I will love you no matter where you go and who you see

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Dopo settimane di viaggio, Yeonjun cominciava davvero a chiedersi perché accidenti non avesse premuto su suo padre per una meta più confortevole. Una che non prevedesse tragitti in carrozza interminabili, o giorni orribili in fregata, con il vento avverso e il mare grosso –aveva anche scoperto di soffrire di mal di mare, non poteva semplicemente rimanere sul Continente?

No, a giudicare dal solo viaggio per raggiungere l'Inghilterra, i sei mesi di permanenza non sarebbero stati affatto facili. Aveva ovviamente portato con sé l'occorrente per scrivere, persino quello per dipingere, nel caso tutti quei conti avessero finito col sommergerlo. Ed era sicuro che l'avrebbero fatto: da quando era bambino, e suo padre lo trascinava, urlante e scalciante, via dalle lezioni di pittura per metterlo a sedere su una scrivania troppo alta per lui con un grande abaco in legno sopra, aveva sempre odiato l'economia, le regole basilari del commercio faticavano ad entrargli in testa, e del lavoro che gli sarebbe toccato apprezzava solo la componente dei viaggi, che di quando in quando avrebbe avuto modo di intraprendere per supervisionare di persona le varie sedi all'estero.

Era questo che si ripeteva, mentre, scendendo dalla nave, si chiedeva dove diavolo fosse il servitore incaricato di occuparsi dei suoi bagagli e di indirizzarlo alla carrozza che lo avrebbe portato al palazzo dove avrebbe abitato. Vedeva gente, persone diverse che incrociavano l'una l'altra e si salutavano con ampi inchini, anziane nobildonne che apparivano incredibilmente fuori luogo in un posto come un porto, monelli di strada che gironzolavano, spiando i passeggeri e cercando di indovinare da dove venissero e cosa li avesse portati lì, nella fumosa Inghilterra. E poi lui, fermo impalato, tanto perso nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno del giovane dai capelli scuri che gli si era avvicinato e si stava schiarendo la gola nel tentativo di attirare la sua attenzione.

-Oh, perdonatemi. Ero distratto- Yeonjun rivolse un sorriso gentile al ragazzino, che si stava affaccendando intorno ai suoi bagagli.

-Non si preoccupi, signorino- quello ricambiò il sorriso, tirando su due il primo baule con malcelata fatica e dirigendosi verso la carrozza, poco distante, con passo traballante. Yeonjun, osservandolo con superficiale preoccupazione, lo seguì.

Con un viaggio di un paio d'ore che lo aspettava, Yeonjun pensava che si sarebbe goduto il paesaggio, cercando di familiarizzare con ciò che l'avrebbe circondato per i mesi successivi. Beh, sbagliava a credere che il primo impatto con l'Inghilterra sarebbe stato piacevole. In realtà, non lo sarebbero stati nemmeno il secondo, il terso, o il quarto. Lui era nato in un Paese dove l'unico limite dato allo sguardo era l'orizzonte, dove distese d'acqua e mulini si alternavano finchè gli occhi erano in grado di seguirli. Cos'era quella nebbia, quelle colline scure? Dov'era il cielo, le nuvole bianche? Per quello che poteva vedere, fuori non ce n'era nemmeno l'ombra.

In compenso, il ragazzino che si era preso cura delle sue valigie era davvero molto simpatico. Avrebbe dovuto sedere fuori, con il cocchiere, ma si era intenerito, vedendolo lassù che tremava dal freddo. Quindi aveva bussato sulla parete della carrozza che fungeva da spalliera, e aveva chiesto al conducente, un omone con i baffi che pareva il cattivo di una favola, se per caso il servitore che era con lui non avrebbe potuto trascorrere ciò che rimaneva del viaggio insieme a lui. No, non gli sarebbe dispiaciuto di certo, e nessuno avrebbe dovuto saperlo.

-La ringrazio infinitamente, signorino- esordì quello salendo all'interno, chinando la testa e giungendo le mani in segno di gratitudine. Yeonjun scosse la testa, sorridendo. –É una cosa di poco conto, non datevi pena per così poco. E chiamatemi Yeonjun, siete così giovane e non mi sembra giusto che dobbiate già sottostare a quest'odiosa etichetta-.

-Vi ringrazio, Yeonjun.- Non si era sbagliato quando l'aveva chiamato giovane: probabilmente quel ragazzo era persino più giovane di lui. Diciassett'anni? Diciotto, forse? Di certo i capelli lunghi e scuri che gli ricadevano sugli occhi sorridenti, coprendoli, e le labbra che fino ad allora non erano mai state curvate verso il basso, nemmeno un momento, lo facevano sembrare ancora più piccolo. Ma i suoi movimenti precisi con i bauli, la sua agilità nel salire in carrozza, facevano capire che doveva avere una discreta dimestichezza con quel lavoro, e Yeonjun si intristì anche solo pensandolo. Certo, doveva essere abbastanza grande, non c'era motivo perché non lavorasse e non supportasse economicamente la sua famiglia, ma se guardava lui e pensava a sé stesso, che a diciassette anni si nascondeva ancora dietro le tende quando sentiva arrivare il maestro di matematica –certo, lo faceva ancora, ma non era quello il punto- non poteva fare a meno di guardare il ragazzo e provare un po' di pena nei suoi confronti.

-Come vi chiamate?-

-Hueningkai, signorino Yeonjun. Se volete, Kai va altrettanto bene-. Yeonjun annuì. Il ragazzo era già tornato a chiamarlo 'signorino', e Yeonjun sospettava che chiedergli di nuovo di chiamarlo col suo nome lo avrebbe solo messo in soggezione. Rise tra sé e sé, dicendosi che instaurare un rapporto amichevole con lui sarebbe già stato un punto di partenza.

-E come vi siete trovato qui, Kai?-

-Oh, intendete a fare questo lavoro?- si passò una mano tra i capelli, pensieroso. –Mia madre ha lavorato per qualche tempo presso la famiglia Roe, che vi ospiterà in questi mesi, e così sono riuscito ad introdurmi anch'io. Ma non preoccupatevi, signorino- si affrettò a rassicurarlo –è vero, a casa c'è bisogno dei soldi che riporto, ma mai sono stato trattato in maniera brusca e mai mi è stato mancato di rispetto, nonostante la posizione che occupo. I Roe sono davvero una famiglia modello per quanto riguarda questo aspetto. Anche voi sarete accolto con calore, nonostante l'Inghilterra non goda di questa fama, non temete-.

Yeonjun sorrise: persino quel facchino, in cinque minuti di conversazione, aveva individuato il suo ridicolo spirito da crocerossina, che lo spingeva a preoccuparsi per il benessere di chiunque, sconosciuti e simpatici servitori inclusi. –Questo mi conforta, Kai. Ma ditemi, la famiglia com'è?-.

-Oh, il signor Roe è spesso via: se non è in India, allora lo troverete in Parlamento, a cercare di farsi concedere più potere decisionale di quanto non abbia già. Con questo non voglio descriverlo come una cattiva persona, solo spiegare quanto dedito al lavoro sia. Ed in ogni caso dovrà passare più tempo in casa dato che ci siete voi-

-Calmatevi, ho capito quello che intendevate dire- ridacchiò Yeonjun, vedendo il ragazzino affannarsi affinchè lui non pensasse che stava parlando male del padrone. –Dunque, il signor Roe non è spesso in casa. Cosa sapete dirmi degli altri componenti della famiglia?-

-La signora Roe è una brava donna. Severa quando occorre, ma nessuno in casa conserva memoria di un servitore malmenato, o mandato via ingiustamente: davvero non possiamo lamentarci. Per il resto, trascorre la maggior parte del tempo con la figlioletta, e le altre donne, quando non sta dando disposizioni alla servitù-.

-Hanno una figlia? Niente maschi?-

-Niente maschi- confermò Kai –Solo una bambina, Elspeth, che ha da poco compiuto nove anni. Tutti la chiamano Elsie, ed è un piccolo demonio. Non è cattiva, totalmente l'opposto, anzi, direi, ma è sempre in movimento, sempre in cerca di qualche piccola birbanteria che possa far ingrigire ancora di più i capelli della balia-.

-Ne parlate con il sorriso sulle labbra. L'avete mai incontrata?-

-Solo quando esce fuori in giardino a giocare e io sono lì con i cavalli. Ma è una piccola che sa come farsi amare, vedrete-.

-E i suoi genitori cos'hanno in mente per lei?-

Kai lo guardò come se gli fosse spuntato un terzo occhio in mezzo alla fronte. –Il matrimonio, ovviamente. Cos'altro?-

Yeonjun dovette mordersi le labbra per evitare di parlare a sproposito. –Ma non sarà il marito ad ereditare il posto del signor Roe all'Assemblea, immagino-.

-No, per quello c'è il figlio di un cugino del signore: si chiama Beomgyu, e vive con loro da un paio d'anni, imparando i primi rudimenti di ciò che comporrà il suo futuro. Credo che prenderete qualche lezione insieme, dal poco che ho potuto appurare è una persona molto alla mano-.

-State dipingendo un quadro idilliaco, Kai, ne siete consapevole?- sorrise amaro Yeonjun.

-Non abbiate timore, signorino, sapremo anche costruirvelo, e non vi pentirete del tempo che avrete passato qui-.

L'altro sospirò, sentendo sotto di sé la carrozza rallentare e un viale sterrato comparire alla vista. –Lo spero proprio, sapete-.

Ancora un po' scossa dalle photo convect che continuano a piovermi addosso da tutte le parti, ma nel complesso tranquilla, e incredula di poter finalmente pubblicare questa storia.
Tra parentesi: i titoli dei capitoli dell'intera storia hanno una fonte comune, e chi capirà quale... Beh, avrà la consapevolezza di essere un'intellettuale.
See you next week,
-vievie

darling, dearest, dead - yeonbin.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora