Capitolo 19

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Oltrepassai la soglia della piccola pasticceria, stringendo il foglietto di carta tra le dita.
Mi avvicinai alla cassa, dove sedeva sempre la stessa donna, Cassandra, che stava facendo dei conti alla calcolatrice.
«Salve» dissi incerta. La donna non mi prestò attenzione, troppo impegnata con il suo lavoro. «Scusiii» le sventolai una mano davanti gli occhi e finalmente mi notò.
«È per caso qui, Harry?»
«Sì, ma sta lavorando non abbiamo tempo per le visite»
«Ma io ho bisogno di..»
«Signorina, lo pago per lavorare, non per incontrare amichette e chiacchierare » la donna mi guardò dalla testa ai piedi come se provasse ripugnanza per me. Strinsi più forte il biglietto in mano, scaricando la mia rabbia su di esso anziché sulla donna qui davanti. Mi girai e mi sedetti ad un piccolo tavolo all'angolo, aspettando che uscisse Harry.
La donna mi guardò con aria compiaciuta prima di tornare ai suoi calcoli.
Passarono i secondi e i minuti, e io continuavo a pormi sempre la stessa domanda: "perché sto perdendo tutto questo tempo per un ragazzo che non conosco?". Ho varie teorie, tra le quali una diceva che era la mia educazione a farmelo fare, infondo mi aveva pagato un muffin e ben due cappuccini, la seconda era per "scusarmi" per ieri, in effetti ero stata abbastanza rude.
La terza... la terza non aveva senso, non potevo essere venuta qui soltanto perché lo volevo, non è in discussione ciò.
Mi guardai intorno soffermandomi su un cameriere, non poco lontano da me; indossava dei blue jeans con una maglia bianca, e un grembiule verde appoggiato ai fianchi; con la mano sinistra aveva un block notes, mentre con la destra estrasse una penna che aveva sull'orecchio ma che mi era rimasta nascosta dai suoi folti capelli ricci.
Era di profilo, perciò non poteva vedermi, così non appena concluse l'ordine, lo chiamai.
«Hey, avrei bisogno di ordinare» dissi cercando di farmi vedere sventolando una mano in aria.
Il suo sguardo si girò nella mia direzione, e qualcosa di strano riapparve dentro di me.
Non troppo tardi le sue fossette riaffacciarono sfoderando un sorriso. Lentamente si avvicinò a me, fino ad essermi difronte.
«Noto che vieni spesso qui»
disse mentre cambiava pagina dal block notes, presuppongo per prendere la mia ordinazione.
«Questa volta sono venuta per...» oddio. Cosa dovevo dire, sono venuta per te? O per scusarmi per l' atteggiamento da stronza di ieri?
«... ringraziati» dissi indecisa e inciampando nel parlare.
«Per quale ragione?»
« Beh... insomma ieri mi hai aiutata, e... hai pagato i miei cappuccini? » tentai.
Lui alzò semplicemente le spalle; successivamente io aprii la mia mano, che fino ad allora era rimasta chiusa a custodire il foglietto, e mostrai il pezzo di carta.
«Ho trovato questo insieme al cappuccino» sorrisi, imbarazzata.
«Ah sì, me n'ero dimenticato, comunque non era nulla.»  disse serio.
Provai un senso di delusione quando pronunciò la prima frase, e d'un tratto mi sentii stupida per essere venuta fin qui.
«Oh, okay» dissi semplicemente.
Lui annuii prima di parlare.
«Di cosa hai bisogno? »
«Io... niente, sto andando via» presi il foglietto tra le dita e mi alzai, trovandomi più vicina ad Harry.
Lui annuì di nuovo, e io stavo quasi per andarmene prima di dirgli un' ultima cosa.
«Solo, toglimi una curiosità» mi fermai per guardarlo dritto nei suoi occhi verdi.
«Come hai fatto ad avere il mio numero di telefono e il mio indirizzo?» era da molto che me lo chiedevo ma non trovavo occasione per dirglielo, non che questa lo era.
«Abbiamo amici in comune»
Presi il suo esempio e annuii anch'io prima di superarlo e uscire da lì.
Una volta fuori strappai in due il foglietto, buttandolo a terra e passandoci su, mentre pensavo chi protrebbero essere questi amici in comune.

***

Guardai un ultima volta il cellulare.
Nulla.
Nessuna chiamata o messaggio di Zayn.
«Nessun segnale?» mi chiese Zoe dall'altra parte del divano.
Scossi la testa.
«Ma esattamente cosa hai visto?» indagò Amy.
«Un libro bianco... e all'interno c'era qualcosa, ma non so di cosa si trattasse» ecco... forse non avevo raccontato loro tutta la verità, se fosse un vero segreto non vorrei spifferarlo a mezzo mondo.
«E lui si è subito innervosito?» incalzò sempre Amy.
Annuii.
«Strano» continuò Zoe.
«Ultimamente tutti sono un po' strani... vi ricordate Harry, no? » loro annuirono.
«Ieri sono andata a ringraziarlo per il cappuccino che mi aveva offerto: si è comportato completamemte da stronzo menefreghista, mi ha detto "ah si, me n'ero dimenticato"» cercai di imitare la sua voce profonda ridendo verso la fine.
«Basta parlare di tutti questi stupidi ragazzi, diamoci una mossa che è gia tardi, oppure volete rimanere senza diploma?» disse Amy alzandosi dalla poltrona e incitandoci ad alzarci.

Quando entrai nella paleatra della scuola, rimasi pietrificata dalla quantità di gente.
In fondo, illuminato da luci bianche vi era un grande palco con un leggio al centro e tre sedie ai lati, supposi per il preside, il vicepreside e il sindaco.
Di fronte vi era uno sciame di sedie per il pubblico, e a sinistra un banchetto post-cerimonia, mentre a destra una pista da ballo illuminata da vari colori.
Se non avessi saputo che questa era una palestra, non l'avrei mai pensato.
Presi posto tra Amy e Zoe, e quando la stanza fu finalmente riempita, quattro uomini, tra cui tre conoscenti, salirono sul palco seguiti da un rumoroso applauso. L' uomo con la fascia attorno, si avvicinò al leggio e al microfono annunciando l'inizio della serata, dopodiché il preside presentò l'uomo che aveva l'incarico di distribuire i diplomi e colui che aveva portato avanti la scuola finanziariamente.
Non prestai più attenzione inziando ad agitarmi, non ero una ragazza timida ma neanche sfacciata e anche se sapevo che la gente avrebbe guardato solo i primi tre a salire sul palco, ero sempre in ansia.
Quando tornai ad ascolatare ciò che dicevano, vidi l'uomo che il preside aveva presentato essere perso in un lungo discorso noioso. Il suo sguardo non aveva un punto fisso ma si spostava tra la folla, e quando si girò nella mia direzione, notaii due grandi occhi verdi: non potei fare a meno di paragonarli a quelli di Harry, erano così simili.
In realtà quest'uomo, non solo i suoi occhi, era simile ad Harry, sembrava la sua fotocopia più matura. Indossava giacca e cravatta blu scuro e i capelli neri portati all'indietro elegantemente.
Ben presto Amy mi tirò dalla sedia portandomi dietro le quinte e mettendoci in fila indiana in ordine alfabetico. Quando arrivarono alla "H" guardai a terra facendo attenzione a non inciampare nella lunga veste, e tenendo il cappelo troppo stretto che non ne voleva sapere di stare al suo posto. Strinsi la mano ai tre uomini prima di camminare verso l'ultimo ostacolo, prima ritirare il mio attestato.
L'uomo mi accolse con un sorriso e mi porse una mano che strinsi, avvicinandomi meglio.
«Signori-» sulle sue labbre scomparse il sorriso e assunse un'espressione preoccupata. Tossì prima di parlare.
«Signorina Horan, sono lieto di consegnarle questo diploma in nome della Scientific Greenwich's School» disse mentre mi porse una pergamena panna legata da un nastro di raso rosso. I suoi occhi erano dilatati e mi accorsi solo adesso che già due ragazze erano dietro di me, in attesa; presi la pergamena e sussurai un timido «Grazie.» prima di scendere le scale e appoggiarmi al muro accanto, sopraffatta dall'incontro.
Chi era quell'uomo e cosa voleva da me?

#Spazio Autrici

Rieccoci ragazzi❤ e scusateci per l'assenza.
Volevamo soltanto avvisarvi, prima che partano le critiche, che abbiamo -diciamo- mischiato un po' di fantasia a questa fan fiction.
Sappiamo benissimo che in Inghilterra i licei funzionano diversamente dai nostri, e dopo il diploma non mettono i quadri esposti con il punteggio ottenuto.
Inoltre la scuola che abbiamo citato in questo capitolo, ovvero "Scientific Greenwich's School", non esiste realmente, ma è un nome inventato da noi.
Detto questo buona lettura e..fateci sapere che ve ne pare di questo capitolo nei commenti❤

xx Aurora e Manuela

Un amore difficileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora