Prologo.

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Novembre.

Quando da piccoli si fa amicizia non ci si chiede mai davvero cosa questa sia. Si conosce qualcuno, ci si dice i nomi e da quel momento in poi tutto quello che farai sarà: giocare, ridere, scherzare con quella persona, fino alla nausea.

Quando da piccoli si cerca l'amore non ci si chiede mai cosa questo sia, in realtà l'amore non si cerca, è lui a trovare te, quando meno te lo aspetti, ti salta addosso, ti avvolge rendendo tutto rosa, come nei film.

Quello che però lega le due cose è quella linea sottile che involontariamente si va a creare. Da una parte la linea che definisce l'amicizia, che si chiude in un cerchio e dall'altra quella che dà vita all'amore, creando così a sua volta una moltitudine di cose insieme.

Nella vita però, si sperimenta l'amore sotto diverse forme ed è per questo che molto spesso ad esso non si può dare una vera e propri forma.

Quando per la prima volta vidi il sorriso di quel bambino ne fui immediatamente colpito. Non so quanti anni avessimo, non so nemmeno il motivo per cui mia madre mi presentò a lui, l'unica cosa che ricordo con certezza è il suo sorriso che, scolpito come nella pietra, rimase un punto fisso nella mia memoria.

Eravamo ad una festa, o almeno così ricordo, lui era seduto in disparte, lontano da occhi indiscreti, come se tutto ciò che lo circondasse per lui non significasse nulla.

Ricordo che mia madre mi si avvicinò, prendendomi per mano, piano con la dolcezza che la contraddistingue ancora oggi, e mi fece conoscere così Cesare.
Mi lasciò, dopo poco, da solo con lui mentre distratto giocava con qualcosa. Non dissi una parola, non emisi nemmeno un fiato e lui da solo, alzò lo sguardo lasciando cadere distrattamente i suoi giochi e mi sorrise. Un sorriso dolce, come quello di qualsiasi bambino, solo che il suo era in qualche modo speciale. Disse di nuovo il suo nome, Cesare, e solo allora io gli dissi il mio, Nelson.

Da quell'avvenimento sono passati anni, che alle volte mi sembrano secoli, eppure ogni volta che lo guardo sorridere la sensazione che provo è sempre la stessa: pace, calore, conforto, sicurezza, amore. Come se quel sorriso potesse illuminare il mio cammino.

‹‹Ehi, Nels›› mi sentii picchiettare sulla spalla ‹‹guarda che stiamo parlando con te›› trasalii tornando a fissare gli altri.

‹‹Scusate stavo pensando ad una cosa›› sorrisi abbassando di nuovo lo sguardo.

‹‹L'abbiamo notato››

Cesare mi fissò interrogativo, voleva sapere, era curioso come al solito. Mi guardava come a chiedermi se andasse tutto bene, come se qualcosa non andasse, e forse era vero, però in realtà in quel preciso momento andava tutto bene.

‹‹Comunque, stavo dicendo che dato che ci siamo rinchiusi qui dalle dieci di questa mattina sarebbe ora di tornare a casa›› Tonno attirò la mia attenzione, quell'affermazione aveva svoltato la serata.

Raccogliemmo le ultime cose per lasciare lo studio per lo meno in ordine e dopo aver chiuso ci salutammo dandoci appuntamento per il giorno seguente. Cesare mi fece cenno di salire in auto e come un cagnolino obbediente non me lo feci ripetere due volte. Si, so che detto così sembra strano però da quando ci conosciamo alla fine sono sempre io che appena lui mi dice cosa fare, la faccio. Sorrido a Nicolas prima di catapultarmi sul sedile del passeggero, gettando con noncuranza tutti i miei averi sul sedile posteriore.

‹‹La cintura idiota››

‹‹La stavo per mettere›› dico facendogli la linguaccia.

‹‹Certo, come le ultime venti volte che ti ho accompagnato a casa›› sorride ingranando la marcia. Avevamo preso la malsana abitudine di andare a lavoro insieme, alternavamo le auto così che alla fine entrambe venissero usate, ma la maggior parte delle volte Cesare guidava, anche se era la mia auto, guidava sempre lui, e non so perché ma mi piaceva quando guidava.

riptide || celsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora