20. Ho paura

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<<Oh Cristo santissimo benedetto! Che cazzo ti ha fatto?>> Se avesse potuto, Caleb si sarebbe messo a ridere. Solo Kele poteva imprecare con Dio e benedirlo in sole due frasi.
<<Mi ha pi-picchiato>> disse con fatica. Era difficile muovere qualsiasi muscolo. Facciale e non.
<<Caleb, non ci crederai, ma questo l'ho notato. Perché?>> Il maggiore alzò gli occhi al cielo. Quell'omega era troppo impertinente.
<<Perché l'ho visto in volto>> Kele lo guardò entusiasta <<e come è fatto??? È brutto? Sì, è sicuramente brutto!>>
Caleb lo guardò con biasimo <<Kel, se sei venuto qui per questo, puoi anche darmi le medicazioni e andartene>>

L'omega più piccolo annuì velocemente e si sedette di fianco all'amico. <<Sai Cal, sono contento che ci sia tu. Per tutti questi anni sono stato solo con quello e non è stato facile, con te, è più bello, mi rallegri. Grazie>>
L'altro gli sorrise come a ringraziarlo per le parole appena ricevute. Caleb sapeva di non meritarselo, ma era felice che Kele la pensasse così.
<<Cosa ti turba?>> Lo guardò male. Eh no! Non voleva un'altro gemello vedente! Gli bastavano le tre 'E'! O per meglio dire, Edith, Easy e la peggiore, Estè.
<<Non mi guardare come se avessi tirato fuori la palla di cristallo da una borsa immaginaria! Hai un broncio pensieroso che arriva fino all'artico e da quel che ho visto sui libri sembra molto lontano da tutto. Anche se in realtà non so dove siamo! Chissà in che parte del mondo stiamo vivendo...>> Caleb era contento, il più piccolo stava facendo un discorso filosofico che durava da un quarto d'ora, ma almeno si era dimenticato la domanda che doveva fargli.
<<Tralasciando questo, cos'hai?>> E ma che cazzo! <<che speravi, che me ne sarei dimenticato?>> Sopracciglio inarcato e aria strafottente <<stupido illuso>> Caleb gli mostrò il dito medio. Quel moccioso stava diventando troppo insolente per i suoi gusti.
Era un dettaglio il fatto che avessero solo un anno di differenza.
<<Non ho nulla>> gli occhi del più piccolo fecero un giro di trecentosessanta gradi.
<<Senti, non so a chi vuoi farla a bere, sta' stronzata, a me no di sicuro. Dunque, solitamente avrei detto: "tranquillo, me lo dirai quando vorrai", ma conoscendoti, non lo farai quindi ti obbligo. Cosa. Cazzo. Hai.>>
Caleb lo guardò come a chiedergli cosa gli avesse fatto se non gli avesse risposto. Inutile dire che lo sguardo che gli rivolse Kele fu particolarmente spaventoso.
<<Ho paura>> borbottò in modo confuso. Ovviamente l'altro omega era chiaramente un lupo e quindi aveva anche l'udito sopraffino. <<Oh mio Dio! Il grande, il magnifico, il->> si guardarono <<ok ok, ho capito. Niente battute. Di cosa hai paura esattamente?>>
Il maggiore si tormentò le mani per dei minuti interi finché, stanco di quel silenzio, rispose <<potrei essere rimasto incinta. E se Olcan non mi volesse più? Cioè, lui mi ha detto che mi vorrà sempre ma- che hai fatto?>> Si era bloccato a metà del discorso. L'occhiata che gli aveva dato il minore significava solo una cosa: te sé 'n pirla.
<<Mah, se intendi io, omega più intelligente, amorevole, gentile, generoso -modesto- di questa cella, sappi che potrei, ma dico potrei, averti dato delle pastiglie di Etinilestradiolo insieme agli antidolorifici>> lo sguardo stupito di Caleb lo fece ridacchiare. <<Ammettilo che sono un genio del male!>> Il maggiore, dimenticandosi momentaneamente dei suoi dolori, gli fu addosso. Lo abbracciò ringraziandolo. Kele sorrise. Era bello vederlo felice.






<<Che ognuno abbia almeno un arma!>> Urlò Olcan mentre si sistemava la seconda pistola nei pantaloni. Oltre ad esse, come gli aveva insegnato il compagno, aveva due coltelli nelle scarpe.
Non vedeva l'ora di rivedere Caleb. Anche a costo di uccidere John. Non gli interessava. Non era suo fratello da quando aveva ucciso loro padre quattro anni prima.

<<John, che diavolo stai facendo?>> Era corso trafelato nel cortile. Una guardia lo aveva avvertito ed era subito andato in giardino. Lì, aveva trovato il fratello e tutto il branco in cerchio attorno a lui. Erano tutti spaventati, ma non muovevano un passo. Il loro capobranco, il loro alpha, era bloccato, in mezzo ai suoi uomini proprio da suo figlio. Disse ad una guardia di non fare uscire i suoi fratelli e sua madre. Aveva un brutto presentimento e loro non dovevano essere presenti.
<<John, abbassa il coltello. Che cosa è successo?>>
Il maggiore aveva il padre in ostaggio e gli teneva un coltello alla gola.
<<È successo, caro fratellino, che il nostro amatissimo padre, ha deciso che sei tu il suo successore. Poiché alfa. Ma dimmi padre>> si rivolse al vecchio alfa <<cosa lo rende migliore si me? EH? COSA!?>> aveva iniziato ad urlare e Olcan iniziava ad avere paura. Non era da John perdere il controllo. <<Sai fratellino, ti odio>> l'aveva sputato così, su due piedi. Fu un colpo al cuore per Olcan. Lui amava i suoi fratelli. Tutti e tre. I due gemelli gli erano a cuore anche se gli davano fastidio o lo picchiavano fin da quando erano bambini e Ruana, la piccola di casa che tanto piccola non era, per il suo modo esuberante. <<Ti odio perché appena ho capito che fossi un alfa, sapevo che il branco non sarebbe stato mio e tutti i miei piani sono andati in fumo! Tutto quello che volevo fare! I miei sogni! Il modo per essere rispettato dal mondo intero. Tutti gli altri branchi sarebbero stati sconfitti e presi sotto il mio dominio. Ma no, ho perso tutto. TUTTO! e la colpa è tua e di questo bastardo di nostro padre>> aveva spinto il coltello un po' più in profondità. La lama aveva iniziato a tagliare la pelle e del sangue stava già scendendo dalla gola. <<John, che cavolo?>> si voltarono entrambi. Il nominato e Olcan. Josh era davanti a loro, con sguardo impaurito e spaventato <<Josh torna dentro!>> Venne ignorato.
<<Scusa gemellino. Ti verrò a prendere, te lo giuro. Passassero centinaia di anni. Ti amo più della mia vita, lo sai. Ma ora ho una questione più urgente. So che non ti darà troppi problemi>> in un modo secco, continuando a guardare Olcan, taglio la gola al padre. Tutti lo guardarono increduli. Il sangue aveva iniziato a scendere ed il corpo senza vita dell'ex capobranco si riversò a terra.
<<Olcan>> lo richiamò <<prima o poi sarà il tuo turno. Ti farò soffrire per tutto quello che non ho potuto fare agli stupido omega che voi tanto proteggete.>>
Sparì così. Nessuno lo inseguì. Non ne avevano la forza.
L'unico pensiero che rimase nella mente di Olcan, fu di pensare che suo fratello fosse uno psicopatico.

Mancava poco. Ancora un quarto d'ora e avrebbe rivisto Caleb. Fece un piccolo sorriso. Non aspettava altro da un mese.

La tana del lupo -la casa nei boschi-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora