Percy Jackson mi porta sfiga.
La cabina venti è in assoluto il mio luogo ideale. Si tratta di un edificio non molto grande, di due piani dalla forma ad L, interamente di mattoni grigio-viola dagli infissi e il tetto di ebano in contrasto con le finestre verde veleno. La porta è ad arco con una grande chiave scolpita nel legno. Al centro, sull'impugnatura della chiave vi è una maniglia in bronzo a forma di testa di labrador con in bocca un'altra chiave alla quale è attorcigliato un serpente. Sulle travi esposte erano incise delle rune e affiancato al rosone -posto al secondo piano sulla porta- due finestre a forma di falci di luna, una a destra e l'altra a sinistra.
All'interno le pareti sono tinte di un viola uva e il pavimento è in parquet a rombi nero mentre gli infissi e le travi a vista sul soffitto -dal quale scendono delle radici con delle lucine- sono in ebano, posizionate al centro della stanza di fronte ad una scala a pioli in legno che dà sul piano superiore dove vi è la zona notte. Per terra -davanti alla parete di fronte alla porta c'è una grande finestra sotto la quale è sistemato un piano da lavoro degli stessi mattoni esterni dove oltre ad un alambicco e una sfera di cristallo giace un braciere con su un calderone da strega- ci sono due cerchi magici argentei in pendant con la struttura della chause longue in velluto nero dalla struttura in argento come i ricami della piccola fontana in marmo, sempre nero: la base ha la forma di un dobermann seduto e il bordo della conca è adornato dalle fasi lunari; al centro una statuetta della triplice Ecate sgorga acqua scura.
Davanti alla porta e davanti alla libreria che si sviluppa attorno ad una finestra, sotto la quale è incastonata una cassapanca, ci sono due lunghi tappeti persiani viola, neri e indaco, e uno uguale ma rotondo sotto la scala a pioli verso il piano superiore.
Al piano di sopra è presente un'iniziale mezza parete sulla quale sono poggiati due armadi a due ante neri -uno per lato- poi due scrivanie -una per zona- ad angolo bianche e i letti sempre in legno nero, a baldacchino dai tendaggi verdi e ad una piazza e mezza. Nella zona maschile -almeno supposi- c'era un letto sotto la finestra che sembrava nuovo di zecca -il mio- e poi un altro sulla parete opposta, sfatto e dal comodino pieno di fogli e grimori.
«Benvenuto nella tua nuova casa fratello.» a parlare fu una ragazza dalla pelle olivastra, un collare di pelle borchiato e non troppo alta dagli occhi verde petrolio contornati da un trucco scuro così come il rossetto sulle labbra. I capelli neri erano rasati da un lato e liberi in un ciuffo colorato di verde sull'altro. Sembrava una punk. «Io sono Lou Ellen e sono la tua sorella maggiore e capo-cabina. Lui è Albaster C. Torrington.» e indicò dietro di se dove stava salendo un ragazzo dai capelli arruffati castano ramati, alto quanto mio padre e dagli occhi verde petrolio-castani sopra una marea di lentiggini. «Hai gli occhi chiari per essere nostro fratello.» notò il ragazzo. Io inarcai un sopracciglio, effettivamente i miei occhi erano grigio-verde petrolio leggermente marroni al centro. «E adesso gli occhi sono la mia carta di identità?» replicai. I due si guardarono brevemente negli occhi prima di sorridere. «Sei decisamente nostro fratello.»
Alla fine passai con loro del tempo per conoscerci. Albaster mi prestò dei vestiti puliti che fortunatamente non avevano colorazioni strane. Lou voleva diventare una DJ, infatti nella sua zona essendo l'unica ragazza aveva piazzato una consolle e la scrivania dal suo lato era piena di spartiti e libri rilegati in pelle con appunti vari, mentre Alabaster amava la storia della magia e si sarebbe presto trasferito in città per seguire i corsi di archeologia, mentre io rivelai la mia passione per i ritratti con matite e carboncino o con i pastelli ad olio e la street art. «Potresti chiedere a Rachel qualcosa e potresti sistemarli lì, tanto è vuoto.» propose Lou indicando l'angolo destro appena si entrava sulla stessa parete della porta. Io sorrisi. «Mi piacerebbe molto.» ammisi sedendomi sul divano seguito da Albaster mentre nostra sorella si arrampicava sulla scala scorrevole della nostra libreria per prendere un libro nello scaffale più alto, sopra la finestra. «Hai qualche domanda?» chiese. Io mi morsi il labbro ma alla fine azzardai a chiedere. «Ma quindi cosa possiamo fare noi figli di Ecate?» domandai. Alabster, spaparanzato al mio fianco con le gambe buttate sulla tastiera ghignò. «Cosa non possiamo fare.» rettificò. «Vedi -intervenne Lou avvicinandosi con in mano un grimorio viola con in rilievo due fiaccole incrociate. Si sedette davanti al divano aprendolo- Nostra madre è la Dea della magia, della negromanzia, della stregoneria, della Luna calante, dei demoni e colei che detiene le chiavi del cosmo. Possiamo grazie a delle formule magiche controllare gli elementi anche se con minore potenza rispetto ai semidei degli stessi, poi comunicare o evocare i morti anche se con molta più fatica rispetto ai figli di Ade, possiamo parlare con i cani e i segugi infernali che non ci attaccano ed evitano di farlo anche le empuse, le ancelle di mamma. Possiamo manipolare l'energia, poi telecinesi, pirocinesi, Trasfigurazione e chi più ne ha più ne metta. Finché abbiamo energia magica il concetto di impossibile ci è relativo. Non per tutto servono incantesimi, ma farli, soprattutto di giorno, ci stanca parecchio, mentre durante la notte, soprattutto durante la luna calante e le eclissi siamo più potenti.» spiegò sfogliando le varie pagine mostrandomi svariate immagini. «Oh...» mormorai stupidamente. «Inoltre abbiamo libri interi sui poteri dei vari semidei. Siamo collezionisti di ogni tipo di stregoneria ed è compito dei capo-cabina di Ecate tenere appunti su nuovi poteri, soprattutto adesso che siamo stati riconosciuti e abbiamo un posto al campo.» la guardai ammirato, ecco il motivo di quei diari pieni di appunti. «Cosa sai dirmi dei figli di Iride?» chiesi di getto. Lei si imbronciò. «Non molto. Butch era l'unico al campo e oltre alle varie stranezze fisiche come il colore dei capelli e degli occhi, la capacità di creare arcobaleni manipolando la luce senza l'aiuto dell'acqua e la capacità di cambiare colore agli oggetti a proprio piacimento null'altro.» sospirò. «Fino a poco fa.» aggiunse Alabaster facendo illuminare nuovamente Lou. «Fino a poco fa. Grazie a quel ragazzo, quello Sherlock.» alzai gli occhi al cielo, era sempre al centro del mondo. «Ovviamente.» brontolai. Mio fratello rise. «Non ti è molto simpatico.» grugnii. «Mi irritano anche solamente i colori brillanti che indossa. Tutto lui è semplicemente troppo.» Lou scrollò le spalle. «Prende comunque il nome di un tipo completamente fuori di testa. Un genio, ma fuori di testa.»
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Dark side of the Moon
FanfictionPrimo libro della trilogia History repeats Itself: Cole Morris non è un tipo molto espansivo. Evita accuratamente il contatto umano ed è sicuro che nella sua vita abbia bisogno solo di Coco McQueen -la sua migliore amica- e di suo padre Steven Morri...