Speed of Sound - Coldplay
Non appena Taehyun aprì la porta del suo appartamento, una palla di pelo gli si buttò addosso.
-Soobin- chiamò, lasciando le scarpe all'ingresso e dirigendosi lentamente verso la cucina in calzini. –Ti sarei davvero grato se riuscissi a trovare un modo per allontanare da me questo coso. Odio che i suoi peli mi rimangano sui pantaloni e tu lo sai-. Si aspettava che l'amico uscisse lamentandosi come al solito del fatto che Moony gli voleva semplicemente bene, e che era lui quello acido con tutti come un limone stantio. Lui gli avrebbe risposto che se avesse semplicemente tenuto il cagnaccio fuori dalla sua vista non avrebbe dovuto vederlo comportarsi come un vecchio brontolone, Soobin avrebbe scosso la testa, sconfitto, e la cosa sarebbe finita lì.
Invece, quando le sue lamentele non ebbero risposta, si diresse in soggiorno per trovarci Soobin seduto sol divano, con un libro in grembo che evidentemente non stava ricevendo molta attenzione, dato che il suo proprietario aveva lo sguardo perso nelle nuvole soffici fuori dalla finestra.
-Soobin-.
- Sì?-.
Taehyun sospirò.
Lo aveva sempre saputo, che a far trapassare la vittima di quel benedetto incidente ci sarebbe dovuto andare lui.
E invece ci aveva mandato Soobin. Nonostante sapesse che Yeonjun lavorava in zona. Che mammalucco che era stato. Probabilmente nel secolo in cui si trovavano si usavano insulti migliori, più d'impatto, ma Taehyun poteva decisamente considerarsi uno poco al passo coi tempi, considerando quanto per lui lo scorrere degli anni contasse poco.
Contava il lavoro, quello sì. E contava Soobin, che gli era sempre stato accanto dall'inizio. Non ricordava bene, ormai, quando o in che circostanze fosse stato creato. Sapeva che sicuramente era venuto prima Soobin, e poi lui, con il compito di assisterlo per l'eternità, perché per loro di quello si trattava: segnare date su calendari che per loro non erano altro che carta straccia, vedere le strade brulicare di persone dalle quali riuscivano a vedere la vita fluire via come da una ferita aperta. Ma ormai Taehyun ci si era più che abituato. Mandava avanti la sua vita, se così si può chiamare quella che conduce un corpo che non sfiorisce, ricettacolo di una mente che pur non perdendo lucidità invecchia. Svolgeva il suo lavoro, cercava per quanto possibile di facilitare quello di Soobin, e più in generale si faceva i fattacci propri. L'unica volta che era venuto meno a quest'ultima sua imposizione personale lo aveva fatto nell'interesse di Soobin, diversi secoli prima. E aveva fatto male.
Non sapeva ancora con sufficiente ragionevolezza se sarebbe mai stato perdonato. Infinite volte aveva cercato di spiegare a Soobin che nonostante si fosse sì divertito a giocare al ragazzino per qualche mese quello era tutto ciò che sarebbe mai stato, un gioco, e che sarebbe stato innaturale per più di un motivo se avesse creduto che non lo fosse, Soobin faceva orecchie da mercante da quattrocento anni. Aveva smesso di appropriarsi di identità altrui per i brevi soggiorni che usava intraprendere in mezzo all'umanità: adesso si sistemavano in una qualche località tranquilla, se ce n'era bisogno, e poi lui stesso si recava semplicemente al capezzale dello sfortunato e portava via il suo spirito. Ma aveva preteso che Taehyun continuasse a chiamarlo Soobin, e lui, povero subordinato, aveva obbedito.
Col tempo, Taehyun aveva cominciato a credere che Soobin ce l'avesse con lui per abitudine, dato che non era possibile portargli ancora rancore per qualcosa di ormai così lontano da loro. Lo aveva creduto fino a quel giorno, quando era rientrato a casa e lo aveva trovato con la mente altrove, sapeva lui dove.
Non sapeva chi ringraziare per il fatto che lui e Yeonjun nel corso degli anni non si erano incrociati poi così spesso, solo per sbaglio e quando era solo. A prendere la colazione per sé e per Soobin in quel caffè c'era andato per caso, ma già nel momento in cui aveva intravisto la sua testa blu (accidenti a lui, come se ormai non sapesse riconoscerlo a colpo d'occhio a metri di distanza), avrebbe dovuto sapere che in quella vicenda il fato non avrebbe più dovuto mettere bocca. Invece aveva lasciato che Soobin andasse a raccogliere la vittima di quell'incidente, che vedesse Yeonjun e ne rimanesse sconvolto come la prima volta, che tornasse a casa con gli occhi persi ma di un perso buono, durava fatica ad ammetterlo, che gli chiedesse di tornare a quel baretto per carpire qualche informazione su di lui, che facesse quella colossale figura di merda con il cameriere, accidenti a lui che doveva sempre reincarnarsi al momento sbagliato e nel luogo sbagliato, e che passasse dall'euforia alla tristezza come qualcun altro passa dal primo al secondo durante un pasto.
-Bin, sono tornato-.
La sua voce parve riscuoterlo: posò definitivamente il libro, e dopo due carezze fugaci alla bestia, si alzò, andandogli incontro. –Quindi?-.
-Quindi niente. Lui non c'era, devono averlo mandato a casa dopo lincidente-. Taehyun non mancò l'espressione amara sul viso di Soobin. Sicuramente si stava chiedendo se vederlo era ancora così insopportabile per Yeonjun, e a Taehyun cominciava a dolere il cuore per lui. Se c'era qualcuno che non credeva che gli esseri sovrannaturali potessero provare sentimenti, quel qualcuno non aveva vissuto il diciottesimo secolo con Soobin. –Ho parlato con l'amichetto, però-.
-Quale?-.
-Secondo te quale, Soobin?-.
-Ah, sì. Scusami-. Soobin ricordava molto bene tutte le persone che erano state care a Yeonjun nel momento in cui aveva smesso di essergli caro lui, e sapeva altrettanto bene che una di loro non era poi mai più tornata. Non che lui avesse qualcosa a che fare con ciò, certo.
Taehyun sospirò, scuotendo una mano in aria come a dirgli che non importava. –In ogni caso, mi ha detto che di solito Yeonjun lavora il pomeriggio. Non mi ha specificato l'orario, ma credo che non ti serva, vero?-. No, non gli era indispensabile. Ora che aveva un indirizzo al quale avrebbe potuto ammirarlo ogni volta che gli fosse mancato più del solito, Soobin si sentiva dispostissimo ad aspettare lì seduto anche dieci ore. –Nient'altro?-.
Se non l'avesse conosciuto, Soobin avrebbe giurato che Taehyun fosse arrossito. –Nient'altro. Ho dovuto chiudere la bocca nel momento in cui quel ragazzino ha cominciato a credere che volessi provarci con lui-.
Soobin si lasciò sfuggire un verso divertito. Taehyun, interessato a Yeonjun? Anzi, Taehyun interessato a qualcuno? Non era ancora arrivato il tempo in cui sarebbe stato testimone di un simile evento.
Però, dopo pochi istanti, Taehyun vide chiaramente la voglia di sbeffeggiarlo un altro po' tramontare sul viso di Soobin, per fare spazio alla delusione. Sapeva perché: ora che aveva finalmente trovato Yeonjun avrebbe dovuto aspettare ancora un po' per affrontarlo, sempre se lui avesse deciso di permettergli di rivolgergli la parola, eccetera. Ma accidenti, se ci teneva così tanto a giocare alla spia non poteva andarci lui?
No che non poteva, non finchè c'era lì lui che in teoria era lì apposta per risolvere le sue magagne, almeno secondo Soobin. E infatti.
-Tae, senti- un sonoro sospiro bloccò la sua richiesta sul nascere, anche se subito dopo Taehyun rialzò lo sguardo su di lui, rassegnato. –Avanti, continua. Tanto so cosa stai per chiedermi-.
-Puoi farlo?-
-Che alternativa ho?- Taehyun sapeva di star facendo sentire Soobin incredibilmente in colpa, ma non riusciva a trattenersi. Dopotutto, non era colpa sua se l'attività che laltro gli stava proponendo non era tra i suoi cinque passatempi preferiti.
-Oh, avanti- protestò quello, assumendo la sua migliore aria ferita. –Non devi neanche parlare, solo rimanere lì per un po', ascoltarli e cercare di carpire un posto nel quale si reca di solito da solo, non voglio parlargli sotto gli occhi di tutta quella gente. Abbiamo... Abbiamo diverse discrepanze da appianare-.
E questo era vero. Molto vero. Ma serviva davvero che lui rimanesse seduto al Madigan per ore a farsi venire i crampi alle gambe, affinchè quella faccenda finalmente venisse sistemata?
Taehyun sospirò di nuovo –tra sé e sé: se Soobin se ne fosse accorto avrebbe dedotto di averla avuta vinta, e lui voleva farlo penare un altro po'- mentre, agli occhi dell'altro, ponderava attentamente le parole da usare.
-Stavolta passi perché ti voglio bene e so che hai davvero bisogno di passare oltre a questa storia, ma scordati di usarmi ancora come facchino per sistemare i tuoi casini-.
Taehyun era già uscito dalla stanza prima che Soobin potesse rispondergli, o ringraziarlo, per cui si limitò a ridacchiare tra sé. Per fortuna è vero che certe persone non cambiano mai.
Sto avendo incredibili difficoltà a portare avanti questa storia, voglio essere sincera. Ho scritto molto, molto poco questa estate, preferendo concentrarmi su me e sulla mia salute mentale, che di solito in questo periodo traballa. Ho ancora un mese di capitoli pronti, e spero di poter ultimare i tre che mi rimangono in questo lasso di tempo. Nel caso non ci riuscissi, spero davvero che comprendiate e siate un po' pazienti, dato che comunque ho tutte le intenzioni di finire questa storia.
-vievie
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darling, dearest, dead - yeonbin.
Fanfic1648. Yeonjun ha una vita agiata, ma quello che sente non è quello che gli altri vedono. A causa di suo padre, che fa piani per l'uomo che suo figlio diventerà senza curarsi della persona che suo figlio vuole essere, finisce ad Headley Manor, una te...