Un ragazzo-capra ci conduce verso la morte.
Era una situazione assurda. Ma non perché eravamo stati attaccati da tizie vampiro geneticamente modificate, cioè, anche, o il fatto di averle fatte esplodere come coriandoli con la mia matita magica con la capacità di tramutarsi in una fichissima spada, cioè, anche; ma per me era ancora più assurdo che in mezzo a tutto questo ci fosse finito anche Sherlock Plume. Tra tutte le persone di quella stramaledetta scuola proprio lui che tra l'altro non sembrava minimamente turbato dalla situazione! Come se avesse incontrato non due mostri mitologici che in teoria non dovrebbero esistere ma le vicine di casa.
Se non fossi stato tanto impegnato a guardarmi negli occhi con Ko per sclerare mentalmente insieme lo avrei riempito di insulti così articolati che avrei potuto vincere una gara di rap.
Il momento di staticità fu interrotto dall'arrivo di un trafelato Harold Lloyd. Un ragazzetto all'ultimo anno, con le stampelle. Un viso spigoloso dalla mascella leggermente storta e ricoperto da efelidi in pendant con il ciuffo di Ricci ramati che spuntavano a cespuglio sulla testa e la fronte. Era strano ma simpatico e ci avevo scambiato qualche parola in classe o al corso d'arte.
Appena ci raggiunse curvò la schiena per riprendere aria stemperando un po' la faccia rossa dallo sforzo. Quando parve ricordarsi come respirare si ricompose guardandoci terrorizzato e dispiaciuto con gli occhietti verde salvato. «Mi dispiace -farfugliò- ma è difficile quando siete in tanti e dovevo avvertire Chirone prima di venire da voi.» piagnucolò. «Di che parli?» domandò Coco arricciando il naso come è solita fare quando è confusa. Harold sembrò essere investito da una secchiata d'acqua gelida. «Voi- voi avete incontrato le empuse, dei mostri.» mormorò. Alzai gli occhi al cielo. «Ma davvero.» affermai ironico. Il rosso squittì saltellando da un piede all'altro. «Vi spiegherò tutto ma dobbiamo raggiungere il professor Stockfish.» istruì soffermandosi con lo sguardo su di me. «Tutti e tre.»
Fui tentato di dargli un pugno.Quando Harold fece irruzione nella sala insegnanti seguito a ruota da noi tre per poco Paul non si rovesciò addosso il caffè con tutta la macchinetta. Ci scrutò attentamente per un secondo boccheggiando prima di rivolgere la sua completa attenzione al rosso mentre mi richiudevo la porta alle spalle.
«Loro... Sono stati attaccati. Dall'odore credo siano delle empuse. I mostri li hanno trovati, qui non sono più al sicuro, devo portarli al campo.» spiegò il ragazzo come se noi non fossimo presenti. Stockfish ci studiò uno ad uno. «Ma- tutti e tre?» Lloyd seguì il suo sguardo osservandoci teso. «Sì.»
Il professore si riscosse afferrando in tutta fretta il cellulare. «Allora devo chiamare immediatamente i loro genitori.» Plume sembrò irrigidirsi.
«Echm.-finsi un colpo di tosse- Vi dispiacerebbe spiegarci?» proposi.
I due si scambiarono uno sguardo e poi il professore uscì velocemente dalla stanza con il palmare all'orecchio.
Il rosso sembrò indeciso ma alla fine parlò. «Quelle che avete affrontato prima erano delle empuse. Mostri della mitologia greca.» iniziò. «Sono morte?» chiese Coco. Lui scosse la testa. «I mostri non possono morire. Possono essere sconfitti sì, con armi fatte di bronzo celeste, oro imperiale o ferro dello Stige ma dopo un determinato periodo il Tartaro li rigenera.» spiegò. «Ora, per farla breve gli dèi esistono e molto spesso si invaghiscono di mortali facendo con loro dei figli. Questi vengono chiamati semidei o mezzosangue.» continuò.
Io lo guardai scettico. «Ammettendo che tutta questa storiella fantascientifica sia vera, noi cosa centriamo?» domandai.
Lui esitò un istante prendendo fiato. «Perché voi siete semidei.»
Feci la cosa più sensata da fare: scoppiai a ridere. «Non credi che l'umanità si sarebbe accorta che varie divinità controllano il mondo o dei mostri in giro per le strade?» ribattei.
Lui sospirò come se avesse già affrontato quella conversazione milioni di volte. «Tu non ti sei mai accorto delle empuse no?» rilanciò mettendo fine a tutto il mio divertimento. Deglutii il groppo in gola. «No.» dovetti ammettere. Lui annuì. «Il mondo ultraterreno viene celato agli occhi e alle fragili menti dei mortali tramite la foschia, tralasciando alcuni rari casi come ad esempio Rachel Elizabeth Dare, la ragazza che si è trasferita tempo fa e Sally Jackson, la compagna del professore.»
«Hai parlato di un campo, che significa?» prese parola Coco. Il ricciolino sospirò. «Il campo mezzosangue è un posto dove i semidei greci possono vivere protetti dai mostri tramite barriere magiche. Lì vengono addestrati a combattere e in alcuni casi a diventare eroi. In storia avete di sicuro sentito parlare di Giasone, Ercole, Perseo. L'ultimo grande eroe? Percy Jackson e i sette della profezia più Nico Di Angelo. E poi a San Francisco il campo Giove che ospita i semidei della controparte romana dove nasce anche la città per semidei di nuova Roma.» disse.
Prima che potessi provare a replicare fui interrotto da Plume che ancora una volta sembrava tutto tranne che sconvolto dalla cosa. «Ha accennato ad un certo Chirone. Intende il centauro cronide che allena i semidei da oltre tremila anni?» il ragazzo sembrò particolarmente sorpreso ma annuì. «Mentre Lupa addestra i Romani.» aggiunse il rosso. «Sei informato.» affermò. Il confetto umano scrollò le spalle. «Sono un appassionato di mitologia greca.» minimizzò.
«Quindi -presi nuovamente parola- noi dovremmo essere figli di una qualche divinità. Ossia?» domandai.
Ci spiegò brevemente di come Percy Jackson avesse salvato il mondo e di come abbia chiesto ai dodici Dei maggiori di riconoscere tutti i semidei lasciandolo fare anche alle divinità minori portando una vera e propria rivoluzione. «Quindi adesso è più difficile intuire ad occhio chi è il vostro genitore divino. Dovrete partecipare al falò. È lì che di consueto si viene riconosciuti.» vedendo le nostre espressioni perplesse decise di argomentare. «Dovrete seguirmi, al campo.» chiarì.
«Cosa? No!» si ribellò la mia amica. «I nostri genitori-» venne interrotta. «I vostri genitori sanno già della vostra natura. E sicuramente sanno chi è il vostro genitore divino.»
In quel momento sembrò che un pezzo di puzzle andasse al suo posto. Papà evitava sempre di parlare di mamma, minimizzando con cose tipo il fatto che le piacesse la notte e le cose antiche. In quel momento mi fu chiaro anche che il regalo che mio padre mi aveva fatto quella stessa mattina non era da parte sua.
Anche Coco non aveva una mamma, nonostante il signor McQueen si fosse risposato e Coco avesse uno splendido rapporto con la matrigna Agness e il fratello nato da quell'unione. Per quanto riguarda Plume era un mistero. Nessuno sapeva nulla di lui se non quello che lui voleva che si sapesse. A me sinceramente nemmeno importava. Trovavo assurda l'intera situazione però mi sembrava giusta, come se riuscissi finalmente a vedere -ed effettivamente ora riuscivo a scorgere oltre la foschia- mentre la sua presenza era superflua e non necessaria. Non lo volevo lì, punto.
In quel momento rientrò Paul con un sorriso teso. «Ho avvisato i vostri genitori. Hanno detto di dirvi che vi spiegheranno tutto ma che per ora la vostra priorità è arrivare al campo. Noi mortali non possiamo entrare lì però hanno chiesto di raggiungerli una volta apprese le basi per poter sopravvivere.» si rivolse a me e alla mia amica, poi spostò la sua attenzione su Plume che aveva una postura rilassata, con le mani infilate nelle tasche dei jeans, le palpebre socchiuse e la mascella vagamente serrata. «Per quanto riguarda tuo padre non sono riuscito a contattarlo.» il confetto fece spallucce. «Non importa.»
Il professore sospirò passandosi una mano tra i capelli abbozzando un altro sorriso. «Buona fortuna ragazzi e spero che non dobbiate incappare nello stesso destino di Percy.»
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Dark side of the Moon
FanfictionPrimo libro della trilogia History repeats Itself: Cole Morris non è un tipo molto espansivo. Evita accuratamente il contatto umano ed è sicuro che nella sua vita abbia bisogno solo di Coco McQueen -la sua migliore amica- e di suo padre Steven Morri...