Capitolo 40

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Credo che qualcuno lassù mi stia sorvegliando perché riesco a trovare un taxi disposto a portarmi fino al castello in piena notte in un giorno festivo.
Il tragitto sembra il più lungo che io abbia mai fatto in vita mia nonostante questo percorso lo abbia fatto parecchie volte.

Quando arrivo a palazzo ci sono poche luci accese, vuol dire che molti dei invitati se ne sono andati.
Pago la corsa e mi fiondo nel castello passando dai miei alloggi, il salone è semi vuoto ci sono persone della servitù che stanno ripulendo.

Riesco a vedere Noah in disparte, in un angolo con un bicchiere mezzo vuoto in mano osservando il nulla, mi avvicino a lui e riesco a sentire subito il suo profumo che mi è mancato da morire e sento subito le lacrime assalirmi gli occhi.

Gli tocco il braccio e lui si volta verso di me <Luna> i suoi occhi sembrano colmi di gioia, gioia di vedermi ma poi tutto svanisce, diventano freddi e distanti facendomi morire ancora.

Si guarda intorno e poi mi trascina su per le scale, continua ad osservare a destra, sinistra e dietro di noi per poi trascinarmi in camera sua e chiudere la porta a chiave. Una volta sentito lo schiocco parlo <Dimmi cosa sta succedendo> mi guarda dispiaciuto <L'hai saputo> borbotta tra se e se <Non volevo che lo scoprissi in questo modo, avrei voluto dirtelo io> continua avvicinandosi di un passo verso di me <Cosa, Noah?> chiedo con voce flebile, sono stanca, quasi distrutto per tutte le emozione che ho provato in queste tre ore, che spero, con tutto il mio cuore, che nulla sia vero <Forse è meglio parlarne domani, con più calma, sei molto stanca> quando mi accarezza il volto sento tutta la rabbia salirmi nel petto <No, se hai qualcosa da dire abbi il coraggio di dirlo ora> stringo i pugni lungo i fianchi.

Emette un leggero sospiro come se dovesse prendere coraggio

<Questa cosa, tra di noi, non credo possa andare avanti> sembra dispiaciuto quando lo dice come se fosse una cosa non voluta da lui <Cosa?> boccheggio, ho bisogno d'aria, quella che c'è qui intorno sembra che non abbia intenzione ad entrare nei miei polmoni <Mi dispiace, veniamo da due mondi diversi, sono un principe, ho dei doveri da onorare. E purtroppo se ho te al mio fianco non posso realizzarli> non riesco a riconoscere il tono della sua voce, non ha sentimento, è piatta senza vita <Non puoi dire sul serio> stento a riconoscere la mia voce, è tremolante, disperata <Non avrei dovuto far passare così tanto tempo prima di troncarla> questa frase è stato il colpo di grazia, un pugnale conficcato direttamente nel mio cuore, ed è stato lui a infilarlo.

Non riesco a pronunciare nient'altro, sono in preda alla rabbia, confusione, tristezza. Non voglio più guardarlo nemmeno in quei suoi bellissimo occhi azzurri, lo sorpasso e apro la porta per andarmene <Luna mi dispiace> riesco a percepire questo flebile mormorio prima di lasciare le sue stanze a correre verso la mia camera.

Quando entro ormai le mie lacrime scorrono veloci e non so spiegarmi il motivo per cui mi giro verso la libreria come se sapessi cosa c'è li. Mi avvicino e afferro la fotografia, come i primi giorni in cui sono arrivata.
Qui siamo più grandi, precisamente è un selfie scattato da Noah, sorridiamo, anzi, io sorrido, lui guarda me e i suoi occhi brillano. Forse è stato scattato pochi giorni prima che la regina ci beccasse sotto la quercia.

<Guarda che bel fiore> Noah raccoglie un fiore viola dal prato e cerca di infilarmelo tra i capelli dietro l'orecchio <Ti sta d'incanto> dice sorridendomi, le farfalle iniziano a volarmi nello stomaco, mi sembrava di fluttuare tra le nuvole <Davvero? Fa vedere> le mie guance arrossiscono all'istante, Noah estrae il suo cellulare della tasca dei jeans e mi scatta una fotografia <Guarda>. Nell'immagine non sembro nemmeno io, ho i capelli scompigliati dal vento, con una mano cerco di sistemarli mentre un fiore giace tra di essi <Okay, ora eliminala però> dico dopo averla esaminata per bene <Non ci penso nemmeno, anzi ne voglio anche una assieme> allunga un braccio con il cellulare in mano, la telecamera verso di noi. Mi metto in posa, sorrido ma non mi rendo conto della sua espressione, forse perché non me l'ha mai fatta vedere.

I ricordi affiorano prepotenti e le lacrime scendono più forti, non posso rimanere qui, non stasera, tutto mi ricorda lui, riesco persino a sentire il suo profumo. Silenziosamente lascio la foto dove l'ho trovata ed esco, l'aria fredda mi colpisce in faccia come uno schiaffo ma è come se fosse il peggiore dei mali. Iniziò a correre nell'unica direzione che conosco.

Attraverso il piccolo boschetto nel fitto buio delle 4 di mattina, c'è un'umidità talmente forte che ti entra nelle ossa, cerco di mantenermi calda correndo ma non funziona molto. Per fortuna arrivo al ranch, non c'è nessun cavallo fuori, qui tutto tace.

Vado verso la piccola casetta di Eduard e busso sulla grande porta in legno, devo farlo un paio di volte prima che la faccia assonnata del mio amico mi apre la porta <Luna?> si strofina gli occhi come se non riuscisse a capire se sia realtà o finzione <Non sapevo dove altro andare> dico singhiozzando <Entra> Eduard si fa da parte e mi fa entrare, casa sua è calda ed accogliente, ci sono delle travi a vista, un caminetto dove ormai ci sono solo delle ceneri, la cucina piccola ma in ordine è insieme al salotto dove c'è un enorme divano a L. È proprio qui che mi fa sedere <Che è successo?> mi chiede sinceramente preoccupato <Non hai visto nulla in tele?>

<Avrei dovuto?> stranamente non sa nulla, è proprio vero che non è un fanatico della tv.

Inizio a raccontargli ogni cosa, dell'annuncio in diretta e delle conferma di quando sono tornata qui, delle sue espressione, dalla sua voce e al fatto che non riuscissi a stare sotto il suo stesso tetto
<Che idiota> borbotta Eduard prima di stringermi in un forte abbraccio <Sei stato troppo delicato> dico tirando su col naso il muco che mi colava per il pianto.

<Posso stare qui questa notte?> chiedo timidamente <Certo, tutto il tempo che vuoi> mi accarezza il braccio e si alza <Puoi stare qui sul divano, è molto comodo, te lo garantisco> mi schiaccia l'occhiolino prima di spostarsi <Grazie, sono in debito> dico accomodandomi meglio.

Eduard sparisce dietro una porta per poi riapparire con un cuscino e delle coperte in mano <Tieni, copriti e riposa> mi lascia tutto accanto a me e sparisce in camera sua dopo avermi augurato la buonanotte.

Mi sistemo e rimango ad osservare il soffitto, sento il cuore in frantumi, mi sembra di avere il vuoto dentro di me. I sentimenti per Noah sono sempre stati forti, come un uragano ed ora che se n'è andato ha portato via tutto. Credevo in noi, ci credevo così tanto. Piango ancora, in silenzio per non farmi sentire, piango fino a che non ho più le forze per tenere gli occhi aperti.

Sarò io la tua principessa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora