Capitolo 13 . Marzo 2017

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"È dritta?" chiese Lorenzo, con la voce leggermente attutita dalla maschera.

"Mi sembra di sì."

Stavano facendo gli ultimi preparativi. Indossavano gli stessi vestiti scuri e si controllavano a vicenda per vedere se era tutto a posto.

"Avrei potuto indossare qualcosa di più colorato... - commentò Rufus, sfregandosi i guanti neri tra di loro - Non sono uno da total black."

"Dovevi pensarci prima. E poi faremo un figurone, fidati! - Lorenzo batté allegramente le mani - Andiamo, siamo pronti, no?"

"Pronti."

I due ragazzi uscirono dall'appartamento e anche dal palazzo, trovandosi subito circondati da una marea di persone e colori. Da qualche parte proveniva della musica e quasi tutti indossavano, se non un vero e proprio costume ricco di decorazioni, perlomeno una maschera che copriva la parte superiore del viso, lasciando spazio sufficiente per gli occhi.

Il Carnevale di Venezia correva per le strade, spargendo colori e coriandoli.

Rufus e Lorenzo non avevano mancato di travestirsi ovviamente, e Lorenzo, incredibilmente, sembrava ben disposto a passare la giornata in mezzo a una delle cose che più odiava al mondo.

La gente.

Ovviamente, Lorenzo aveva insistito perché si vestissero in modo coordinato, e perché riuscissero a fare un costume di una certa qualità. Dunque eccoli lì, in eleganti abiti monocromatici e con maschere da medici della peste calate sul viso.

"Pensavo avresti optato per qualcosa di più... non so..." aveva detto Rufus, quando l'altro gli aveva proposto la sua idea.

"Più colorato e stravagante? Nah, io voglio spaventare i bambini."

"Li ami molto, immagino."

"Sono figli del demonio, altro che amore. Fuggiranno da me."

E dunque eccoli lì, a camminare in mezzo alla folla, alle maschere e ai fronzoli, sotto il cielo limpido della prima primavera. Tra tutte quelle persone quasi rischiavano di perdersi e Rufus cercò istintivamente il polso dell'altro, temendo di restare indietro. Lo afferrò e Lorenzo si voltò verso di lui, facendo sì che i lunghi becchi delle loro maschere si scontrassero senza alcuna grazia.

Lorenzo rise, poi i due tornarono a camminare, stavolta stringendogli la mano.

Rufus si chiese se Lorenzo avesse davvero dimenticato la conversazione avuta tempo prima, a Capodanno. Forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa... ma cosa?

Rufus non era chiaro con sé stesso, come poteva anche solo pensare di esserlo con gli altri?

"Ehi - Lorenzo lo richiamò alla realtà, la voce resa ovattata dalla grossa maschera nera - Hai visto quel costume laggiù?"

Lorenzo parlava con aria entusiasta. Adorava senza cercare di mascherarlo i costumi elaborati che lo circondavano, e si guardava attorno sventolando l'ingombrante becco un po' ovunque. Rufus cercò di immaginare il suo sguardo, che si figurava simile a quello di un bambino a un parco giochi, emergere da sotto la maschera.

"Ah! - disse a un certo punto - Guarda! Bambini! Facciamoli fuggire come i bastardi che sono!"

Rufus si lasciò trascinare dall'altro, dal suo entusiasmo e dalle sue battute. In particolare, dalla sua insolita mancanza di nervosismo. Quella sì che era strana.

La presenza del ragazzo, quel giorno, gli portava più felicità del solito.

Lorenzo, a costo di divertirsi con addosso il proprio bel costume e di farsi fotografare dai turisti che normalmente avrebbe affermato di voler fucilare sembrava aver messo via buona parte della sua irritazione verso il cosmo.

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