the spinning hands of every clock and the flipping pages of every calendar

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Al signor Jae e ai suoi fella, che sono riusciti a strapparmi alle grinfie dello zombie che ero

Dublino, 2018

God's menu - Stray Kids

La sveglia suonò, riempiendo la stanza con il suo trillo acuto.

Yeonjun aprì a fatica prima un occhio, poi l'altro. Si voltò per guardare l'ora, e quando vide le lancette segnare le otto e cinquanta, sospirò, imprecando mentalmente. Stavolta era sicuro, avrebbe ucciso Mick. Così magari avrebbe imparato a non invadergli camera con le sue birre alle erbe proprio nel momento cruciale in cui stava impostando la sveglia, con risultato di farlo svegliare un'ora dopo il previsto.

Si alzò svogliatamente dal letto e si diresse in bagno, per darsi una sciacquata e cominciare la giornata. Lo specchio appeso sopra il lavandino gli rimandò indietro l'immagine di un ragazzo di vent'anni, ventidue al massimo, dagli occhi a mandorla scuri socchiusi dal sonno, una prorompente massa di capelli blu che chiaramente sentiva la mancanza di una spazzola e il segno del cuscino sulla guancia. Considerata la sua reale età, si disse scrutandosi attentamente allo specchio, poteva ritenersi fortunato: portava discretamente bene i suoi anni. Ormai si avvicinava ai quattrocento anni (quell'anno sarebbero stati trecentonovanta, portava ancora il conto), e nessuno che lo conoscesse lo sospettava minimamente.

All'inizio aveva creduto che la parole di chi gli aveva lanciato quella maledizione addosso non fossero altro che chiacchiere al vento nutrite dalla rabbia. E invece, quando gli anni avevano cominciato a scorrere velocemente senza che il suo aspetto cambiasse di una virgola, aveva capito che la faccenda doveva essere un po' più complicata. Quando aveva raggiunto i trent'anni, e la gente aveva cominciato a chiedergli come mai ne dimostrasse dieci in meno, aveva capito che in quel momento si infrangevano le sue speranze di poter condurre una vita normale, e non aveva potuto far altro che fuggire.

Aveva viaggiato moltissimo. Gli sarebbe piaciuto rimanere in Europa, ma il Vecchio Continente era molto piccolo, e non voleva che voci su di lui si spargessero da una corte all'altra, motivo per il quale dopo un paio di centinaia danni circa aveva dovuto espandere i suoi orizzonti. Così si era recato in Asia –solo per una ventina danni, spesi per la maggior parte in Thailandia: no, aveva scoperto di non amare particolarmente la cultura orientale- e poi in America: doveva ammetterlo, gli Stati Uniti avevano il loro fascino, e poi erano talmente estesi da permettergli di rimanere sul suolo americano, pur spostandosi continuamente, per quasi centocinquant'anni. Forse avrebbe potuto rimanere ancora, ma aveva sentito il desiderio di tornare alle sue origini: perciò era tornato in Europa, scegliendo uno dei paesi che non aveva ancora mai visitato: l'Irlanda. Sarebbe stato un soggiorno breve, non più di sette, otto anni: il suo aspetto gli consentiva di passare per un ragazzo di età compresa tra i diciassette e i venticinque anni massimo, passati i quali doveva necessariamente andar via per evitare di destare sospetti. E quella era la scusa che aveva trovato per trovare un posto dove vivere a Dublino: spacciandosi per un neodiplomato che non aveva intenzione di andare al college, era riuscito a dividere l'affitto di una casa a Raheny con un tale di nome Mick, diciannovenne al primo anno di letteratura inglese al Trinity College. Come mai due ragazzi che lavorano e studiano in centro avevano affittato una casa lontana dalla città mezz'ora in pullman? Yeonjun non ne aveva idea, ma la loro casa gli piaceva moltissimo. A due piani, all'esterno totalmente uguale a tutte le altre del vicinato, con gli interni in legno che emanavano un profumo rassicurante ogni volta che apriva la porta d'ingresso, aveva il pregio di essere a cinquanta metri in linea d'aria dalla fermata dell'autobus, particolare che quella mattina, mentre correva a perdifiato per strada con le scarpe slacciate, Yeonjun non poteva far altro che apprezzare.

Solo una volta salito sul mezzo, il ragazzo si concesse di tirare un sospiro di sollievo e di sistemarsi. Sì, aveva accumulato un'ora e mezza di ritardo, ma non credeva ci sarebbero stati grossi problemi con la proprietaria del caffè dove lavorava. Dopotutto, Lottie l'aveva sempre trattato come un figlio.

darling, dearest, dead - yeonbin.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora