VI

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Faccio una passeggiata sulla via Lattea.

Fu di comune accordo discutere il da farsi la mattina seguente.
Nel mio letto della cabina venti -comodissimo tra parentesi- rimanevo sveglio a rigirarmi tra le coperte verde smeraldo con indosso solo una maglia oversize del campo e i boxer, indeciso se alzarmi o restare al calduccio tentando invano di dormire. Forse passai una buona ora a rimuginarci su prima di calciare definitivamente la trapunta e sgattaiolare al piano di sotto. Appena misi il piede nudo sull'erba all'esterno rabbrividii pentendomi di aver preso la mia spada ma non dei pantaloni o una felpa per coprirmi. Osservai estasiato il cielo notturno cercando le costellazioni a me familiari non trovandole però al primo colpo, sembravano spostate ma ipotizzai fosse un effetto della barriera protettiva. La casa di Nike non era tanto distante dalla mia e pensai di fare una capatina veloce da Coco, scartando l'idea tanto velocemente quanto mi era venuta. Quella ragazza odia essere svegliata e al momento era anche armata e pericolosa, non era decisamente nei miei piani venir infilzato come uno spiedino. La casa di Artemide in lontananza sembrava brillare, e il focolare aveva fiamme basse e bluastre. Lì vicino sedeva una bambina dai capelli rossi, Estia, ma non era sola, una sagoma la affiancava sedendole affianco.
Incuriosito mi avvicinai cercando di fare il più piano possibile. Solo quando le nuvole si scostarono dalla luna riuscii a vedere il volto della figura misteriosa.
Sherlock Plume aveva un sorriso tranquillo fisso sul fuoco. La pelle sembrava di alabastro impreziosita dalle lentiggini e le gote arrossate. I Ricci creavano giochi d'ombra sul suo viso così come le lunghe ciglia scure che contornavano gli occhi inumani scintillanti alle luci azzurre delle fiamme e argentata del satellite. Indossava anche lui una maglia larga, solo del campo Giove e si era premurato di indossare i pantaloni.
In quel momento, forse per la stanchezza, per il fatto che era notte e durante la notte vengono sussurrati i segreti, o che non mi aveva ancora notato e non c'era nessuno in giro ammisi che fosse bello, bello davvero, dandomi dell'idiota subito dopo mentre sentivo la calura arrampicarsi sulla nuca imporporandomi le guance.
«Ragazzo, non stare lì al freddo, avvicinati.»
Estia si era girata verso di me scoprendo due occhi che sembravano contenere calme fiamme risplendendo di rosso, giallo e arancione. Plume girò di poco la testa schiudendo la bocca sorpreso per poi sorridere a labbra chiuse abbastanza ampiamente da far spuntare entrambe le fossette. La mia mano destra fremette per affondarci un dito ma mi imposi autocontrollo, quello era pur sempre Sherlock brillo-come-una-fatina Plume. Non potevo farmi ingannare dalla notte. Mi affiancai titubante alla Dea, che faceva da separé tra me e Sparkle ravvivando il fuoco che diventò un poco più alto e mi riscaldò. «La ringrazio divina Estia e le chiedo scusa per non averla notata prima.» sussurrai. Lei alzò leggermente gli angoli della bocca. «Non crucciarti figlio di Zea. Sono in pochi a notare la mia presenza, voi eroi prestate poca attenzione ai dettagli. Nico Di Angelo al suo arrivo mi notò e fu il primo dopo anni. Sono contenta che lo abbia fatto qualcun'altro.» sorrise sfiorando il braccio nudo spolverato di leggere lentiggini di Plume che ricambiò lo sguardo. «Sembravate sola mia signora.» sussurrò lui. Pensai che prendersi tanta libertà con una Dea lo avrebbe fatto finire trasformato in una nuvoletta di fumo, invece lei si limitò a sorridergli placida nuovamente, prima di alzarsi facendo svolazzare il peplo azzurro camminando dentro le fiamme -letteralmente-, prima di scomparire mi lanciò un'occhiata da sopra le spalle che non decifrai.
«Come mai non sei a fare il tuo "sonno di bellezza"?» feci dopo alcuni secondi di silenzio. Mi chiesi distrattamente se Estia ci avesse dato una protezione dalle arpie.
Il rosato rise sommessamente per non rompere la quiete della notte. «Non mi serve dormire per essere bello, quello è un talento naturale.» precisò. «Pensavo al domani.» rispose comunque muovendo piano le dita rivolgendo il palmo verso l'alto catturando la luce lunare è riflettendola fiocamente come se fosse uno specchio. «In che senso pensi al domani?» sussurrai perplesso avvicinandomi di più a lui inconsciamente, per cercare calore. Chiuse il pugno interrompendo il gioco di luci, sembrò riflettere su cosa dirmi. «Dovremmo prenderci del tempo prima di partire. Sai, per prendere informazioni, allenarci. E tu e Coco dovete ancora fare parecchie domande ai vostri genitori.» parlò infine. Alzai un sopracciglio. «E tu non devi chiedere niente? Ti credi tanto intelligente da aver capito tutto?» sibilai. Lui voltò di scatto la testa verso di me facendomi rendere conto di quanto fossimo vicini, tanto che riuscivo a sentire il suo fiato sul naso. Sapeva di fragole. Venni inchiodato dai suoi occhi fissi nei miei, da quella distanza riuscii a scorgerci dentro venature grigio chiaro.
Poi si alzò, fluido e veloce e io tornai a respirare. Guardai fisso la sua schiena mentre si allontanava prima che si girasse nuovamente di tre quarti verso di me. «Suppongo di dovermi accontentare.» sorrise infine.
Sulla lingua però avvertii il sapore della tristezza.

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