13. Devi guardarmi

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Beatevi di questi ultimi capitoli di pace. Tra poco iniziano i casini...

<<No, Olcan, devo riandarci, è stato troppo bello. Sono salito nelle case che avete sugli alberi. Quando avevi intenzione di dirmelo? Santo cielo. Dobbiamo andarci!>>
"Che c'è baby, vuoi una scopata ad un piano più alto?"
<<le tue battute sono orrende. Dico davvero, dovresti smetterla. Sembri un affamato di sesso e l'abbiamo fatto ieri e l'altro ieri ed i giorni prima. Non è che ti lascio in astinenza, anche se, in effetti, non sarebbe una cattiva idea>> Olcan mise un broncio che venne ignorato da Caleb. Quest'ultimo, si alzò dal letto per poi iniziare a spogliarsi, lentamente, sfiorando il proprio corpo con dita leggere. Si tolse la maglia e i pantaloni troppo stretti rimanendo in boxer. Si abbassò anche quelli per poi scalciarli via con i piedi. Infine, ben attento a rivolgere il sedere verso il compagno, si piegò a novanta prendendo i vestiti e portandoli in bagno nella cesta del vestiario da lavare.
Tornò in camera una decina di minuti dopo. Ancora tutto nudo ma coi capelli bagnati che tentava di asciugare con un canovaccio. Delle gocce d'acqua scendevano seguendo le curve sinuose e provocanti di Caleb.
Dire che era sexy era un eufemismo.
Olcan deglutì pesantemente la poca saliva in bocca. L'Omega gli ispirava decisamente pensieri poco casti. Che prima o poi avrebbe applicato. Poco ma sicuro.
Caleb si sedette al bordo del letto posando poi l'asciugamano per terra affianco al letto. Si stese con la testa infossata nel cuscino a il corpo scoperto dalle lenzuola. Dava le spalle al maggiore e il suo culo, fece venire l'acquolina a Olcan. Sì, era decisamente un affamato di sesso, ma solo di quello con Caleb, sia chiaro.
Da quando era arrivato il compagno, circa un mese e mezzo prima, non aveva più toccato e neppure guardato qualcun altro, aveva occhi solo per lui. Perché rischiare di perderlo? Si chiedeva tutte le volte.
Caleb sapeva di aver provocato il maggiore, sapeva anche che l'alfa non se ne sarebbe rimasto con le mani in mano. Difatti, pochi minuti dopo, si ritrovò sotto il corpo del più grande che gli stava facendo il solletico. Caleb si dimenava urlando e ridendo.
<<Smettila!!!>> Ma lui continuava e Caleb rideva, rideva come non aveva mai fatto <<Ti p-prego Olcan!>> "Lo sai che sembrava un gemito?" Caleb lo guardò male continuando però a ridere "ne so-sono consape" un'altra risata "ne sono consapevole"
Ad un certo punto, con uno scatto del bacino, colpì con una gamba il ginocchio del maggiore che cedette e poi, Caleb lo girò sedendocisi sopra.
<<Com'è essere sottomessi mio Alpha?>> Ridacchiò un'ultima volta ma si fermò vedendo lo sguardo di lussuria che aveva Olcan. Gli occhi verdi avevano iniziato a prendere la solita sfumatura rossiccia e le labbra formavano un ghigno.
Le mani del maggiore si posizionarlo sui fianchi del più piccolo facendolo abbassare. Quando furono a pochi centimetri uno dall'altro, gli rispose <<se sottomesso da te, è bellissimo!>>
Caleb alzò gli occhi al cielo. Che lecca culo!
Olcan però non cambiava sguardo, continuava ad avere quell'aria da provocatore, predatore.
<<Alzati>> lo fece. Odiava gli ordini, ma quello, quello era un obbligo che proiettava a tanto, troppo piacere. Si morse il labbro quando fu in piedi. Amava quella sensazione. Non sapeva come definirla, ma essere il centro dell'attenzione di qualcuno, lo stimolava.
Anche Olcan si alzò e gli andò vicino. Gli occhi rossi, reclamavano i suoi che non si fecero attendere. Sentì gli occhi bruciare per qualche secondo, poi, fu sicuro di averli azzurri.
L'alfa, gli mise una mano sulla guancia, stette immobile, in attesa.
<<Lo sai che sei bellissimo?>> Non rispose. Era una domanda retorica.
Fece scorrere la mano fino ai capelli e prese a carezzare alcune ciocche. Poi scese agli occhi, li ammirò e poi passò alle labbra. Gli si avvicinò fino a sfiorarle. Sentivano uno il respiro dell'altro. Caldi, umidi.
Caleb non resistette e si avvicinò alle labbra. Olcan si scostò. <<Fermo>>
L'omega ebbe uno spasmo di frustrazione, ma si rimise al suo posto e l'alfa si riavvicinò poggiando le labbra su quelle del minore.
Caleb poté contare quattro secondi, poi, Olcan si rialzò alla sua altezza naturale. Di almeno dieci centimetri più di Caleb. La vita era decisamente ingiusta. Si alzò sulle punte. Una sculacciata lo fece riabbassarsi di scatto. Non era stata fortissima, ma l'aveva sentita forte e chiaro. Era un avvertimento: stai fermo.
Olcan si riavvicinò un'altra volta continuando la sua lenta tortura infinita.
Con le dita sfiorò la mascella, le clavicole sporgenti. Passò al morso e ci abbassò la testa. Caleb poté sentire i denti del maggiore perforargli nuovamente la carne. Stesso punto ma niente dolore. Un brivido freddo di piacere gli attraversò la schiena mandando un messaggio alle sue due parti più intime.
Sospirò ma non fece rumore. Non glielo aveva detto espressamente, ma non voleva far finire quel piacere che era sicuro, era solo iniziato.
Deglutì e resistette all'impulso di stringere le gambe.
La mano di Olcan si era abbassata ancora, aveva attraversato il petto, l'addome.
Quando arrivò al suo sesso eretto, fu un attimo. Portò in avanti il bacino. Non lo fece apposta, fu un riflesso. Una manata più forte sul gluteo sinistri lo fece gemere di dolore, ma non si lamentò oltre.
Chiuse gli occhi quando sentì due dita di Olcan penetrargli l'orifizio. Non era più davanti a lui, era andato dietro. Strinse il meato, l'alfa gli diede un bacio alla natica martoriata.
Lasciando le dita dentro di lui, si tirò su andando fino al suo orecchio.
<<Devi stare in silenzio. È chiaro?>> L'omega mosse impercettibilmente la testa e l'alfa tolse le dita dal corpo del minore. Non fece un verso. Chiuse gli occhi.
Olcan gli andò nuovamente davanti. Gli baciò le guance, la fronte ed entrambe le palpebre chiuse.
<<Devi guardarmi>>
Aprì gli occhi. Blu, non erano più azzurri, erano il colore del mare profondo, della notte senza stelle né luna. Erano meravigliosi. Olcan poté giurare di amarli.
Si decise. Lo avrebbe fatto per lui. Solo per lui.
Si mise in ginocchio. Davanti a Caleb. Davanti al suo membro eretto e aspettò che l'omega capisse, che si rendesse conto, che spalancò gli occhi. Il minore non era sorpreso, era meravigliato.
Nessuno. Nessun alfa si metteva in una posizione di sottomissione di sua spontanea volontà. Davanti a nessuno.

Olcan o era impazzito o era molto, molto particolare.

L'alfa gli prese il membro tra le labbra. Lo succhiò un'attimo, ma l'omega era immobile.
Alzò un braccio. Gli prese una mano e la mise sulla propria testa. Annuì con gli occhi. Poteva farlo.
Ricominciò a leccare l'asta di Caleb e con uno scatto, il minore avanzò con i fianchi spingendo verso di lui la testa del compagno. Lui non fece una piega. Anzi, prese il membro più a fondo.
Caleb lo guardava e più lo guardava più si sentiva al limite. Fu questione di minuti che sembravano attimi. Venne nelle labbra del compagno che dopo averlo ripulito, si rialzò. Lo baciò sulle labbra facendogli sentire il proprio sapore.
Ancora stupefatto, Caleb lo strinse a sé.
<<Non so se tu sei matto o semplicemente rincoglionito, ma grazie>>

Grazie che mi credi tuo pari.

La tana del lupo -la casa nei boschi-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora