HOMEWRECKER- sfascia famiglie

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Hilary si sentì mancare, ogni energia sembrava prosciugata, ogni frammento di felicità svaniva chissà dove, sentiva la stancazza ricaderle sulle gambe e gli occhi pesanti. Non capiva se fosse colpa della maledizione o fosse solo il ritorno alla vita triste che aveva prima, ma in quel momento avrebbe solo voluto scomparire. Avere sua madre intorno sarebbe stato un incubo, lei non faceva che peggiorarle le cose, facendola sentire ancora più non capita e fuori posto.

Trasse un respiro profondo e guardò la gigantesca scalinata di marmo, che si affacciava su una grande vetrata. Sui lati si aprivano due grandi corridoi, che con la luce di quel tardo pomeriggio li rendeva scuri e grigi. Conducevano ad ale diverse della casa, e in quella a sinistra c'erano le camere della ragazza.
Fece per posare il piede sui gradini di marmo, ma si sentì chiamare indietro dalla voce stridula e fastidiosa della madre; e fu costretta ad indietreggiare.

«Non pensare che ti lasci andare così facilmente Hilary Idenas. Abbiamo ancora tanto da raccontarci» parlò Adelaide, mentre la sua voce riecheggiava in quelle grandi mura.

Idenas si girò, con lo sguardo stanco e perso, e cercò di controbattere, ma la madre le lanciò il suo cappotto e il cappellino, facendole segno di metterle a suo posto e di seguirla.
La ragazza obbedì, e seguí la madre, depositando i suoi capi sul pregiato appendiabiti in entrata.

Il ticchettio dei tacchi di Adelaide era quasi più fastidioso della sua presenza, era rapido e veloce, e come se non bastasse era molto più amplificato nei corridoi.

La donna bionda ordinò ad un elfo di preparare due tè con qualche pasticcino, e di portarli in veranda.
Si accomodarono nella stanzetta che dava sui giardini della reggia, dove si ergevano alti dei sempreverdi, mentre i lati erano circondati da cespugli dalle bacche viola. La stanza era raffinata, un orologio a pendolo con le lancette in oro stava attaccato al muro e davanti ad esso c'erano due poltrone in velluto rosso con un tavolo in vetro al centro. Il pavimento era rivestito da un pregiato tappeto persiano, le finestre erano grandi e le tende completamente assenti.

Anche lì dentro l'atmosfera era grigia e spenta, l'unica fonte di luce erano le vetrate, che erano praticamente le mura stesse della veranda.

Presero posto una difronte all'altra, sentendo l'elfo nelle stanze vicine che smanettava in silenzio con tazzine e cucchiaini d'argento.

Hilary puntò gli occhi in quelli verdi della madre, che non somigliavano per niente a quelli di Tom, erano brillanti e vispi, con sfumature marroncine intorno all'iride.

«Quest'anno è stato particolarmente agitato. Mi hai scritto poco e questo non va bene Hilary Idenas, neanche una lettera dove mi racconti se qualcuno ha parlato di noi nella tua scuola, se hai trovato altri amici purosangue come noi» disse la donna riducendo i suoi grandi occhi a fessure.
«Attenta a tutti quei babbani e mezzosangue, ti deviano il cervello»

Il primo pensiero della giovane fu Tom, i suoi modi di fare, la sua intelligenza, lui. Si sentì gelare all'ultima frase della madre, e il fatto che non avesse pensato più alla loro differenza di sangue che sarebbe diventata un ostacolo le fece mancare qualche battito.

«Si lo so. Ma tranquilla, non ci ho mai conversato e non lo farò mai» rispose risultando molto convincente.

«Il preside mi ha anche detto che sei diventata prefetta di Serpeverde, davvero complimenti, almeno qualcosa lo sai fare» disse la madre osservando la figlia con un mezzo finto sorriso sul volto.

Annuí svelta mettendosi a sedere meglio.

«Peccato che l'altro prefetto sia un...babbano» disse schifata intanto che scuoteva la testa.

A quelle parole la Idenas si raddrizzò sulla poltrona. Contrasse la faccia una smorfia di disprezzo e fece spallucce.
«È solo un...»
La ragazza non riusciva a trovare una parola offensiva per Tom, non riusciva più a farlo, parlare di lui in quel modo le faceva parecchio male.

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