𝐻𝑜𝑛𝑒𝑦 𝐸𝑦𝑒𝑠 ❥ 𝑁𝑎 𝐽𝑎𝑒𝑚𝑖𝑛

♔ 12

Erano passati alcuni giorni e finalmente era arrivato il momento per il re di scegliere una guardia per suo figlio.

Jaemin, d'altro canto, era terrorizzato per l'arrivo di quel giorno. Non voleva un bodyguard.

Si era svegliato presto quel giorno dal momento che il padre glielo aveva espressamente chiesto. Proprio in quell'istante si stava recando nella sala adibita agli ospiti, dov'è c'erano tutte le persone che avrebbero gareggiato.

Jaemin entrò velocemente nella stanza e si sedette sul suo trono, situato vicino a quello del padre.
Il re disse a Jaemin che prima c'erano più di cento persone disposte a gareggiare ma le guardie scelsero solo quelle dall'aspetto più sano e forte. Così ora le persone che si ritrovarono nella sala furono solo venti.

Jaemin annuì tutto il tempo, disinteressato.

Il principe inconsapevolmente cercò tra tutte le persone della stanza la piccola ragazza dagli occhi color miele, la sua anima gemella per essere precisi, ma sfortunatamente non la trovò. Beh, non che si aspettasse di trovarla dopotutto.

Più tardi il re divise tutte le 20 persone in gruppi da quattro, dicendogli che avrebbero dovuto combattere tra di loro. Ogni vincitore di un gruppetto alla fine avrebbe dovuto sfidare gli altri vincitori.

Tutti e venti annuirono, ogni gruppo iniziò a combattere.

A dir la verità, Jaemin odiò ogni secondo di ciò che stava vedendo. Ogni volta che vide un uomo strangolarne un'altro oppure del sangue sparso ovunque i suoi occhi si spalancarono dall'angoscia.

Lo stomaco del principe si ritorse alla vista di tutto quel sangue di diverse persone mischiato, nel pavimento.

Dopo circa 45 minuti ogni gruppo aveva già combattuto, facendo rimanere cinque uomini per l'ultimo round.

Il re diede ai contestanti mezz'ora per riposarsi e sistemarsi nel mentre che le guardie pulivano il pavimento pieno zeppo di sangue.

***

Haru, che aveva appena lasciato la sua piccola casa, si stava furtivamente facendo strada tra le vie più affollate della città. Si vociferava che qualcosa di nuovo e molto costoso era stato messo in vendita nei negozi così, da buona ladra che era, decise di andare a rubare per poi rivendere il prodotto a una quantità maggiore di soldi.

Dopo alcuni minuti, Haru arrivò al negozio. Una marea di persone erano in fila per entrare.
La ladra si fece spazio tra queste per vedere il nuovo e strepitoso prodotto che stava facendo impazzire tutti in città.

La sua testa si riempì di confusione quando vide tantissime scatoline nere messe qua e la per il negozio. Al lato della scatola c'era la scritta "iPhone".

C'era anche una foto della 'cosa' sopra la scatola.
Era come una tavoletta nera lucida, con sopra tre fotocamere all'angolo.
"Cosa ci sarebbe di così spettacolare in tutto questo" sussurrò. Ma non ci fece caso, vedendo tutte le persone matte per comprarlo.

Haru si guardò attorno per vedere se qualcuno la stesse osservando, ma no. Tutti avevano gli occhi solo per questo nuovo "iPhone".
La ragazza, silenziosamente, si fece spazio tra la folla cercando di raggiungere il retro del negozio. Sarebbe stato più facile se avesse rubato il tutto entrando dal retro.

Quando finalmente riuscì ad entrare, vide miriadi di piccole scatolette 'iPhone'.
"Wow, che diamine sarebbero questi iPhone poi?" si chiese curiosa.

Haru si guardò attorno ancora una volta per assicurarsi che nessuno fosse nella stanza e per sua fortuna, nessuno era presente, essendo occupati con i clienti del negozio.
Haru si avvicinò agli stock dei cellulari e ne rubò due.

Proprio quando stava per lasciare il negozio, qualcuno la vide e cominciò ad urlare a squarciagola.
"GUARDATE LA LADRA! STA RUBANDO GLI IPHONE!"

Haru schiuse gli occhi per poi ridacchiare.
Salutò le persone e cominciò velocemente a scappare.
"HA RUBATO GLI IPHONE, QUALCUNO LA FERMI!" Il proprietario del negozio urlò e, subito dopo, svariati cittadini cominciarono a inseguirla.

Haru era sorpresa dalla quantità di uomini che la stavano seguendo, non era mai stata rincorsa da 40 persone fino ad ora. Ma non le importava così tanto dal momento che continuava a cambiare strada senza pensarci troppo.

Peccato per lei che, senza saperlo, si stava accidentalmente addentrando nei pressi del palazzo reale.