XII

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Antiche regine a quattro zampe mi fanno la paternale.

"La vita fa proprio schifo"
Quel pensiero era la cosa più sensata che la mia mente fu capace di concepire una volta esserci sporti. Ci trovammo a venti metri di altezza dalla versione da incubo del Gran Canyon: un fiume di fuoco scoppiettava allegramente sul fondo di un crepaccio di ossidiana che riflettendo il bagliore delle fiamme gettava ombre lugubri lungo le ripide pareti rocciose. Quando vidi Plume accennare ad aprire la bocca portai con uno scatto una mano in avanti, chiudendo gli occhi rantolando un ringhio. «Non. Una. Parola. Prova anche solo a pensare a qualcosa di simile a "te lo avevo detto" E giuro che anticiperò quel pugno che ho proprio la voglia di darti.» riaprii le palpebre senza voltarmi percependo chiaramente il suo sguardo saccente. Dèi volevo proprio prenderlo a schiaffi. «Dobbiamo scendere.» disse invece. Osservai le pareti scoscese e per nulla invitanti, poi le mie mani sanguinanti alternandovi lo sguardo un paio di volte includendo anche la figura nuovamente svenuta della mia migliore amica: tremendamente pallida, tremante a dalle labbra blu. Deglutii fissando intensamente le ombre, sfiorando automaticamente il mio grimorio, mentre un'idea completamente folle e potenzialmente mortale si faceva prepotentemente strada nella mia mente martoriata. «Non riusciremmo mai a scendere lungo quelle pareti.» il rosato emise un mezzo verso alzando un angolo della bocca. «Non ero io quello dall'amabile ottimismo?» gemetti frustrato stringendo più saldamente la tracolla sulla cintura. «Forse ho un'idea. Una pessima, idea, ma pur sempre un'idea.» affermai torturandomi il labbro inferiore, evitando accuratamente il suo sguardo. «Quanto pessima da uno a moriremo tutti?» emisi una risata isterica voltandomi finalmente verso di lui. «Si aggira tra il "moriremo tutti", il "ci dissolveremo in triliardi di particelle" E qualcosa di ancor peggio e raccapricciante.» inaspettatamente sorrise raggiante. «Bene, niente di diverso dal solito. Qual è il piano?» lo studiai allibito per una manciata abbondante di secondi, prima di ricordarmi che stessi parlando con Sherlock Plume e che sperare di decriptarlo era come tentare di scalare l'Everest usando solo i piedi, calzando in più degli zatteroni anni ottanta. Ergo, un'impresa che non ero per niente intenzionato a compiere.
«Sai il sistema di teletrasporto dei figli di Ade?» le sopracciglia confetto slavato si aggrottarono, mentre le labbra si piegavano in un mezzo broncio. «Il viaggio-ombra?» feci un cenno di assenso sganciando il mio libro di incantesimi, sfogliando le pagine con mani tremanti. Le mie dita erano di un per nulla sano violetto. «Sì, quello. Ora, solo loro e le creature infernali come la signora O'Leary dovrebbero essere capaci di farlo, ma come mi hanno spiegato i miei fratelli per i figli di Ecate il concetto di impossibile è relativo. In pratica c'è questo incantesimo che in teoria io sarei troppo inesperto per fare che simula i viaggi-ombra.» interruppi la mia ricerca per guardarlo negli occhi. Le labbra erano premute in una leggera smorfia contrariata e gli occhi bicromi mi fissavano come stiletti gelidi. «Nelle tue condizioni è probabile che morirai. E in seguito anche noi due, se non per l'incantesimo suicida, per ipotermia, o i gas tossici, o Coco si sveglia e mi uccide prima per non averti fermato e poi lei fa la fine citata o per mano di qualche mostro.» lo guardai male. «Sei decisamente tu quello ottimista.» distese un sorrisino sghembo con tanto di fossetta e una luce poco rassicurante ad animargli nuovamente lo sguardo. «Facciamolo.»
Una volta trovata la pagina incriminata mi accucciai a terra riuscendo a trasfigurare con un incantesimo base un sassolino in un gesso bianco. Le mie mani si mossero veloci a disegnare il cerchio magico che una volta visto sembrava essersi stampato a fuoco sotto le mie palpebre con una forza addirittura maggiore della pressione alle tempie. In poco tempo avevo tracciato un cerchio magico dal raggio di un metro e mezzo, formato da rune che si andavano a rimpicciolire verso il centro in una spirale. Plume fischiò abbassandosi sui talloni, studiando le iscrizioni. «Però, sono colpito.» grugnii alzandomi barcollando, sbattendo tra loro le mani per togliermi la polvere, infilandomi poi il gesso rimanente in tasca. «Lo aggiungerò alla lista delle cose della quale non me ne frega un accidenti, soprattutto al momento.» la risata sommessa che emise ebbe mio malgrado la capacità di distendermi almeno un poco i nervi.
Mi posizionai al centro della spirale scrollando le spalle e scrocchiando il collo sentendo l'energia magica del cerchio crepitarmi nel corpo, sfiorando tutte le mie corde interiori inebriandomi i sensi. «Oh Dei. Questo coso è potente.» mormorai flettendo le dita. Una coltre di ombre iniziò a fuoriuscire dai bordi, seguendo l'andamento della spirale, avviluppandosi placide intorno ai miei piedi. «Quando l'incantesimo finisce devi venirmi addosso. Se non siamo tutti e tre a contatto non ci trasporterà.» avvisai. Lui mi guardò con la bocca schiusa dallo stupore, fissandomi spiritato. «I tuoi occhi...» esalò. Lo ignorai concentrando tutti i miei sensi sul mio battito cardiaco, aiutato straordinariamente anche dalle pulsazioni alla testa che seguivano lo stesso identico ritmo. Vomitai tra i denti una cantilena lugubre in un qualche dialetto greco proveniente direttamente dall'Epiro; riuscivo a sentirne le origini come se le voci dei sacerdoti della casa di Ade parlassero attraverso me, con me. Riaprii di scatto gli occhi rivoltando i palmi e la testa verso l'alto. Vedevo quasi i corridoi del Nekromanteion, le mura del palazzo di Ade fino al trono e ad una spada con l'elsa a forma di chiave piantata nel terreno tra volute oscure, le stesse che mi roteavano intorno avvolgendomi come un ciclone in miniatura. La mia coscienza sembrava estranea al mio stesso corpo ma riuscì a riportare ugualmente lo sguardo su Sparkle, sperando che capisse, e nello stesso istante in cui pronunciai l'ultima parola Sherlock Plume si fiondò nelle tenebre dritto tra le mie braccia.

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