walking

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Il mattino dopo fu ancora più difficile da affrontare. Gli occhi di Calum si aprirono di scatto al suono della sveglia, segno che il suo sonno non era poi così pesante come tutti credessero. In realtà, aveva dormito si e no tre ore, visto che aveva passato tutto il tempo ad immergersi tra i ricordi ed affogare tra le sue stesse lacrime. Ogni notte sempre la stessa storia. Si metteva a letto, piangeva fino a sentire il petto dolere e si addormentava, per poi risvegliarsi tre o quattro ore dopo per andare a scuola. Un tempo dormiva bene, ma da quando lui se n'era andato non ci riusciva più. Il suo organismo non avrebbe potuto sopportare quella mancanza di sonno ancora per molto, anche perché erano mesi che andava avanti in quel modo e cominciava a risentirne, e non in maniera leggera. Già da un po', durante la giornata, era costretto ad appoggiarsi a qualcosa per evitare di cadere, o spesso e volentieri, nei mesi precedenti alle vacanze estive, si addormentava in classe, con la testa affondata tra le braccia, incrociate sul banco. Purtroppo, quel sonno durava al massimo un quarto d'ora, prima che gli insegnanti se ne accorgessero. I suoi voti erano calati, non sapeva neanche com'era riuscito a passare l'anno precedente. Quell'anno avrebbe dovuto impegnarsi, visto che c'erano gli esami finali e lui non poteva permettersi di non essere ammesso, ma la voglia di continuare a studiare non si decideva proprio ad invadere il suo corpo. Non che gli importasse, comunque. I suoi genitori non facevano neanche più caso ai suoi voti, fin troppo impegnati a litigare e a lavorare. Si erano separati quando Calum aveva dieci anni: lui viveva con sua madre, sua sorella con suo padre, anche se al compimento dei suoi diciotto anni e con l'avvento del college aveva deciso di trasferirsi in un appartamento tutto suo. Sarebbe andato a trovarla volentieri, se solo non vivesse dall'altra parte dell'Australia. Veniva a trovarli solo poche volte l'anno, costantemente impegnata a tenere alta la sua media dei voti, ma quei pochi giorni spesi con lei per Calum valevano il mondo. Sua sorella era sempre stata come una seconda mamma per lui, lo ascoltava senza problemi e gli dava consigli (prima sulle ragazze, poi sui ragazzi, quando si era scoperto gay). Sapeva del suo ex, sapeva tutta la storia e lei continuava a ripetergli che doveva andare avanti, doveva smetterla di pensarci, perché non meritava la sua sofferenza e le sue lacrime, ma Calum non ci riusciva. Era più forte di lui, la sua mente proiettava la sua immagine in modo spontaneo, così come i ricordi. Ogni gesto, ogni profumo, ogni piccola cosa gli ricordava lui. Chissà se ogni tanto anche lui ci pensava, chissà se il moro aveva occupato la sua mente, anche solo per poco, allo stesso modo in cui lui occupava la sua. Non l'avrebbe mai scoperto, comunque. Ormai, per lui era un estraneo, com'era giusto che fosse.

"Buongiorno tesoro" Lo salutò sua madre quando scese le scale, già lavato e vestito per andare a scuola. Il moro ricambiò con un sorriso, baciandole la guancia. Nonostante non fosse quasi mai a casa e non fosse presente nella sua vita, lui amava sua madre. Era una donna forte e indipendente, lavorava a tempo pieno per fargli vivere una vita dignitosa e non poteva esserne più grato. Suo padre non la meritava, avevano fatto bene a lasciarsi prima che la cosa peggiorasse. A lui non pesava, sapeva che era per il bene loro e per quello dei figli e che, un matrimonio come il loro, se fosse andato avanti, avrebbe portato solo ulteriori casini.

"Non fai colazione?" Gli domandò, mentre sorseggiava il suo caffè, impegnata a sistemare il pranzo che avrebbe portato a lavoro nella borsa frigo.

"No mamma, prendo qualcosa al bar con Luke" Mentì, sapendo benissimo che Luke avrebbe preso qualcosa, ma lui no. La madre annuì, chiudendo la zip della borsa e poggiando la tazza vuota nel lavabo. Calum, nel frattempo, aprì il frigorifero, tirando fuori la borraccia, che aveva riempito il giorno prima con l'acqua, e riponendola nel suo eastpack, insieme ai libri.

"Hai i soldi?" Il moro annuì in segno affermativo, richiudendo il suo zaino e mettendolo in spalla. Baciò la guancia di sua madre, salutandola con un sorriso prima di uscire di casa, intenzionato a camminare fino all'istituto. Non aveva voglia di prendere il pullman, camminare gli faceva bene. Prima che però potesse prendere il cellulare e infilarsi le cuffie nelle orecchie, una voce alle sue spalle lo richiamò, facendogli perdere qualche battito. Merda.

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