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Fu difficile per me, fu difficile per Mario, fu difficile per chi mi voleva bene e mi stava intorno. Ma non riuscii a smettere. Era un'ossessione continua: la cercavo quando non la avevo, ne volevo ancora pur avendone tanta. I soldi iniziai a procurarmeli con qualche lavoretto del fine settimana, come cameriera o ragazza delle pulizie. Nel frattempo, entrai nel giro dello spaccio, che mi trascinò ancora ed ancora con sé in un buco nero, in una spirale senza fine dove se cercavo di migliorare, venivo risucchiata.
Mario non si stancò mai, così come Diego, di farmi smettere, di starmi accanto.
Mi fecero andare da una psicologa, che odiai.
Mi mandarono in un centro di recupero, che amai: pensavo di star ritrovando un punto di svolta, ma tornò mio padre.
Da quel poco che so, i miei si sono amati fino a quando non sono nata io, ovvero quando mia madre ha scoperto che mio padre la tradiva con la vicina, nonché migliore amica di mia madre. Inizialmente, tentarono di crescermi al meglio, tentarono di darmi una famiglia. Rinunciarono: mio padre non sopportava il fatto che necessitassi così tante attenzioni, così tanti riguardi. Decisero di darmi in affidamento, in adozione.
Poi si separarono qualche anno dopo, quando entrai alle superiori. Iniziarono a cercarmi di nuovo, senza trovarmi. Fino a quando non mi trovò mia madre. Mi reclamò senza successo, poi passai in custodia a Mario. Fino a quel giorno.
Durante l'orario delle visite, la solita infermiera, Martina, una ragazza giovane e solare, venne a chiamarmi. <Ma oggi non aspetto nessuno> replicai perplessa, posando il libro. <C'è un uomo che dice di essere tuo padre. C'è la sicurezza per qualsiasi problema>.
Non appena entrai nella sala comune, un uomo alto, moro e con gli occhi chiarissimi mi si parò davanti. Aveva una faccia spaventata, allo stesso tempo piena di aspettativa. <Aurora> mormorò, tentando di stringermi a sé. Rimasi distante, mentre mi grattavo le braccia piene di buchi. Alla loro vista, scoppiò a piangere, si scusò innumerevoli volte, chiese una seconda possibilità. Scossi la testa, e quando tentò di riavvicinarsi chiamai la sicurezza. Sparii di nuovo, come aveva fatto quella volta alla casa famiglia. Mi sentii leggera, ma incompleta, di nuovo, senza possibilità di redenzione, che avevo negato a tutta la mia famiglia, il motivo di tutte le mie insicurezze.

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