CAPITOLO 9

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È una mattina di fine aprile. Le giornate sono più lunghe e sempre più calde, gli uccelli cinguettano felici tra i vicoli deserti di Roma e l'aria è tersa e piena di quell'odore salmastro che sembra comparire solo con l'avvicinarsi della bella stagione. Antonio non è in casa, è fuori per fare la spesa e sicuramente ci impiegherà almeno tre ore, tra le varie file e spostamenti; e quindi sono rimaste solo Rossella ed Elena che, sedute sul pavimento ai piedi del letto, si gustano felici una quantità sproporzionata di nutella direttamente dal barattolo. Alla fine, entrambe hanno mandato al diavolo la dieta, tradendo tutti i buoni propositi che si erano prefissate.

"Posso chiederti una cosa?" Domanda, Elena, prendendo un bel po' di cioccolata col cucchiaio.

"Certo."

"Com'è stato dopo? Dico tra voi due. Come vi siete comportati?"

Rossella pare pensarci per un breve secondo, con lo sguardo fisso nel vuoto. "Non lo so, è stato... strano. Diverso. Diverso da ogni altra relazione che abbia mai avuto."

Elena si trova ad osservarla con aria indagatrice e, come sempre, Rossella non riesce a resistere a rivelarle dell'altro:

Di certo non cercavo la stabilità, non m'interessava. Ero fortemente attratta da lui, c'era sintonia, ma non volevo cambiare niente del mio mondo e lo stesso valeva anche per lui. Da quel giorno di ottobre, il nostro rapporto mutò, ma, allo stesso tempo, molte cose rimasero invariate. Lui non lasciò la fidanzata per me, non fece nessuna follia per stare al mio fianco, continuò tranquillamente con la sua vita e io con la mia. Io non mi lamentavo, non ne sentivo il bisogno; in fondo, in quella situazione c'ero finita con tutte le scarpe anche per mio volere.

Secondo i giornali, lui aveva una relazione perfetta con Olivia, partecipava agli eventi con lei al suo fianco; ma nell'intimità, lui tornava sempre da me. Prima c'era Olivia e poi c'ero io.

Il suo vecchio appartamento era diventato il nostro nuovo rifugio, il nostro mondo. Non osai più presentarmi a Palazzo Chigi; dovevamo essere discreti, silenziosi il più possibile nelle nostre illecite azioni, poiché il minimo sbaglio avrebbe causato un danno enorme per entrambi. Lui rischiava di infangare la sua carriera politica e la serietà del proprio ruolo istituzionale, io rischiavo di essere completamente divorata dai giornali scandalistici e di uscirne atrocemente distrutta.

Ci vedevamo quando potevamo, in orari impossibili. Capitava spesso di rivederci dopo lunghe settimane per finire a fare l'amore sul pavimento dell'ingresso, senza neanche esserci salutati. Era un circolo vizioso, una droga della quale non potevo fare a meno. C'era il brivido del pericolo di essere scoperti, l'eccitazione di fare qualcosa di proibito, soprattutto da parte mia, che intraprendevo una relazione clandestina con uomo così in vista. Io ero praticamente diventata l'altra donna del Re, l'Anna Bolena di Giuseppe Conte.

Questa era stata la nostra vita fino al 16 febbraio, ovvero l'ultimo giorno in cui ci siamo visti. Passammo la serata insieme, come sempre facemmo l'amore. Lui mi parlava dei soliti problemi, il lavoro, il governo... io lo ascoltavo con l'orecchio poggiato sul suo petto, in prossimità del suo cuore. Il suo battito era placido e tranquillo, così in contrasto con i discorsi che mi stava facendo.

"Ross..." Sussurrò improvvisamente, accarezzandomi i capelli scompigliati e ricci.

"Mh?"

Rimase per qualche secondo a contemplare il silenzio e, intanto, il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo cadenzato del suo respiro.

"Ci sono cose... cose che vorrei dirti." Sospirò. "Ma non so se avrò la forza per dirtele."

"Non dirmele." Lo frenai subito. Non era un attacco, era più paura, la mia. Avevo paura che qualunque cosa volesse dirmi, potesse cambiare lo status in cui eravamo, quell'enorme bolla che ci eravamo creati per tenerci fuori dal resto del mondo.

"E allora te le dirò un altro giorno." Concluse, facendo cadere il discorso, e io ritornai a baciarlo per allontanarci ancora di più da esso.

Non so cosa volesse dirmi, sinceramente, io ho il sospetto che volesse lasciarmi o almeno mettere un punto a quella situazione. In fondo, la sensazione che prima o poi sarebbe finita l'avevo avuta fin dall'inizio.

"Ma poi non vi siete più parlati? Neanche al telefono?" Chiede infine, Elena.

"Un paio di volte, non di più. Non ci tengo molto a disturbarlo, ora... e non penso che lui abbia molto tempo." Rossella abbassa lo sguardo malinconico, fissandolo sul pavimento lucido.

"Posso chiederti un'ultima cosa?"

"Certo."

"Tu sei innamorata di lui?"

L'altra donna spalanca gli occhi dallo stupore, completamente presa in contropiede da quell'inaspettata domanda.

"No, io... non lo so." Risponde con voce flebile, rendendosi conto di starsi faticosamente aggrappando ad una certezza che non ha più.

La favorita del PresidenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora