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" Life it's like a game of cards, the hand you se dealt is determinism; the way you play it is free will."
- J. Nehru

« okay, Peter, è il tuo turno » alzo gli occhi sul ragazzo corvino intento a fissare il suo mazzo di carte, quando un coro di "oohh" si fa largo per tutta la tavolata dell'amico di Josh; « William squalificato ragazzi » Josh ritira il mazzo di carte dal concorrente che è appena stato squalificato, e il gioco continua.

Rimaniamo in quattro: io, Peter, David e Josh. Si, si è offerto di giocare promettendo di dare il premio a me in ogni caso, in modo di avere più possibilità di vincita, e gliene sono immensamente grato.

« Styles » alzo gli occhi su David, le sue pupille nere si dilatano formando un constrasto con i suoi occhi azzurro chiaro, i capelli rossi gli cadono sul viso occupato da un'espressione cupa e preoccupata, tanto che mi guarda senza dire nulla.

okay, Harry, è il tuo turno, concentrati, per Gem

« per Gem » ripetetti in un sussurro prima di osservare il mio mazzo di carte ed estrarne una che mi sarebbe bastata a squalificarlo.

« David » inizia Josh
« Il cazzo » sbraita lui lanciandogli le carte in faccia, prima di sedersi sul divano e starsene zitto.

perfetto, rimaniamo tre, o meglio, due

faccio l'occhiolino a Josh che subito ricambia il mio sguardo d'intesa e riprende a giocare.

Dopo svariati turni finalmente le carte diminuiscono, Peter non sembra affatto spaventato, anzi, sembra voler vincere a tutti i costi questa cazzo di sfida.

« Josh » e, senza dire nulla, Josh abbandona la sua postazione e si dirige da David sorridendomi

porcatroia infame del cazzo torna qu-

« Styles è il tuo turno » alzo lo sguardo dalle mie carte e faccio per arrendermi, quando un piccolo particolare si fa largo nei miei occhi, rifletto per un paio di secondi e mi decido

« purtroppo si vive una volta sola »  attesi secondi interi prima di sentire Josh pronunciare il nome del mio avversario, naturalmente consapevole di essere appena stato squalificato da me

cazzo da me
Harry Styles andrà alla Rhole
CAZZO CO POSSO ANDARE

senza aggiungere nient'altro mi alzo dalla mia postazione e corro in bagno a chiamare mia sorella. Gemma mi ha severamente imposto di non chiamarla mai e poi mai se non si tratta di una vera e propria emergenza, per questo è sempre lei a contattarmi e non viceversa.

« Harr- » non la faccio finire di parlare che la interrompo con la mia super news « verrò alla Rhole » sembrano passare minuti interminabili alla sua risposta
« li hai convinti? » e per un momento credo di aver trattenuto il respiro
« non proprio » sorrido di sghembo
« cosa intendi dire per non proprio Hazza? » sembra preoccupata, ma il suo tono rimane calmo e gentile,
« ho vinto una partita a carte e di conseguenza un posto alla Rhole » cerco di divagarmi il più possibile per evitare ragazzi dai capelli rossi e occhi azzurrissimi,
« ti chiamo più tardi e mi spieghi »
detto ciò riattacca.

« Mamma » la donna intenta a spolverare il divano si ricompone e mi dona uno dei sorrisi più sghembi, incitandomi a continuare
« ricordi ciò di cui abbiamo parlato a tavola? »
scoppia a ridere come una di quelle donne americane degli anni sessanta, il che mi irrita alquanto; è strana, leggermente barcollante e i suoi occhi hanno una luce diversa dal solito, negativamente parlando.
« tesoro, parliamo di così tante cose che tra poco mi dimentico anche di aver cenato ieri » gli occhi rossi e lucidi la fanno sembrare una donna desolata, depressa; aggettivi non combacianti con mia madre; ma detto ciò ritorna alle sue faccende domestiche, e io decido di parlarne meglio a cena, con mio padre presente.

7:45 am

« Harry, la cena »
la voce ferma di mio padre mi fa distrarre dal programma televisivo che sto guardando da più di trenta minuti, tanto che mi alzo e mi dirigo in cucina.
La tavola è apparecchiata solo per due, il che è al quanto strano dato che mamma gironzolava per casa circa tre ore fa.
« dov'è la mamma? » chiedo mentre l'uomo prende posto di fronte a me,       « dorme, non si sentiva bene »
mimo un " oh " con le labbra e continuo a mangiare la mia schifosissima pasta al pesto; mio padre è sempre stato un terribile cuoco d'altronde.

« mh, senti papà » lui alza lo sguardo verso di me incitandomi a continuare, così gli racconto tutto quanto, gli racconto della partita e della ricompensa, il tutto accompagnato dal suo sguardo interessato,
« chiedi a tua madre » e i suoi occhi si rimpuntano sul suo piatto.
Dopo circa un minuto inizia a rivolgermi degli sguardi strani, come quei meme del cazzo che inviano sui gruppi perversi

« ci va la tua ragazza? » quasi sputo l'acqua nell'udire quelle parole, ma rimango abbastanza lucido per scuotere la testa vigorosamente

« no, papà, cosa ti salta in mente?! »

non credo nemmeno mi piacciano le ragazze... non del tutto

« si fa per dire » e alza le spalle in segno di scherno.

« si, come no ».

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