XIX

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Quella piccola battaglia aveva acceso nuovamente la convinzione che gli uomini di Vlag non fossero completamente invincibili e che, qualora la paura fosse stata vinta, i cani stessi sarebbero stati  piegati dallo spirito dei Combattenti delle Montagne. Il tempo stava dando ragione agli oppressi, e già lo aveva fatto con la Prima Guerra degli Schiavi e l’indebolimento della burocrazia oligarchica - assolutista del Regno, ma la verità è che era troppo presto per farsi giudici della storia ed esprimere il proprio verdetto: i Landtur uniti non si erano ancora confrontati per davvero con le legioni di Vlag, quella era solo una piccola parte, una dimostrazione, or dunque bisognava prepararsi a difendere sé stessi e i propri compagni, bisognava organizzarsi, resistere e più di una volta.

Avevano raggiunto le grandi montagne Kuzlan e, per la gioia di aver finalmente trovato una casa, dalla schiera lunga si udirono manifestazioni di giubilo e sollievo. Kathrina, finalmente sorridente, si sedette su una roccia e, ansimando di sollievo per la  battaglia vinta contro Tigellino e per l’aver trovato un sentiero per la salvezza, rilasciò al cielo un urlo di felicità, come se gridasse vittoria e presto, in tanti si lasciarono andare a questo sentimento…ad eccezione dei loro Capi, che sapevano perfettamente che quella era stata  soltanto una piccola impresa, se non spicciola al confronto di ciò che avrebbero combattuto per gli anni avvenire. Ma in fondo, già il fatto di essere finalmente fuggiti da quell’inferno era già una vittoria.

Verso sera, quando tutti finalmente si riunirono sulle montagne, il Gran Capo Rihon, con il consenso degli altri, salì su una roccia e parlò alla schiera:

Fratelli miei, finalmente siamo liberi e uniti sotto un’unica comunità, ma non cantiamo vittoria così presto. Giorni duri verranno e metteranno alla prova la lealtà di ogni singolo individuo; battaglie saranno combattute contro quei cani, alcuni di noi periranno e non torneranno più così come altri potrebbero anche tradirci pertanto stasera festeggiamo ma da domani si ricostruirà la nostra realtà. Nessuno di noi è consapevole di ciò che il destino avrà in riserbo, ma su una cosa io sono consapevole: ognuno di noi darà il massimo per aiutare le nostre genti, nessuno escluso, nessuno è esente dal travaglio che ci attende e son convinto che, rimanendo uniti, collaborando e aiutando ogni altro fratello fra di noi, riusciremo a sopravvivere, a resistere a ogni attacco di quei dannati uomini dell’Est. Non spaventatevi, loro ormai non ci fanno più paura, non sono invincibili e se la paura non ci dominerà, saremo noi a respingerli e loro a perire e inoltre, ricordatevi, fratelli, che in queste terre vi sono altri come noi, che da tempo sognano rivalsa e il momento in cui sarà fatta giustizia per i loro crimini. Appena loro saranno liberi, con l’aiuto degli Dei e della Grande Madre, noi avanzeremo verso Sud e ci riprenderemo la libertà e le Sacre Terre degli antenati, riavremo, fratelli miei, uomini delle montagne, ciò che è nostro. Kaer Houd!”

Incoraggiati da quelle parole, gli Uomini delle Montagne risposero al grande saggio con lo stesso grido che, dalle loro bocche, si alzò verso il cielo e verso l’infinito…verso il Grande Oceano Glaciale, ancora calmo e visibile prima dell’arrivo del Grande Freddo.

Tutte le comunità si aiutarono a vicenda, ad eccezione dei bambini; a essi fu concesso il riposo. Mentre i Capi si riunirono per parlare delle misure da adottare e sull’organizzazione delle comunità, gruppi di uomini e donne o cominciarono a tagliare la legna per poi costruire baracche oppure andavano a caccia di cinghiali o cervi, per estrarre la carne e conservare le pelli per creare vestiti o tende e, dal momento che nelle vicinanze vi erano addirittura capre selvatiche o montoni, chi aveva dimestichezza con il coltello cominciò a rasare il bruno manto sul dorso per fabbricare pellicce o copricapi, il freddo era alle porte. E mentre gli adulti, i giovani e adolescenti delle tribù si davano una mano, i vecchi sciamani visitarono a uno a uno le carrette piene di feriti o malati e, invocando la magia degli Spiriti dei Monti e, affidandosi alle loro arti mediche, fecero tutto il possibile per curarli.

KATHRINA: Nascita di una leggenda #Wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora