Capitolo 28

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Alice dopo essere riuscita ad arrivare dall'altra parte della sponda si ritrovó davanti a un grosso bosco,fitto e impenetrabile,formato da spine e rovi taglienti e per raggiungere il covo delle ombre bisognava superare questo bosco.

Alice provó con l'aiuto del vento a volare e superare dall'alto il bosco,ma le chiome degli alberi erano molto fitti e anch'esse impenetrabili. Cominció ad avventurarsi nel bosco,in lontananza una sostanza che usciva dai tronchi degli alberi avvicinarsi a lei. Alice si fermó per osservare questa sostanza che si avvicinava sempre di piú ad essa. Pensò fosse nebbia. Ma c'era qualcosa di strano,la nebbia era di colore verde e da dove passava questa sostanza ogni cosa si ammosciava,bruciava,moriva.

«Ma-ma questa non è nebbia. Questo è veleno»

Alice cominció a correre per scappare dal veleno che la inseguiva. Correva con fatica,urlava dal dolore che veniva provocato dai lunghi e giganti rovi affilatissimi. Alice rallentó dal dolore,si accasció a terra e il veleno aumentó la velocità. Ma nel momento in cui sembró che Alice si stesse per arrendere si alzó di scatto e si guardó alle spalle,Il veleno era a solo un centimetro di distanza da lei. Alice con la forza rimasta riprese a correre in cerca di una via d'uscita.

Correva,correva e correva anche con le gambe e le braccia sanguinanti. Ormai completamente scorticata e ustionata in vari punti la ragazza superò il confine invisibile tra il regno dei vivi e quello dei semi morti, il regno dei dannati, uomini la cui anima priva di coscienza, dopo la morte del corpo, si è ribellata all' Inferno, condannandosi a una condanna peggiore

.«Si identifichi!» urlò una vocetta stridula appartenente a una strana creatura alta un palmo e con una grande barba avvolta intorno come vestito. Alice si presentò ma il custode delle soglie (come recitava un cartellino pomposo e pacchiano) le sussurrò che solo un semimorto avrebbe potuto varcare il confine, e lui percepiva che lei era viva, poi guardandola meglio aggiunse in modo lugubre «ma forse la tua anima ti ha abbandonato, invece del tuo corpo. In tal caso con questo campanello al collo apparirai più eterea, se é ciò per cui sei qua».

Dopo altri lunghi e interminabili discorsi Alice indossò il campanellino d'argento che il guardiano le aveva indicato e proseguì. Cercò di passare inosservata, ma rischió numerose volte di incontrare gruppi di giovani anime malvage che si picchiavano ai lati delle paludi puzzolenti e inquinate.

Camminó e camminó e poi camminó ancora,nell'ombra,nascondendosi dalle anime dannate che infestavano le vie.

Finalmente sentì il fuoco crepitare,vide distendersi di fronte a lei,e pensando a Fiamma attraversó la barriera incorporea dell'inferno.

Nell'inferno convivevano ghiaccio e fuoco.

Alice li fissava ipnotizzata,vedendo solo le sue amiche attraverso i due elementi, e un dolore schiacciante la assaliva,poi il buio totale.

Alice si risveglió in una cella sotteranea,attorno a lei vi si trovavano sbarre di ferro che le impedivano di uscire da quel posto orrendo. Con le sue fragili ed esili braccia pallide cercava inutilmente di spezzare quelle catene che la tenevano legata ai ciottoli ammuffiti che componevano le mura della sua cella.

Non sapeva chi l'aveva portata li ne tantomeno se era nel posto giusto, l'unica certezza era che doveva uscire da li il più presto possibile.Le lacrime le logoravano le sue guance rosee, facendo fuoriuscire tutta la tristezza e tensione trattenuta avidamente.

Fuori dalle sbarre ferree si intravedeva un corridoio buio dove l'unica fonte luminosa era una piccola fiaccola lignea appesa al muro.Un portone d'acciaio (con rigoroso chiavistello) era posto a fine stanza, preceduto da una sedia marcia dove, tecnicamente, avrebbe dovuto esserci il guardiano.Le avevano messo una ciotola con dell'acqua mista a pane tritato per nutrirsi ma, nonostante la fame e sete, non le sembrava opportuno cibarsi col cibo del nemico.

L'arrivo delle sciamaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora