Prologo

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Uscii da quell'appartamento piangendo.

Bastardo.

La pioggia continuava a cadere dalle nuvole grigie.

L'acqua dolce delle gocce si mescolava con quella delle mie lacrime salate.

Mi girai intorno, non sapendo cosa fare o dove andare.

In questo momento casa mia non era proprio una buona idea.

Riuscii a vedere la Mercedes bianca parcheggiata ancora lì. Corsi nella sua direzione e salii senza esitare.

Il suo sguardo, non appena mi sedetti sul sedile del passeggero, non fu quello stupito che mi aspettavo, ma non avevo tempo per badarci.

«Al...» non lo lasciai continuare.

«Andiamo» dissi tra un singhiozzo e l'altro.

Mise in moto e partì.

Poggiai la testa sul finestrino dell'auto, trattenendomi dal piangere ancora. Con la coda dell'occhio vidi la sua bocca aprirsi per parlare, ma la richiuse subito dopo.

Non riuscendo nel mio tentativo, mi misi le mani in viso iniziando a piangere e a sfogarmi.

Le lacrime calde rigavano le mie guance fredde, provocando una sensazione di bruciore, ma l'unica cosa che davvero bruciava qui, era il mio cuore ormai distrutto.

L'unico rumore udibile, apparte i miei singhiozzi, erano i tergicristalli.

Non mi capacitavo; come aveva potuto fare una cosa del genere? È la cosa peggiore che si possa fare ad una donna.

Zayn, in un disperato tentativo di confortarmi, avvicinò la sua mano e mi accarezzò i capelli bagnati dalla pioggia.

«Non piangere per lui, non ti merita» disse con tono appena udibile.

I suoi occhi si spostarono per un attimo dalla strada per incontrare i miei; ma non avrebbe dovuto farlo.

Non capii più niente tra le lacrime tutto ciò che era accaduto prima.

«Zayn!» urlai ancora piangendo.

Una luce.

Niente.

Buio totale.

***

Quando aprii gli occhi mi ritrovai in una stanza bianca, monotona, con una piccola finestra che faceva entrare quella poca luce che serviva per illuminare la stanza di medie dimensioni.

Le mie braccia erano legate a fili a sua volta connessi a macchinari che emettevano suoni fastidiosi.

«Le faccia l'esame del sangue, per essere certi che non abbia altri danni» disse una voce profonda alla mia sinistra.

Solo quando mi girai, vidi che non ero sola nella stanza.

Sentivo i due uomini discutere su certe analisi, fin quando uno di loro non si accorse del mio risveglio dallo stato di incoscienza.

«Signorina, ricorda cosa è successo?» supposi, dato il suo camice verde, che fosse l'infermiere. I suoi occhi marroni mi fissavano con preoccupazione, in attesa di una mia risposta.

«Credo, ho... avuto un incidente... con Zayn» risposi con voce tremolante.

Un forte dolore di testa.

Un capogiro, e subito un flash mi passò per la mente.

Mi misi la mano destra in fronte, per il forte malore.

Non persi attimo.

«E lui... come sta?» chiesi preoccupata mettendomi seduta nel centro del letto.

L'infermiere non rispondeva.

Stava zitto. Mi stavo spazientendo. Si girò verso il collega, e poi ritornò con lo sguardo su di me, ancora più addolorato di prima.

«Come sta?» chiesi per la seconda volta quasi urlando e iniziando a piangere.

«Signorina Horan... lui... non ce l'ha fatta»

Un amore difficileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora