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17/03/2000.
Mi alzo da un letto che non è mio, è ancora buio e ho paura: vedo delle ombre strane e minacciose che cercano di prendermi ed afferrarmi. Chiudo gli occhi, ripensando a casa mia: perché sono qui? Perché mamma e papà non mi vengono a prendere? Me lo avevano promesso. Riapro gli occhi e ci sono ancora le ombre. Mi stringo il pupazzo che mi ha dato Mario, mi alzo piano dal letto e mi intrufolo nel corridoio, decorato con immagini di Gesù, Maria e il crocifisso. Mi mettono un po' di ansia ma proseguo. C'è una suora all'ingresso della camerata dei bambini. <Posso andare da Mario?> le chiedo. Mi guarda stranita, poi volge lo sguardo all'orologio della sua parete. Non so leggere né i numeri né le lettere, ancora, ma dalla faccia che fa percepisco che è veramente tardissimo. <Tesoro non puoi entrare> mi sussurra. Mi si riempiono gli occhi di lacrime: non ci voglio tornare al buio, in quella stanza gigante con quelle ombre, voglio mamma e papà. O quel bambino carino, Mario. <Per favore> mormoro. Lei mi guarda, poi rivolge lo sguardo alla stanza gigante dei ragazzi, uguale alla mia ma molto più piena. Un bambino si alza e mi nota. Zampetta scalzo fino al corridoio. È lui! <Ciao, non volevo svegliarti> biascico, non appena mi raggiunge. Scuote la testa, poi mi prende per mano. La suora si guarda intorno, timorosa, con il sangue sicuramente ghiacciato nelle vene. Poi guarda noi e sembra che le sue spalle si rilassino. Mario mi fa coricare nel suo lettino stretto, mi accoccolo a lui: lo conosco da poco, pochissimo, eppure è l'unico che mi ha accolto. Mi prende una mano piccolissima. E mi addormento.
****
Il sole mi infastidisce, così come il rumore di una suora che ci chiama a gran voce per andare a fare colazione. O meglio, chiama i ragazzi. Mario non c'è, al suo posto una folla di bambini di ogni età mi fissa, fissa me, una bimba di 5 anni che dorme nel letto di uno di 6. Una bambina. Mi alzo, sconvolta. Non ho il tempo di dire nulla che una suora mi prende letteralmente dai capelli trascinandomi nella mia stanza gigante, sotto lo sguardo di tutti. Sento la suora amorevole che mi difende, sento le risatine dei bambini e delle bambine più grandi, sento la presa sui miei capelli. E sento i passetti di Mario. Io mi divincolo, piango, invoco l'aiuto di una mamma e di un papà che non ci sono più, che mi hanno lasciata qua, sola ed unica al mondo. Anzi no, sola e mischiata ad un mondo che non appartiene a me. Mi chiudo nella stanza, vuota, con la luce soffusa. <Fai la preghiera e chiedi scusa> urla la vecchia che mi ha afferrato per i capelli. Non sto capendo nulla di quello che mi dice: ho solo 5 anni. Continuo a piangere e strillare, invocare aiuto, dall'esterno della stanza bussano forte.
Dopo quello che mi pare un'eternità, si sente un rumore di chiavi e la suora amorevole mi corre incontro. Mi porta a fare il bagno, mi dà dei vestiti puliti e da mangiare. Mi sento peggio del giorno prima. I volti dei miei genitori si stanno sbiadendo: sono una bambina d'altronde, una bambina di 5 anni sola e allo stesso tempo circondata da altre persone. Non so che ore siano quando esco in cortile, ma il sole è fermo nel cielo e dà un leggero tepore. I bambini e le bambine si rincorrono e giocano, io mi siedo in un angolo dove ci sono delle piante appassite e mi stringo il peluche. Tutti mi guardano, ridacchiano, ma insomma ho 5 anni! Che avrò fatto mai? Voglio solo tornare a casa.
Una suora si accorge del mio disagio e si siede accanto a me. <Dove sono mamma e papà?> chiedo, sul punto di piangere. Lei mi abbraccia. Allora capisco. Capisco che non torneranno, che sono davvero sola, mischiata ed unica al mondo. Capisco che devo tirare fuori una forza che non ho, costruirla mattone dopo mattone. Mi guardo intorno, osservo il cortile e mi dico "casa".

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