CAPITOLO 30

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BRETT WARREN'S POV

Alisha si rifiuta di parlare. Guarda il cibo come se fosse il suo nemico giurato. Il suo sguardo la maggior parte del tempo è perso nel vuoto e quando osa alzarlo sembra non essere nemmeno qui.

Dopo due giorni il dottore ha detto che poteva esser dimessa.

Avrei voluto vedere almeno un mezzo sorriso, ma subito ho capito di aver preteso troppo da una ragazza che è stata violentata.

Merda!

Il pensiero mi fa stare dannatamente male.

Vedere che qualche volta fa cenno di aver sentito ciò che dicono Caroline e Joe, ma si comporta come se io non esistessi, mi uccide.

Mi fermo quando il semaforo diventa rosso e volto il viso verso di lei.

Immobile, guarda il finestrino. Non posso non notare che è nella stessa posizione da quando siamo partiti.

Deglutisco e sospiro.

Devo capire chi è il fottuto bastardo. Devo ucciderlo con le mie stesse mani, cazzo

Apro la bocca con l'intento di dire qualcosa, ma mi accorgo di non sapere cosa.

Sospiro pesantemente, tentando di soffocare il dolore che mi investe alla vista di Alisha in questo stato.

Allungo una mano per posarla sulla sua che si trova adagiata sul sedile, ma noto che scatta il verde così riprendo il volante.

Quando ci troviamo davanti il palazzo in cui vive, mi volto nuovamente verso di lei. Con mani tremanti ed il viso terribilmente pallido marchiato anche dalle profonde occhiaie, si libera della cintura di sicurezza e, con una lentezza disarmante, apre la portiera scendendo.

I suoi movimenti parono esser quelli di un robot con le batterie scariche.

Mi affretto a scendere anche io dall'auto e fare il giro per aiutarla, ma si scansa al mio tocco.

Tante fitte attraversano il mio corpo: mi ha appena ucciso e non lo sa.

Deglutisco, scostandomi per lasciarla passare.

Il rombo di un'altra macchina si fa sempre più vicino e, quando anche questa prende posto nel parcheggio, da lì scendono Caroline e Joe.

Alisha si è ormai diretta al portone ed io la raggiungo mentre Caroline e mio fratello ci seguono da dietro.  Percorriamo le scale fino ad arrivare davanti l'appartamento.

La chiave trema tra le dita deboli di Alisha e, quando il mazzo cade per terra, lo afferro ed apro la porta.

Lei mi lancia uno sguardo fugace, ma subito ritorna a guardare il pavimento e  si dirige verso il divano a passi lenti, quasi affaticati. E' come se avesse un carico pesante sulle spalle.

Dallo a me!

Avrei voluto urlare.

Me lo prendo io per te, piccola. Tutto pur di non vederti in questo modo.

Sto soffrendo così tanto che vorrrei infilarmi una mano nel petto, strappare via il mio cuore per urlargli di non far così male poichè non resisto più.

Fa tanto male, cazzo.

Rimango davanti la porta d'entrata chiusa mentre Caroline si avvicina a sua figlia e le chiede se vuole un pò di camomilla.

Joe mi guarda preoccupato e si avvicina a me.

"Che succede?"

Sospiro, contraendo la mascella.

"Non mi parla e non capisco perchè"

La mia voce è piena di dolore e poggio la testa contro la porta, sbattendola.

"Dalle tempo, Brett" mi consiglia mio fratello.

Scuoto la testa, tentando di scacciare il dolore che si avventa su di me come un avvoltoio.

Caroline và verso la cucina e Joe si affretta a seguirla.

Probabilmente Alisha ha accettato la camomilla.

La guardo seduta sul divano mentre torna a fissare il vuoto.

Mi dirigo verso di lei, chinandomi e posando le mani sulle sue ginocchia. La sua faccia si contrae in una smorfia inorridita e i suoi occhi si spalancano. Tolgo le mani di scatto e mi lascio cadere sul pavimento, sconfitto.

"Non so perchè tu ce l'abbia con me. Non so in che modo c'entri in questa storia, ma a quanto pare tutto questo ha a che fare con me. Vederti soffrire mi fa star male. Soprattutto quando io cerco di parlarti e tu pari non volermi vedere"

Prendo un respiro a pieni polmoni, volendo soffocare la fitta di dolore che attraversa il mio stomaco per poi salire sempre più lentamente fino al mio petto.

E' come se ci fosse un piccolo verme dentro di me, il verme del dolore.

Lui sale, dopo aver percorso pian piano tutte le parti del corpo. E quando arriva al cuore, prende a mangiucchiarlo, tenendolo bene stretto tra i suoi denti piccoli ed aguzzi facendomi dannare per il dolore che sto provando.

"Ti amo, Alisha. Ti amo con tutto me stesso" le dico, guardandola dritta negli occhi.

Vuoti. Sono terribilmente e spaventosamente vuoti.

Hanno distrutto la mia piccola.

Le hanno fatto del male.

L'hanno violentata.

Improvvisamente l'immagine del sangue che scorre tra le sue gambe, mi fa serrare gli occhi. Le sue urla quando mi aveva visto, credendo probabilmente che fossi l'aggressore. Le sue lacrime che apparivano come lame lucide di coltelli fottutamente affilati che la ferivano sempre più in profondità. Le sue piccole mani a stringere la gonna come se non volesse crederci che essa fosse stata alzata, violando la sua intimità.

"E mi dispiace così tanto di non essere stato lì a proteggerti, di non esser stato lì pronto ad ucciderlo con le mie stesse mani nel momento stesso in cui si era permesso di avvicinarti a te con l'intento che solo un animale può avere, mi dispiace di non averti difesa dall'abuso di quel maiale. Mi dispiace dannatamente tanto, piccola. Vorrei prendermi tutto il tuo dolore, ma penso che morirei non riuscendo a sopportare il peso che porti dentro. Ma tu sei forte e so che ce la farai. Credo in te, credo nella tua forza e nelle tua capacità di riuscire a rialzarti. Io sarò sempre al tuo fianco, ogni volta che ti girerai mi troverai accanto a te a porgerti una mano pornta a rilazarti e se proprio non ce la farai, va bene così, vorrà dire che mi butterò giù con te. Ma ti prego non allontanarmi da te, non potrei sopportarlo. Il solo pensiero mi uccide"

La guardo con occhi imploranti.

Basta, per favore. Basta. Guardami con i tuoi occhi. Ti prego...

Il groppo in gola che alloggia nella mia gola da ormai due giorni sembra moltiplicare di cento la capienza, scoppiando definitivamente e sgorgando in grosse gocce di lacrime che solcano il mio viso.

Prendo una mano di Alisha e l'avvicino alle mie labbra, baciandole il dorso per poi fare la stessa cosa con il palmo, le dita, le nocche ed i polpastrelli.

Le ripeto quanto io l'ami, quanto mi senta in colpa e quanto mi senta distrutto al pensiero di ciò che l'è successo.

Alzo lo sguardo, indirizzandolo verso il suo con gli occhi pieni di lacrime.

Mi ha...

Le sorrido e lei.. lei ricambia.

Mi ha accarezzato... una sua carezza, accidenti! Era quello che bramavo da giorni e ore faticose e superate con un miracolo effettuato da non so quale dio.

"Ti amo anche io, Brett"






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