Giulio, quindi, si svegliò di buonumore, quella mattina. Mangiò qualcosa per colazione, si vestì per portare fuori Tchaikowsky e accese il cellulare.
Fu solo allora che capì che quella sera in cui lui era stato così terribilmente tranquillo e calmo doveva essere successo qualcosa di terribilmente sbagliato. Tommaso lo aveva chiamato quarantasette volte, tra le undici e le quattro del mattino.
"Oh porca puttana - disse Giulio, fissando con orrore il numero delle chiamate che brillava sullo schermo - Tchaikowsky! Vieni qui, bello, qui!"
Il ragazzo mise il guinzaglio al cane e si precipitò fuori dall'appartamento di Rufus, verso casa sua e di Tommaso. Sperando che il ragazzo si trovasse ancora lì, perlomeno. Mentre correva verso casa cercò di chiamare Tom, ma non ricevette nessuna risposta. Che cosa poteva essere successo?
Tirò fuori le chiavi appena ebbe imboccato la via di casa e salì le scale insieme al cane, con la milza che gli faceva male e un certo fiatone. Arrivò sul pianerottolo e aprì la porta dell'appartamento, il petto che si abbassava e si alzava velocemente, l'ansia che lo attanagliava. Aveva fatto una delle sue cazzate e si era ferito? Cosa cazzo era successo? Perché non rispondeva?
"Tom? Tom, che è successo?"
Le persiane erano alzate, la luce riempiva la stanza anche attraverso le tende, ma nessuno rispondeva. Solo dopo un attimo Giulio notò sul divano la figura di Tommaso, abbandonata sul divano in una posizione dall'aria tutto meno che comoda, accompagnato da un gran bel quantitativo di bottiglie di vetro.
Il biondo si avvicinò a lui e gli sfiorò una spalla. Respirava, non stava soffocando, non... non stava succedendo niente. Era il caso di svegliarlo? Sembrava di certo aver avuto una lunga nottata.
Giulio decise che la cosa migliore da fare sarebbe stata preparargli un qualche disgustoso intruglio da post-sbornia e aspettare che si alzasse di suo e che gli spiegasse che cos'era successo.
°°°
Lorenzo guardava il paesaggio. Non voleva essere lì. Non voleva affatto essere lì.
Normalmente si sarebbe rifiutato, certo, non era uno che faceva fatica a dire di no. Ma i genitori di Rufus gli piacevano un sacco. Tanto per iniziare non erano seri e alteri, al contrario erano cordiali e allegri, ma non erano affatto volgari o rozzi, avevano un sacco di vinili di musica classica, tenevano la casa in ordine e sembravano di mente molto aperta.
Lorenzo non era uno che pensava spesso quel tipo di cose, ma gli piacevano. Voleva stargli simpatico perché un giorno la realtà tra lui e Rufus sarebbe probabilmente venuta fuori e forse non sarebbe stato poi così male avere un buon rapporto con persone che non sembravano così male.
Però non era pronto a stare su un aereo, con il vento che gli sferzava il viso, un istruttore legato alla sua schiena e il suo pseudo-fidanzato che si era appena buttato verso terra e verso qualcosa di molto simile alla morte.
"No, non credo di potercela fare." si disse. Era così giovane e talentuoso per morire proprio in quel momento... e casa sua non sarebbe forse stata tutta di Iris? Avrebbe buttato tutte le statuette di vetro, quella bastarda.
"Allora, il prossimo sei tu!" disse il padre di Rufus, guardandolo un sorriso che solo un maniaco poteva avere a un altezza simile. Era serenamente seduto di fianco alla moglie, la quale si era premurata di rassicurarlo dicendo che in famiglia andavano a fare paracadutismo almeno tre volte all'anno, e non era morto nessuno.
"Oh non credo di sentirmi bene..."
"Coraggio ragazzo!" disse l'uomo, dandogli una pacca sul braccio "Sono sicuro che andrai alla grande. Sai, tu mi piaci, Lorenzo, sono felice che Rufus stia con te."
Lorenzo si convinse di aver appena ingoiato una mosca. Che cos'aveva detto? Rufus e lui non si erano detti di stare insieme, come aveva potuto Rufus dire prima suo padre che a lui che erano fidanzati? Che razza di situazione senza senso era?
"Non impallidire così, Lorenzo! Ci sono arrivato da solo, Rufus non è molto bravo a raccontare bugie. Non preoccuparti, non mi ha detto nulla, è solo un pessimo attore. Ora andiamo, buttati da questo aereo!"
"Sei pronto?" chiese l'istruttore dietro di lui.
"Diciamo che lo sono." rispose deglutando Lorenzo. I due si buttarono e, logicamente, Lorenzo rivelò il suo miglior urlo da checca isterica.
...
Tommaso si era alzato come uno zombie e accompagnato dalle parole "Cristo" e "cazzo" pronunciate circa una quarantina di volte, a sostituzione di un coro angelico.
Giulio gli aveva già messo sul tavolo la sua personalissima cura già testata per le peggiori sbronze. Un grosso bicchiere d'acqua per aiutare a espellere l'alcool dal corpo, una tazza fumante di tisana allo zenzero e una bella fetta di pan secco per diminuire il senso di nausea, una mela e una pillola di vitamina B per compensare alla quantità di vitamina utilizzata dal fegato per processare l'alcol.
Tommaso andò a sedersi, con Giulio che, a braccia incrociate, restava appoggiato al bancone della cucina. Il più alto sorseggiò l'acqua lentamente, con aria lenta e gesti stanchi. Poi alzò lo sguardo sul suo amico, rivolgendogli un lieve sorriso dall'aria tutt'altro che allegra "Grazie, Giulio."
Giulio scrollò le spalle, come a dire non importa, per te questo e altro. Si chiese se fosse il caso di fare qualche domanda riguardo qualsiasi cosa fosse successa la sera precedente o lasciare che fosse Tom a parlare. Non dovette chiederselo a lungo, perché prima che lui potesse effettivamente prendere una decisione, l'altro scoppiò a piangere come un bambino, ma in silenzio, coprendosi il viso con le mani.
Giulio si irrigidì, non sapendo assolutamente cosa fare. Tommaso era lì davanti a lui, grande grosso e fragile come una bambola di porcellana. Si guardò un po' attorno, poi decise di separarsi dal bancone. Il suo amico aveva bisogno di lui, quella volta. Gli si avvicinò e lo abbracciò, da in piedi, lasciando che l'altro avvolgesse le braccia attorno a lui e gli appoggiasse il viso sulle costole magre, scosso dai singhiozzi. Giulio gli passò una mano tra i ricci, pieni di residui di gel dalla sera prima, senza pronunciare una parola. Voleva essere lì per lui, ma non si sentiva bravo con le parole.
"G-greta e io ci siamo lasciati."
Giulio non rispose, però se lo immaginava. Anche se non riusciva assolutamente a spiegarsi il perché. Tommaso alzò leggermente il viso verso di lui, rosso per via delle lacrime, lasciando che Giulio passasse ad accarezzargli il viso.
Chissà come doveva sentirsi, Tom, per colpa di quella sua paura dannata dell'abbandono. Riguardo certe cose, quel ragazzo sembrava sentire il doppio o il triplo degli altri.
Rimasero così per un po', e Giulio sentiva il corpo dell'altro calmarsi e respirare più lentamente contro il suo, mentre si guardavano negli occhi. Giulio amava perdersi in quelle pagliuzze dorate. Avrebbe solo voluto cancellare tutta la tristezza e la solitudine che vi si celava dietro. Tommaso aveva sempre fatto tanto per lui, e lui, da parte sua, sentiva di non averlo mai aiutato abbastanza.
Si abbassò verso di lui, la mente offuscata da quel pensiero, dal desiderio di farlo stare meglio, e gli lasciò un bacio sulle labbra, rapido, casto. Tommaso sorrise lievemente, e si strinse di più a lui, tornando però in piedi.
"Giulio, non farlo per compassione." disse, eppure un attimo dopo era già più vicino.
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Sunflowers
Teen FictionIl Girasole simboleggia l'allegria, la solarità e la vivacità. Regalare quindi un fiore di Girasole equivale a rimarcare il carattere gioioso e allegro. Carattere con cui, la persona che lo riceve, affronta la vita. Un altro significato del Girasole...