Bucky Barnes [💚 verde]

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Le porte automatiche si aprono e un'arietta fresca mi colpisce il viso.
Esco pian piano da quell'edificio che odio tanto, ma che allo stesso tempo dovrei ringraziare.
Cammino a passo lento guardandomi attentamente intorno.
Da quanto tempo non esco? Un mese... o forse più?
Attraverso la strada e arrivo nel parchetto che vedo ogni giorno dalla mia finestra. Trovo una panchina e mi siedo delicatamente. Mi tolgo i tubi dell'ossigeno dal naso e li metto nella borsetta che ho perennemente con me.
Faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi. Il verso dei grilli, il fruscio delle foglie sugli alberi e l'aria fresca... non potevo desiderare di più.
Rimango lì a godermi per non so quanti minuti questo momento di pace. Senza sentire il solito odore di disinfettante, senza sentire le urla dei dottori o i pianti delle famiglie quando perdono i propri cari.
Faccio un altro respiro profondo, ma l'odore che sento è molto diverso.
Sembra... alcool.
Riapro gli occhi e davanti a me vedo un uomo robusto e traballante.
< Hey bellezza! Cosa ci fa una ragazza così carina come te qui?>
Mi alzo dalla panchina e prendendo la borsa con dentro l'ossigeno.
< N-niente, volevo solo p-prendere un po' d'aria.>
Dico tremante facendo qualche passo indietro, mi guardo intorno ma non vedo nessuno che possa aiutarmi.
< Sei sola? Sono solo anch'io.>
Dice avvicinandosi pericolosamente con un ghigno perfido sul volto.
< Perché non ci divertiamo insieme?>
Mi volto per scappare ma l'uomo mi afferra saldamente il polso e mi trascina fino ad un tronco di un albero.
< Lasciami! AIUTO!>
Urlo sperando che qualcuno mi senta.
< AIUTO! AIU->
Urlo ancora, ma l'aggressore mi tappa la bocca impedendomi di parlare.
< Tranquilla, tra un po' urlerai per un altro motivo.>
Sussurra vicino al mio orecchio.
Il respiro inizia a mancarmi, l'ansia mi fa tremare come una foglia e le lacrime hanno iniziato a colarmi sul viso.
Inizio a sentire i miei polmoni bruciare per la mancanza d'aria, quanto vorrei indossare i tubi per l'ossigeno in questo momento.
L'uomo con una mano inizia a sbottonare la camicetta che indosso mentre con l'altra mi tiene la bocca tappata facendomi mancare l'aria.
< Ora ci divertiremo!>
Sorride soddisfatto avvicinando il suo viso al mio collo.
< Io non credo!>
Dice una voce profonda e rassicurante.
In meno di due secondi il mio aggressore viene spinto lontano da me ed io cado a terra non avendo più forza nelle gambe.
Un ragazzo incappucciato e alto si avventa sul mio aggressore tirandogli un pugno in pieno viso. L'uomo ubriaco se ne va spaventato ed io provo ad alzarmi, ma sono troppo debole.
Il ragazzo incappucciato si avvicina e prende da terra la mia borsa con dentro l'ossigeno.
< Signorina, si sente bene?>
Chiede con voce preoccupata. Non riesco a rispondere è già tanto se riesco ancora a respirare. I suoi occhi incontrano i miei, ma non riesco a vederli bene per colpa del buio.
Il ragazzo mi prende in braccio a mo di sposa ed io, con le ultime forze che mi rimangono, intreccio le mie mani dietro al suo collo.
Un suo braccio è duro e freddo come se fosse fatto di metallo, ma non sto molto a pensarci.
Non vedo dove stia andando, ma appena vedo le solite luci bianche e il solito odore di disinfettante, capisco che mi ha riportata nel posto che purtroppo sono costretta a chiamare casa da ormai 3 anni. L'ospedale...
< Aiutatemi! Non si sente bene!>
Urla il ragazzo appena entriamo nell'edificio e chiudo gli occhi per la luce troppo fastidiosa.
Sento molte voci, ma riconosco quella di Mary, l'infermiera che mi aiuta ogni mattina con i medicinali.
< Oddio! Ma quella è T/n.>
Sento molte altre voci, ma continuo a tenere gli occhi chiusi.
< Vieni, mettila qui.>
Dice Mary probabilmente al ragazzo che mi ha salvata.
Le braccia del ragazzo mi posano delicatamente su qualcosa di abbastanza morbido. Riapro debolmente gli occhi e vedo il viso del ragazzo poco distante dal mio. Guardo i suoi occhi e finalmente riesco a vederli chiaramente, sono azzurri, azzurri come il mare durante una classica giornata estiva.
Un dottore mi mette una strana mascherina sul viso, ma io non smetto di guardare quei bellissimi occhi.
Dopo qualche secondo sento le mie palpebre farsi sempre più pesanti e, nonostante io lotti per rimanere sveglia, i miei occhi si chiudono. Da quel meraviglioso azzurro che vedevo negli occhi del ragazzo, al buio totale.

Apro lentamente gli occhi e mi guardo attentamente intorno. Riconosco i colori della mia stanza e la mia mensola piena di libri e Dvd.
< Guarda! Si sta svegliando.>
Dice una voce femminile che conosco fin troppo bene.
< Mamma...>
Sussurro quando vedo il suo viso pieno di lacrime. Mi prende per mano e mi bacia delicatamente la fronte.
< Sono qui...>
Dice facendomi un largo sorriso.
Chiamano i dottori che arrivano immediatamente per farmi i soliti controlli.
Mi controllano la pressione, il battito cardiaco e mi fanno tante domande sul perché io sia uscita, ma ad interrompere l'interrogatorio è Mary che entra nella stanza.
< T/n... il ragazzo di ieri è qui, vorrebbe vedere come stai. Può entrare?>
Mi chiede facendo calare un silenzio tombale nella stanza. Annuisco e Mary mi sorride per poi uscire.
I dottori mi raccomandano di riposare e di bere parecchio, poi escono anche loro lasciandomi sola con mia madre.
Questo ragazzo dovrò ringraziarlo, non solo per avermi salvata ieri sera, ma anche per avermi salvata da questo interrogatorio da parte dei dottori.
Dopo qualche secondo la porta si apre ancora ed entra un ragazzo moro, alto, con gli occhi chiari.
< Salve...>
Dice facendo un sorriso sforzato.
< Vado a bere un caffè!>
Afferma mia madre alzandosi dalla poltrona. Fa un sorriso al ragazzo per poi sorpassarlo avvicinandosi alla porta, ma prima di uscire mi guarda e mi fa l'occhiolino.
Alzo gli occhi al cielo e poi torno a guardare il ragazzo davanti a me.
< Grazie... per ieri sera.>
Dico timidamente abbassando leggermente lo sguardo e nel farlo noto che la sua mano è fatta di metallo.
< Non ringraziarmi... non potevo lasciare che quell'uomo ti violentasse.>
Si avvicina lentamente ai piedi del letto.
< Ora come ti senti?>
Chiede gentilmente.
< Meglio, ancora un po' frastornata, ma sto molto meglio.>
Ci guardiamo intensamente negli occhi finché non sentiamo la porta aprirsi nuovamente. È Mary col carrello dei medicinali.
< Mi scuso per l'interruzione, ma T/n deve fare gli Aerosol.>
Maledetti medicinali!
Il ragazzo guarda attentamente il carrello e poi me.
< Beh... vi lascio. Ho molte faccende da fare.>
Dice per poi voltarsi.
< Aspetta!>
Urlo prima che esca e lui si volta per guardarmi, i nostri occhi si incontrano nuovamente. Non la smetterei mai di guardare quei bellissimi occhi.
< Non so nemmeno come ti chiami.>
Mi fa un piccolo sorriso.
< Bucky... mi chiamo Bucky.>
Apre la porta ed esce senza nemmeno permettermi di dirgli un "ciao".
Ma la cosa che non sapevo ancora era che da quel giorno lui sarebbe passato ogni mattina per vedere come stavo...

***

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