10.La libertà (Marco Masini)

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Roma, 1993

Marta e Gaia. Gaia e Marta. Erano state sempre insieme, sin da piccole. Amiche per la pelle, di quelle che amiche che ce ne sono poche al mondo. Poi un giorno, Gaia, quando avevano quindici anni ed erano a Circo Massimo, afferrò Marta per il viso e le stampò un bacio sulla bocca di quelli che è difficile dimenticare. Marta era rimasta inebedita e senza parole, poi si era passata una mano sulle labbra e se l'era guardata con disgusto. Da quel giorno non si erano più parlate ed erano passati cinque mesi. Era estate e faceva un caldo mortale, ma erano quelle estati romane dove tutto era bello, dove in città c'erano pochi romani e quei pochi rimasti ammiravano la città eterna come se non fosse la loro, come se fossero soltanto turisti.

Gaia aveva provato tante volte a citofonare a Marta o a chiamarla a casa, ma rispondeva sempre sua madre che dal tono di voce sembrava a dir poco schifata e negava a quella ragazza, che era stata quasi una figlia per lei, la voce di sua figlia.

<<Non ce sta, Marta. Inutile che chiami.>> E riagganciava.

Gaia urlava nel cuscino e si sentiva terribilmente sola. A chi poteva raccontare la verità? I suoi genitori le chiedevano insistentemente perchè Marta non veniva più a trovarla e Gaia rispondeva solo che avevano litigato.

<<Sei un disastro, Gaia amore mio.>> Le diceva sua madre. E lei correva davanti allo specchio e sì, era brutta. Ed era dimagrita.

Il sole filtrava dalle tapparelle tutte le mattine e tutte le mattine gli uccellini fischiavano, ignari della sofferenza che c'era al di là di quelle pareti. Non era solo per il rifiuto del bacio o dell'amore, Gaia era provata anche dal fatto che quell'amicizia non sarebbe più potuta essere recuperata. Amiche sin da quando avevano sei anni e ora sembrava tutto sfumato.

Un pomeriggio d'agosto, decise di uscire da sola. Quella casa cominciava ad essere troppo soffocante per lei e per i suoi pensieri. Passò per il lungotevere dove le coppiette si stringevano la mano e si baciavano all'ombra dei pini, attraversò piazza Navona, Via del Corso e arrivò a Teatro Marcello, il secondo Colosseo. Lo ammirò un pò, poi arrivò a Circo Massimo e si sedette: ripensò a quel giorno e ricordò anche l'esatto punto in cui aveva baciato Marta. Ora in quel punto c'era una distesa arida e gialla così come era il suo cuore. Strinse a sè le ginocchia e ammirò la sua Roma e in quel momento si sentì libera. Libera come forse non era mai stata: libera di essere se stessa, di amare chi voleva anche se non ricambiata. Ma quando il suo pensiero volò verso la sua amica, verso la ragazza di cui si era innamorata capì che libertà non era sinonimo di solitudine, perchè due persone innamorate o due persone inseparabili, la libertà ce l'hanno lo stesso. E quale libertà migliore dell'amore in ogni sua forma? Fece un grande respiro e quasi le sembrò che Roma respirasse con lei, poi si alzò, si pulì i pantaloni sporchi di terra e decise di tornare verso casa. Fece qualche passo e quello che vide la lasciò senza fiato. Davanti a lei c'era Marta che alzò una mano in cenno di saluto, poi sorrise. Eccola là, la libertà.

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