Capitolo 3 . Gennaio 2016

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Ogni mattina, prima di uscire, Lorenzo si esasperava per la polvere.

Mentre beveva il tè si rendeva conto che c'era qualcosa di sporco, o di impolverato, bestemmiava, iniziava a pulire perché la sola idea che la sua casa non fosse linda e splendente gli faceva venire gli incubi, dopodiché si rendeva conto di star rischiando di arrivare al lavoro in ritardo, si sistemava i capelli lunghi, indossava una delle sue giacche troppo eleganti per la maggior parte delle persone su quella terra, la sua sciarpa porpora, e usciva di casa incazzato perché non era stato in grado di finire di lucidare le decine di statue e statuette di vetro che aveva in casa.

Nel tragitto tra il suo appartamento e il teatro si incazzava perché nonostante fosse mattina Venezia stava già annegando di turisti, dopodiché trovava altri motivi per incazzarsi che potevano variare dai tizi che lo guardavano ridacchiando, a chi indossava felpa blu scuro e pantaloni neri, a (e in quel caso era una tragedia) l'ennesimo fottuto piccione che gli cagava sulla giacca.

Infine entrava nel teatro, prendeva un lungo respiro, e ritrovava il suo poco stabile equilibrio interiore. Almeno lì dentro si diffondeva solo silenzio o meravigliosa musica classica.

A Gennaio, come al solito, sarebbe iniziata la nuova stagione dopo i concerti appena prima delle vacanze di Natale, ciò significava nuovi spettacoli da preparare e, soprattutto, nuovi musicisti. Non che a Lorenzo potesse interessare più di tanto, dato che da quando lavorava lì non aveva fatto nessuna vera amicizia.

In compenso si era ritrovato a detestare la flautista che a ogni dannato concerto gli suonava nell'orecchio come se il suo unico obbiettivo fosse quello di farlo diventare il Beethoven dell'oboe. Con lo stesso genio e le stesse orecchie.

Andava bene così, si disse, camminando tra le stanze sfarzose e altissime. Finché poteva stare lì, suonare e creare musica, gli andava tutto bene. E in quel paradiso di teatro, poi! La Fenice, qualunque giovane musicista avrebbe pagato per poter suonare lì, in quella sala azzurra e oro.

"Lorenzo!" si sentì chiamare mentre stava per entrare nella suddetta sala.

Il suo direttore d'orchestra, un ometto con il parrucchino e che usava sfoggiare dei papillon orrendi, camminava con un ragazzo al suo fianco. Poco più basso di Lorenzo ma decisamente più muscoloso, con i capelli neri e un po' di barba.
Carino, pensò subito Lorenzo. Molto carino.

"Salve signor..."

"Lorenzo, saranno due anni che ti dico che puoi chiamarmi semplicemente Beppe. Lui è Rufus, è la sua prima stagione qui. Lavorerete entrambi sullo stesso spettacolo, dato che entrambi siete stati scelti per Lo Schiaccianoci."

Lorenzo sorrise, pensando a quanto fosse orrendo dover chiamare un direttore d'orchestra Beppe, dopodiché allungò la mano verso Rufus.

Il ragazzo si era messo una camicia, forse per fare la figura di quello professionale, ma aveva il colletto tutto storto. Ed era troppo stretta. Però aveva un bel faccino, disse tra sé e sé.

Si presentarono, poi si presentarono entrambi in sala. Come suo solito, Lorenzo scambiò con gli altri solo qualche saluto e qualche parola fredda, eppure tenne tutto il tempo gli occhi su Rufus.

Era un tizio dall'aria seria, tranquillo. Si presentava agli altri ma non sembrava sforzarsi di fare subito l'amicone, nonostante fosse gentile. Questa cosa gli piacque parecchio. Si preoccupò di sembrare uno stalker e tornò a farsi i fatti suoi.

Però cazzo, se era carino.

°°°

Finì per pensare a Rufus per quasi tutto il giorno. Trovandoselo davanti, poi, non era difficile.

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