo che mi fido” rispondo “Assolutamente”
Si avvicina alle mie labbra e il suo sorriso diventa più ampio “Allora risolviamo il problema.”
Mi rendo conto di sgranare gli occhi, per la sicurezza che ostenta la sua voce “E come?”
Gli occhi gli si accendono, illuminati da quell’espressione intrigante e sorniona che lo rende irresistibile. Ciò che prima era solo un pensiero abbozzato adesso di certo è diventato qualcosa di concreto.
“Diventiamo invisibili.”

Eccomi, per una volta, spero, non troppo in ritardo. Un abbraccio grandissimo a tutt*, e che siate lettori silenti o fedeli commentatrici, un immenso GRAZIE per la compagnia!
♥️♥️♥️




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